ATLANTE CORONAVIRUS. CASERTA “l’appestata” d’Italia. Cifre, confronti, ecco come la seconda ondata ha cambiato la faccia della nostra provincia

30 Novembre 2020 - 18:05

L’allineamento e addirittura il superamento delle medie delle Regioni che in primavera furono di gran lunga le più colpite, hanno portato addirittura la nostra Regione e la nostra Provincia a rimanere zone rosse, mentre Lombardia e Piemonte sono divenute arancioni. Ecco perché

 

 

CASERTA – I dati del contagio relativi alla provincia di Caserta hanno contenuto, sin dalle prime settimane di questa seconda ondata epidemica del virus covid-19, una loro originalità, una struttura che li ha resi, per qualche aspetto non irrilevante, disomogenei rispetto a tutti quelli registrati nelle altre 107 province italiane.

IL COVID A CASERTA

È vero infatti quello che ha scritto qualche giorno fa Casertace quando

ha dimostrato, numeri alla mano, che la cifra del contagio in Terra di Lavoro è stata in percentuale, a fronte dei tamponi processati, la più alta d’Italia, battendo anche quella registratasi nella provincia autonoma di Bolzano, di cui i media nazionali hanno parlato moltissimo assegnandole unanimemente ma in maniera evidentemente errata, questo primato negativo.

Ora, non è che c’è da essere fieri del fatto che Caserta e la sua provincia siano state per diverso tempo il luogo in cui il coronavirus, a dispetto e diversamente da quello che era successo nella primavera, ha circolato come non ha fatto in nessuna altra parte del nostro paese, ma riteniamo sia serio e giusto, in considerazione del tipo di informazione che fa un giornale legato all’attività di un noto istituto economico, qual è la Banca di Credito Cooperativo di Terra di Lavoro, rappresentare i fatti utilizzando l’asciutto, sobrio e poco opinabile atlante dei numeri.

Una volta stabilite con chiarezza e certezza le cifre epidemiologiche, si potrà, eventualmente, consegnare all’opinione pubblica uno strumento di lavoro certo, credibile su cui poi ognuno potrà svolgere le sue riflessioni, le sue considerazioni dando significato al concetto stesso di opinione pubblica che di per sè rappresenta un elemento di sintesi di tante opinioni più o meno sovrapponibili o più o meno difformi tra loro.

A sabato 28 novembre 2020 i casi registrati in provincia di Caserta, secondo quello che risulta dalle tabelle dell’Asl locale, sono 29.332, una cifra maturata nella sua porzione più importante, da metà settembre in poi, visto e considerato che mentre in primavera la Campania e la provincia di Caserta sviluppavano un contagio modesto, molto, ma proprio molto inferiore a quello degli epicentri della prima ondata, rappresentati dalla Lombardia, dal Piemonte, dal Veneto, dalla Liguria e in parte anche dalla Toscana e dal Lazio, le cose si sono drasticamente modificate nella cosiddetta seconda ondata, allorquando la Campania è stata preceduta dalla sola Lombardia per numero di casi.

INCIDENZA DEMOGRAFICA ED EPIDEMIDEMIOLOGICA

A riguardo va subito sottolineato che se le province di Napoli e di Caserta assorbono il 66% circa della popolazione della Campania, il dato emerso fino ad oggi racconta di un’incidenza nettamente maggiore rispetto alla struttura demografica. Dall’autorevole sito statistichecoronavirus.it apprendiamo che al 27 novembre, quindi 24 ore prima rispetto al punto di registrazione dei dati che abbiamo fornito all’inizio dell’articolo, i casi registrati in Campania sono stati complessivamente 153.596. Di questi ben 124.394 si sono registrati nelle sole province di Napoli e Caserta. Precisamente, 95.563 a Napoli e 28.832 a Caserta. Ripetiamo, la piccola differenza rispetto al dato Asl riguardante il 28 novembre è legata con ogni probabilità alla rilevazione statistica di 24 ore anteriore.

Ciò vuol dire che nelle due province più grandi che assorbono il 66,6% della popolazione, si è registrata una cifra di contagio pari all’80,98% con il restante 19% circa distribuito tra le province di Salerno (19.192, pari al 12.49%), Avellino (7.174 pari al 4,6%) e Benevento (che conta al 27 novembre 2.835 pari al 1,8%).

Insomma, la ragione aritmetica della epidemia in Campania non è proporzionale alla struttura demografica delle province, ma rivela delle criticità specifiche relative a quelle di Napoli e Caserta, con ogni probabilità legate ad una densità abitativa molto più alta rispetto a quella delle restanti tre aree territoriali della Regione e dunque ad una condizione di vicinanza fisica, ad una promiscuità tra gli individui che favoriscono sicuramente la propagazione del covid con una velocità più alta, con l’ormai famoso Rt che viaggia su livelli chiaramente superiori a quelli registrati a Salerno, ma soprattutto ad Avellino e  Benevento, che onestamente se si eccettua il divieto che magari può essere imposto ai suoi residenti di non frequentare se non per motivi seri ed autocertificabili, le due province più contagiate, meriterebbero di essere zona gialla, al limite del verde.

Al contrario finiscono per pagare i tassi del contagio dei due “giganti” napoletano e casertano.

POSITIVI E TAMPONI

Questi numeri possono essere ulteriormente esaminati nel momento in cui andiamo a confrontare i numeri complessivi del contagio con i tamponi effettuati. Sempre utilizzando i dati del 27 novembre vediamo che i 28832 positivi fino a qui registrati a Caserta e provincia, rappresentano il 14.13% dei tamponi processati. Quindi già siamo almeno quasi 3 punti al di sopra della percentuale nazionale, che ieri per esempio si è attestata sull’11,10% circa.

Ma siccome stiamo parlando dei positivi registrati da marzo ad oggi, si può intuitivamente comprendere che se nel periodo primaverile ed estivo, la Campania ha espresso una media tra il 4 e il 5%, è dovuto necessariamente succedere, per arrivare al 14,13% di oggi, che si sono dovute sviluppare delle impennate superiori al 25%, che in un paio di occasioni hanno sfiorato il 30%.

IL PRIMATO NEGATIVO DI CASERTA

Caserta fa peggio di Napoli e lo si capisce guardando la cifra assoluta dei tamponi processati al 28 novembre (cioè ulteriormente aggiornato rispetto ai numeri del 27 novembre riportati nel sito statistichecoronavirus.it) che è pari a 206.003 a fronte del 1.571.873 riportato ufficialmente come dato complessivo di tutti i tamponi processati nel report di ieri della Regione Campania. A guardar bene, in effetti, il dato è leggermente inferiore alla ripartizione demografica regionale: la provincia di Caserta, infatti, rappresenta il 16,23% circa di quella complessiva della Campania.

Ma questo ci permette di affermare, pur non avendo a disposizione i dati completamente assenti nei portali delle tre Asl napoletane provinciale, che una Città Metropolitana da 3 milioni di abitanti (dunque, poco più del 50% della popolazione complessiva), abbia presumibilmente processato circa 850mila tamponi.

Un numero che rapportato a quello dei positivi al 27 novembre pari a 95.563 fa l’11,9%, dunque meno del 13,10% della provincia di Caserta. Anche per Napoli si sono registrate giornate over 20% e dunque la provincia partenopea si è posizionata sicuramente tra le prime 5 d’Italia, ma comunque al di sotto della nostra, il cui primato è indiscutibile anche rispetto ai numeri molto alti registratisi nella provincia autonoma di Bolzano.

I MORTI IN RAPPORTO AI POSITIVI

Fortunatamente, in questi ultimi giorni, come sta del resto accadendo nel resto del Paese, la curva sembra declinare dopo essersi appiattita la settimana scorsa. L’11,8% di ieri segnala un riallineamento del tasso di contagio della provincia casertana rispetto alla media nazionale.

I deceduti, sempre qui da noi, sono al momento 283 pari al 0.96% dei casi di positività al covid complessivamente registrati. La percentuale regionale è pari al 1,06% rispetto ai casi diagnosticati di covid sintomatici o asintomatici che siano, quindi leggermente superiore, precisamente di uno 0,1% a quella espressa dalla provincia di Caserta.

Anche questi numeri ci forniscono un’informazione importante: tutto sommato ci è andata bene perché se avessimo avuto in Campania lo stesso tasso di mortalità del resto d’Italia, oggi conteremmo il triplo e mezzo dei morti e cioè circa 5mila morti e non 1.631.

A Caserta, il cui dato della mortalità è omogeneo, centesimo in più o in meno rispetto a quello regionale, ne avremmo avuti 1.018 e non 283. È vero anche che i dati bassissimi della prima ondata incidono su queste cifre e che dunque la seconda ondata della Campania e della provincia di Caserta segnano un divario che si è esponenzialmente ridotto rispetto all’incidenza nazionale, visto che lo 0,93% della Campania (che abbiamo calcolato nell’intervallo tra il 10 e il 14 novembre scorsi) non è distante dall’1,6% che negli stessi cinque giorni indica la percentuale dei deceduti sul numero dei nuovi positivi registrati.

Stesso discorso, in linea di massima, per la provincia di Caserta, dove, come abbiamo visto, l’ultimo dato del 29 novembre esprime una percentuale di deceduti pari allo 0,96% dei nuovi positivi.

Ma si ha comunque la sensazione di un’incidenza degli asintomatici qui da noi, seppur leggermente, più alta che altrove, con la conseguente riduzione dell’incidenza della percentuale dei deceduti sempre in rapporto alle positività riscontrate.