S.MARIA C.V. Mega rissa tra Nebbia e uno degli Amato. Il primo era armato. Per le famiglie l’anfiteatro è ormai off limits

17 Giugno 2018 - 19:15

SANTA MARIA CAPUA VETERE – E’ ufficiale. Decine di famiglie hanno paura di uscire o di far uscire i propri figli, di sera, in quella che dovrebbe essere la zona più accogliente della città: quella dell’Anfiteatro.

Sono successe cose molto gravi ultimamente. Giovedì sera si è scatenata una mega rissa che ha coinvolto una ventina di persone, innescata da un violento faccia a faccia dei soliti noti delle “palazzine”: il gruppo di Nebbia e quello di uno degli Amato.

A quanto ci risulta Nebbia dovrebbe essere un cognome, o forse un soprannome, tra le altre cose in grado di reggere botta nel racconto romanzato di altri insediamenti criminali o paracriminali.

“Il Nebbia”, per esempio, sarebbe stato meravigliosamente dentro a una canzone sulla mala milanese di Enzo Jannacci o in quella, ancora più importante, scritta da Giorgio Strehler per le sue varie muse cantatrici.

Ma qui non siamo a Milano, e questo nome non lo abbiamo sentito mai prima d’ora.

L’hanno avvertito, invece, i residenti, dato che alcuni di loro ci dicono che venerdì sera, questi Nebbia sono usciti addirittura armati.

E si sa, come dimostrano gli ultimi casi sviluppatisi soprattutto nelle periferie di Napoli, nei carnai di certe nuove discoteche, che passare dal cazzotto, dallo spintone, a tre colpi di pistola sparati al petto per ammazzare un ragazzo, ci vuole poco, soprattutto se la cifra di lucidità è alterata da qualche sostanza.

Vedete, torniamo a parlare di fatti di delinquenza. Uno potrebbe dire “Vabbè, succedono dappertutto”. Sì, dappertutto, ma è difficile, se non impossibile, che si consumi una mega rissa con gente armata sotto al Colosseo, sotto alla Torre di Pisa, sotto alla Torre Eifell.

Il punto è questo. Il discrimine non è costituito dalla rissa o dall’atto criminale in sè per sè, ma dal luogo simbolico, e che simbolicamente fornisce al tutto un carattere specialissimo, in cui le bande si fronteggiano.

In questa originalità tossica tutta sammaritana nessuno si può chiamare fuori. A partire dall’amministrazione comunale, che, a due anni dal suo insediamento, non è riuscita a creare le condizioni affinchè l’anfiteatro sia un luogo sicuro, per definizione, per consapevolezza sociale, per una consuetudine meccanica, buona anche per la teppaglia e per i delinquenti in erba, cioè per quelli che hanno un’oliva al posto del cervello, tanto piccola, ma non al punto da non consentirgli di capire che certe cose non si fanno da nessuna parte, ma soprattutto non si fanno in quei luoghi.