CASERTA. Politica (e non solo) scandalosa. I Revisori dei conti ammettono che solo il consiglio può esternalizzare i tributi. Ma chiamano l’acquaiolo Biondi per domandargli se l’acqua è fresca

15 Febbraio 2021 - 18:07

Ci siamo imbattuti in tre spassose paginette, frutto anche della sollecitazione e le domande poste dal consigliere comunale di opposizione Roberto Desiderio. Oggi affrontiamo il tema tributi, domani la follia metafisica della famiglia Dresia e del parcheggio della Ex Pollio

CASERTA (g.g.)Che per esternalizzare il servizio di riscossione dei tributi ci volesse una delibera di consiglio comunale, Casertace lo dice da tempo; che nei rapporti tra l’Ente e l’Ecocar ci siano molte zone d’ombra, lo avete letto sulle nostre pagine ; che i Dresia incassino i soldi del parcheggio Ex Caserma Pollio e non li versano al Comune, era facilmente desumibile dalle carte contabili del bilancio e appare molto strano che il Collegio dei Revisori dei conti se ne accorga solo in questi giorni

(una battuta che ci concediamo, visto che non è strano per nulla, considerato l’andazzo del Collegio), compulsato da una formale richiesta da parte del consigliere comunale di opposizione Roberto Desiderio di Forza Italia.

In tre pagine, i Revisori confermano l’esistenza di situazioni gravissime che noi denunciamo da anni e che qui a Caserta vengono considerate delle autentiche bazzecole, in una deriva ormai inarrestabile di relativizzazione etica, frutto anche della sostanziale impunità di cui gode in pratica da sempre la politica e la burocrazia cittadine. Solo in questa relazione (oddio, tre paginette scritte anche maluccio) emergono tante irregolarità che dovrebbero indignare i consiglieri comunali e sollecitare un immediato approfondimento sugli argomenti. Vabbé, campa cavallo..

Passiamo appresso ed entriamo nel merito: diciamocela tutta, il garbo, la cautela utilizzata dall’organo di controllo fa cadere, in tutta sincerità, le braccia quando questo chiama l’acquaiolo per chiedergli se l’acqua è fresca o accetti dal topo la garanzia sulla parola che il formaggio sia ben protetto. I Revisori dei conti non stanno lì come organismo di consulenza o di supporto. Sono controllori. E questa loro attività la esercitano in nome e per conto dello Stato. I loro interlocutori non sono il sindaco o i dirigenti, rispetto ai quali sono controparte, bensì la Prefettura, la Corte dei conti, la Procura della repubblica.

Vanno a chiedere a Biondi chiarimenti sul perché il bando per l’affidamento stramilionario settennale della riscossione dei tributi comunali non sia stato preceduto da un voto del consiglio comunale. Che cosa deve rispondere Biondi? Si arrampicherà sugli specchi, mentre è del tutto evidente che l’articolo 42 del Testo unico sugli enti locali attribuisce questo potere ai consigli comunali. Se il contratto con la Publiservizi è scaduto, così come effettivamente è scaduto, questa condizione, che operativamente il signor Biondi e il signor Carlo Marino compensano attuando il loro sport preferito, quello della proroga, non può non attivare una nuova procedura amministrativa. Quando, a suo tempo, la più importante assemblea cittadina si pronunciò per l’esternalizzazione, ciò non fu stabilito per l’eternità dei secoli, bensì per un periodo determinato che si sarebbe chiuso al momento della scadenza del contratto relativo alla gara scaturita da quel mandato del consiglio.

Per cui, solo la pornografia, che impera da anni negli uffici della politica e delle burocrazie casertane, solo la sfrontatezza e soprattutto la tranquillità legata alla sicurezza di vivere in una zona franca, in cui le leggi e le norme che valgono per tutti non sono applicate, hanno potuto incoraggiare Carlo Marino e Franco Biondi a fottersene letteralmente del consiglio comunale e a pubblicare un bando che esternalizza il servizio di riscossione dei tributi, non per un mese, non per un anno, non per due, bensì per sette anni.

Quasi comico il passaggio in cui il Collegio dei revisori scrive, riferendosi alle richieste formulate al dirigente Biondi: “[Art 42 del Tuel] che, effettivamente (sic!), prevede la competenza del consiglio comunale in materia di esternalizzazione dei servizi pubblici“. E allora, se “effettivamente prevede…“, se i Revisori dei conti sono professionisti con ampie cognizioni in tema di diritto amministrativo e di finanza locale, a cosa serve chiamare il dirigente Biondi? La legge attribuisce all’organo di controllo la prerogativa di rilevare, verificare e denunciare eventualmente all’autorità giudiziaria le irregolarità e le illegalità constatate e di cui ha preso atto.

Domanda: per caso, i tre componenti del Collegio nutrono dei dubbi sul fatto che possa esistere una diavoleria, un cavillo, in grado di evitare il passaggio fondamentale in consiglio comunale? Se sono afflitti da questa incertezza e hanno bisogno di chiedere lumi a Biondi, vuol dire che il presidente Giuseppe Fattopace e gli altri due revisori non sono capaci di svolgere il compito per cui sono pagati.

Leggendo questa sorta di verbalino, si coglie una pavidità che potrebbe essere frutto della pratica non certo leonina del “quieto vivere”, ma anche di un’accondiscendenza, di una complicità di fatto che porta i revisori a svolgere un ruolo che non gli compete, che puzza lontano un miglio di tossico consociativismo, cioè quello di correggere gli errori, ma peggio ancora, le procedure illegittime, se non addirittura illegali, attuate dall’amministrazione comunale.

Domani continueremo a commentare questo spassoso scritto erogato dai revisori inerentemente ad una questione che si configura ancora più grave della prima: il dominio e l’acquisizione di fatto della proprietà, da parte della famiglia Dresia (tanti voti, compresi quelli dei Rea di via Trento, e una lunga amicizia con Marino), del parcheggio dell’ex caserma di via Pollio.