BIODIGESTORE. Una bella sorpresa: il Vescovo Lagnese interviene perplesso. Eccellenza, prima confessi il sindaco e dopo tre milioni di Atti di Dolore penitenziali…

12 Novembre 2021 - 19:19

Sarebbe importante, nel deserto morale e civile di Caserta, che il vescovo contribuisse a riempire il vuoto assoluto dei fondamentali principi della democrazia e del buon vivere. Detto questo, però, come facciamo ad entrare nel merito di una cosa già definita e sulla quale Marino ha raccontato bugie sesquipedali per le quali dovrebbe stare inginocchiato davanti ad un confessionale per almeno una decina di ore, augurandosi che un pezzo della chiesa non gli crolli addosso

 

 

CASERTA (gianluigi guarino) Non ricordiamo benissimo, ma con rassicurante grado di approssimazione possiamo affermare che Monsignor Pietro Lagnese, al tempo vescovo di Ischia, al cui soglio era arrivato nel febbraio del 2013 (nominato dall’allora pontefice Benedetto XVI pochi giorni prima delle clamorose e storiche dimissioni di quest’ultimo) fosse presente davanti alla Reggia, al cospetto di una piazza Carlo III tirata a lucido, nel giorno in cui Papa Francesco celebrò messa dopo aver reso visita, a Caserta, al suo amico Giovanni Traettino.
Lagnese è un casertano, dunque era in grado già allora di utilizzare la consumata consapevolezza dei luoghi in cui quello straordinario evento si stava svolgendo.
Al Pontefice, invece, l’avevano, probabilmente spiegato e dunque, al netto degli imperscrutabili disegni divini, se qualcuno avesse raccontato loro che lì, proprio lì, a vista, reclinando leggermente la testa verso destra, sarebbe sorto un impianto di combustione, di biodigestione di 40mila tonnellate di rifiuti organici, avrebbero riso di gusto rallegrandosi sul fatto di essere arrivati in una città di buontemponi, magari con qualche supporto umoristico di provenienza talare, perché, come si suol dire, in quel giorno lo “scherzo da prete” sarebbe stato proprio bene e bene sarebbe stato accolto dal Papa più anticonformista della storia.
Questa è la prima cosa che abbiamo pensato quando, un bel po’ sorpresi, abbiamo letto una nota spedita ai giornali da Monsignor Lagnese, divenuto da qualche tempo vescovo della Diocesi di Caserta.

Era dai tempi del Nogaro vispo e combattivo che un vescovo non entrava così significativamente nelle vicende della vita reale.
Niente di eccezionale, per carità: con questo pontificato sono tanti, ormai, i vescovi che partecipano frequentemente al dibattito sociale, civile, relativo ai fatti della comunità laica.
Ma ricevere un intervento del vescovo di Caserta sul biodigestore un po’ di sorpresa la suscita. Accade infatti in un luogo in cui si è passati da un eccesso all’altro.
Dalla fluviale, spesso incontinente caratterizzazione interventista di Nogaro, condita da un tipo di approccio iper politico e, diciamocela tutta, un po’ fazioso nel momento in cui erano solamente le battaglie sociali, i temi della disoccupazione e del disagio il contenuto monocorde e pregiudiziale delle sue esortazioni, si è passati al silenzio assoluto e mediocre, più che mite, pavido più che prudente, dei successori del vescovo barricadero, che faceva un po’ il verso a monsignor Romero, al martire della teologia della liberazione senza che però all’ingresso di Caserta ci fosse un cartello con su scritto San Salvador.

Il ritorno ad una presenza dialettica della massima autorità religiosa della città di Caserta e della sua diocesi va salutato come una novità interessante.
Noi non siamo gente adatta e adusa all’utilizzo di aggettivazioni neutre e neutrali che il più delle volte definiamo “loffie”.
Se ci limitiamo a utilizzare l’attributo “interessante” è perché, essendo stati presi un po’ alla sprovvista da questo intervento, dobbiamo organizzarci mentalmente in modo da essere preparati ad affrontare questa piacevole novità. E ciò potrà accadere solo quando conosceremo meglio il carattere, il pensiero, il retroterra culturale, le idee di Monsignor Lagnese, visto che, fino ad oggi, ritenendo più che probabile una sua modalità di azione speculare a quella dei defunti Farina e D’Alise, quest’ultimo portato via dal Covid, non ci siamo neppure impegnati.
Da questo momento in poi cambieremo registro e, dunque potremo utilizzare qualche aggettivo meno “loffio” del loffissimo “interessante”.
Mai come questa volta, infatti, è appropriato, rispetto agli insegnamenti impartiti nei comandamenti dettati a Mosè, affermare che solo Dio, che dunque non “nominiamo invano”, sa quanto questa città abbia bisogno di discutere, di aprirsi alla conoscenza minima di alcuni punti cardine che danno un senso civile, anzi molto più semplicemente, un senso e basta, allo stare al mondo.
Dio solo sa quanto Caserta abbia bisogno di ricostruire dalle fondamenta, dalle cognizioni più elementari, la conoscenza e la consapevolezza della cittadinanza intesa nel modo in cui la intende Papa Francesco nell’Enciclica Laudato Sì che, citando l’incipit del Cantico delle Creature, non può non avere al centro la protezione del Creato.
Lagnese, negli incisi in cui raccorda i vari passi dell’enciclica papale, fa capire chiaramente di essere preoccupato, di nutrire serie perplessità sulla opportunità di costruire un biodigestore a un passo dal centro cittadino e ad un passo ancora più breve da uno dei venti monumenti più importanti e belli del mondo, quella Reggia che appartiene a pieno titolo a un Creato frutto di un talento umano che il fraticello di Assisi non avrebbe avuto alcuna difficoltà a citare o evocare nel suo Cantico.

In conclusione, perché vogliamo che utilizziate, cari lettori, un po’ del vostro tempo a leggere questo interessante scritto, il vescovo Lagnese entra nel merito della questione e auspica, citando il Santo Padre, che una scelta delicata, com’è indubbiamente quella riguardante un pur utile impianto di smaltimento dei rifiuti, non possa non essere frutto di un’ampia partecipazione da parte del popolo casertano, che sarebbe chiamato, per l’occasione, ad essere cittadinanza, cioè ad essere tutto quello che non è oggi nel momento in cui la somma di tutti gli individui di questa città ha realizzato una scelta agli antipodi, permeata di un individualismo becero che poi ha prodotto la classe dirigente, i politici che ci ritroviamo e di cui questo giornale scrive ogni giorno.
È apprezzabile, dunque, il tentativo del vescovo di dotare di un contenuto dialettico la questione del biodigestore, richiamando la politica e la città al dovere di costruire il bene comune attraverso la civiltà del confronto.
A Sua Eccellenza, però, ci permettiamo di segnalare che il suo sforzo investe un campo al momento impraticabile.
Noi stiamo parlando da mesi di un sindaco che, impenitentemente come mai nessun altro sindaco ha osato fare almeno in Italia, pronuncia delle bugie talmente clamorose e talmente rozze ed evidenti che se uno non sapesse cosa significa ragionar di politica a Caserta, direbbe che Carlo Marino dovrebbe autofirmarsi un Tso immediato.
Monsignor Lagnese, parlo al Vescovo, parlo al sacerdote, parlo al pastore chiamato a comunicare i valori della cristianità e le regole della redenzione: come possiamo entrare nel merito, come possiamo discutere dei contenuti se uno come questi qui, cioè uno come il sindaco di Caserta Carlo Marino, giura davanti a più telecamere che il biodigestore non si farà e lo giura senza se e senza ma, salvo poi verificare anche attraverso l’autorevole ammissione del vicepresidente della Regione, che l’iter amministrativo per la costruzione dell’impianto è quasi terminato ed è andato avanti grazie alla ferrea volontà mostrata dal sindaco proprio nelle ore in cui giurava il contrario?
Ci permetta una battuta: prima di dare il giusto, auspicabile spessore morale alla causa della riattivazione di un dibattito civile, chiami a sé Carlo Marino, lo confessi e dopo avergli inflitto come penitenza la recita di un milione e mezzo di Ave Maria e di quattro milioni di Atti di Dolore e sperando che un pezzo della Chiesa non venga giù, allora si potrà cominciare a parlare, anche seriamente, di cosa sia una civiltà, di cosa sia la partecipazione di cittadinanza ai grandi momenti che determinano svolte fondamentali per la vita di un tessuto urbano.

 

LA LETTERA DI MONSIGNOR LAGNESE:

Non possiamo più sbagliare!

 

Come pastore della Chiesa di Caserta, sento il dovere di intervenire sul dibattito in corso nella nostra comunità sul tema del biodigestore. “Ci sono discussioni, su questioni relative all’ambiente, nelle quali è difficile raggiungere un consenso”, ci insegna Papa Francesco nella Laudato si’. Con il Papa sottolineo che “la Chiesa non pretende di definire le questioni scientifiche, né di sostituirsi alla politica, ma invito a un dibattito onesto e trasparente, perché le necessità particolari o le ideologie non ledano il bene comune” (Laudato si’, LS 188).

Avverto perciò forte l’urgenza di rivolgere un appello alle istituzioni e alle parti sociali rispetto alla delicata questione del biodigestore, che si sta progettando nell’area di Ponteselice a Caserta.

In questo momento in cui è viva la discussione pubblica e ancora più lo scontro politico e pare sia difficile raggiungere un consenso unanime su una scelta unica, consapevole che, come Chiesa, non possiamo offrire soluzioni scientifiche o politiche, ritengo necessario auspicare un dialogo sincero e costruttivo, suggerendo come metodo risolutivo la Dottrina Sociale della Chiesa.

Prendo atto della necessità di dotarsi di impianti per lo smaltimento dei rifiuti per far fronte alla difficile gestione urbana e regionale di questa emergenza non più procrastinabile ed evitare altresì̀ infiltrazioni criminali, tanto presenti in questo settore. Tuttavia, bisogna anche tener conto di alcune criticità che possono emergere da tali realizzazioni e che maggiormente spaventano la cittadinanza e tutti noi: tra queste la sede scelta per l’impianto, a poca distanza dalla Reggia di Caserta, patrimonio dell’umanità, e dalla stazione ferroviaria, anche se altri insediamenti industriali già esistono; l’eventuale inquinamento odorigeno; l’impatto ambientale e paesaggistico; il traffico di mezzi pesanti per raggiungere la località. Non dimentichiamo, inoltre, che la nostra terra, ora tristemente nota come Terra dei Fuochi, è già stata troppo spesso maltrattata e inquinata, usurpata e trasformata in discarica a cielo aperto, in cui insieme alle sostanze inquinanti, si è diffusa una forte illegalità e corruzione.

I dati emersi lo scorso febbraio dal rapporto promosso dalla Procura di Napoli Nord e dall’Istituto Superiore di Sanità, ci parlano di un chiaro nesso di causalità tra la presenza di rifiuti tossici nei nostri territori e l’insorgenza di gravi patologie. Non sono perciò più ammissibili errori: la salute è un bene comune primario. Non possiamo più sbagliare!

Abbiamo invece bisogno, oggi più che mai, di scelte lungimiranti e politiche coraggiose che, spinte da una conversione ecologica, rispettino la nostra casa comune, la Madre Terra, tutelando così la nostra salute e la vita delle future generazioni.

Invito, quindi, ad un serio confronto che tenga conto dei possibili benefici e costi conseguenti, auspicando la migliore soluzione possibile, ricordando che “un fattore che agisce come moderatore effettivo è il diritto, che stabilisce le regole per le condotte consentite alla luce del bene comune” (LS, 177): il suo trasparente rispetto aiuta le persone. Mi sembra inoltre importante sottolineare che “uno studio di impatto ambientale non dovrebbe essere successivo all’elaborazione di un progetto produttivo o di qualsiasi politica, piano o programma”, ma preventivo. Così come “è sempre necessario acquisire consenso tra i vari attori sociali, che possono apportare diverse prospettive, soluzioni e alternative. Ma nel dibattito devono avere un posto privilegiato gli abitanti del luogo, i quali si interrogano su ciò che vogliono per sé e per i propri figli, e possono tenere in considerazione le finalità che trascendono l’interesse economico immediato” (LS, 183).

Le parole di Papa Francesco ci illuminano ancora di più rispetto a un dibattito auspicato e chiesto nella nostra comunità. “La partecipazione richiede che tutti siano adeguatamente informati sui diversi aspetti e sui vari rischi e possibilità, e non si riduce alla decisione iniziale su un progetto, ma implica anche azioni di controllo o monitoraggio costante. C’è bisogno di sincerità e verità nelle discussioni scientifiche e politiche, senza limitarsi a considerare che cosa sia permesso o meno dalla legislazione” (LS, 183). Perché “se l’informazione oggettiva porta a prevedere un danno grave e irreversibile, anche se non ci fosse una dimostrazione indiscutibile, qualunque progetto dovrebbe essere fermato o modificato” (LS, 186). Auspico, pertanto, che tutte le parti coinvolte nel formulare una decisione abbiano a cuore il bene della nostra terra, dei nostri cittadini di oggi e di domani, incontrandosi per un confronto anche più e più volte. Allo stesso tempo invito tutti i credenti a sostenere con la preghiera le Istituzioni perché nelle loro risoluzioni agiscano, con intelligenza, nell’interesse esclusivo del bene comune.