Nicola Gratteri presenta a Casertavecchia “Fuori dai confini. La ‘ndrangheta nel mondo”. Però…

30 Agosto 2023 - 17:34

Il magistrato in città il 2 settembre.

CASERTA (pm) In questi mesi di vacanza, i cellulari sono stati tempestati dalla pubblicità di sagre, concerti, convegni di posa culturale tipici del periodo estivo. Ciò è nella prassi normale delle campagne mediatiche promozionali degli organizzatori di queste manifestazioni, generalmente enti pubblici che fanno spesa. Diverso è, invece, quando il fatto riguardi un magistrato che giri con sistematicità, quasi come in tournée, comuni e piazze marine o meno, per sostenere, in incontri pubblici, non si sa bene quale tesi.

Diverso – dicevamo – ed insolito, almeno per noi che crediamo in quei principi di diritto penale liberale propri della nostra Costituzione, e vorremmo che il magistrato si esprimesse esclusivamente attraverso i suoi provvedimenti. E questo per nessun intento censorio, ma per quegli elementari doveri di riserbo e continenza cui sarebbero tenuti tutti coloro che esercitano una pubblica funzione, a maggior ragione se giudiziaria. Ad esempio recente, molti così opinano a riguardo del caso generale Vannacci e del suo libro Il mondo a rovescio.

E dunque, dopo essere stato in diverse località, accolto sempre da molto pubblico, Nicola Gratteri, un prototipo del magistrato peregrinante di cui dicevamo, approderà a Casertavecchia il prossimo 2 settembre nell’ambito della rassegna Un

borgo di libri,  per presentare il volume “Fuori dai Confini La ‘ndrangheta nel mondo”, scritto a quattro mani con Antonio Nicaso, studioso dei fenomeni mafiosi.

Non dobbiamo certo illustrare la figura del procuratore della Repubblica di Catanzaro, che è ben nota vuoi perché non disdegna la scena pubblica e vuoi per le sue posizioni ed azioni di politica giudiziaria  estremamente personali, finanche eterodosse.

Certamente è quello che si definisce nella pubblicistica un giustizialista, che forse in cuor suo agogna quello che fu l’antico processo statario, il cui interesse era la repressione del reato anziché la ricerca della verità: mossa l’accusa, senza andare troppo per il sottile, si condannava l’imputato incapace di fornire lui la prova della sua innocenza. Forse per liberare la Calabria dalla ‘ndrangheta, ha un modus procedendi  tutto suo: maxiretata a strascico, arresti preventivi e di nomi eccellenti e presentazione in pompa magna dell’operazione e senza apparentemente eccessivi patemi per i diversi flop a fine processo.

E così ante e post legge Cartabia, quella che ha voluto garantire la presunzione di innocenza dell’indagato, perché non sia presentato alla pubblica opinione come colpevole prima di una sentenza definitiva. Che vieta di affibbiare denominazioni esaltate ed allusive di colpevolezza alle operazioni giudiziarie e di rendere noti i nomi delle persone accusate.

Forse ritenendosi investito di una missione di palingenesi sociale, Gratteri – a sfogliare le cronache – anche nella sua ultima operazione ha letteralmente irriso questi divieti. A fine giugno scorso, nel presentare l’operazione “Glicine Acheronte” – immancabilmente circondato coreograficamente dai numerosi vertici delle forze di polizia in posa videofotografica e sgargiando, quando non in divisa, cravatte dagli improbabili nodoni – ironizzava malamente: “Oggi abbiamo arrestato 41 presunti innocenti”.

Non proprio l’espressione di una giustizia temperante ed equanime. Andando ai resoconti di quei giorni, si legge e ci si ricorda preoccupati che fulcro dell’indagine “…è l’ex governatore della Calabria e per quattro volte parlamentare Pd Mario Oliverio. Per la quinta volta sotto indagine, tutte le altre è stato assolto. Era il 2018 quando Gratteri per la prima volta ne chiese l’arresto, sancendo la sua fine politica. La Cassazione annullò il provvedimento, imputando alla procura di Catanzaro un “pregiudizio accusatorio”.

A buona ragione, dunque, lo si può collocare nel novero di quei magistrati coraggiosi palermitani che volevano riscrivere la storia e che, nonostante siano miseramente falliti i processi da loro imbastiti sulla trattativa Stato-mafia, si ostinano a dichiarare la certezza morale delle loro tesi malaccorte.

Quindi Gratteri sarà anche a Casertavecchia e si può star certi che adombrerà la narrazione usuale dei poteri forti, dello stato profondo e complottista che crede all’opera nel Paese. Ma la nostra attenzione è per il pubblico che chissà quanto possa essere avvertito. Finirà, si può esserne certi, per acclamare il magistrato, avendolo mitizzato perché così raccontatogli. Ma solo per non aver mai avuto a che fare con la giustizia italiana e con le sue gravi storture. Altrimenti sarebbe molto più cauto. Quanti sanno, per non riandare al caso Tortora, che in questi giorni un magistrato è stato giudicato disciplinarmente per aver redatto una sentenza di condanna prima di sentire gli avvocati difensori dell’imputato. E un altro, giovane giudice, perché da alcuni anni non redige le dovute sentenze in quanto distolto dalla sua passione per la poesia e la creazione letteraria. E lo stesso pubblico non si culli pensando di non aver fatto nulla e di non avere, perciò, nulla da temere. Le persone dichiarate totalmente innocenti alla fine di lunghi processi che li hanno coinvolti si contano a migliaia. Altro che!