CLAMOROSO: un notissimo esponente del clan dei casalesi, erede e successore di un boss, ha dato ordini a Casal Di Principe dal carcere con un potente smartphone che nascondeva nella sua cella

18 Giugno 2022 - 13:55

 

Questo episodio dimostra, ancora una volta, che il clan dei casalesi non ha affatto abdicato neppure alla sua attività militare. Anche se sono pochi gli episodi di cui si viene a sapere, ancora oggi ci sono decine di soggetti che preparano attentati, compiono estorsioni e soprattutto operano per riorganizzare le fila. E se all’orizzonte diventa, a questo punto, inevitabile la scarcerazione di Emanuele Liberio Schiavone, ultimo genito di Sandokan…

 

CASAL DI PRINCIPE – Chi pensa che la camorra militare, cioè quella che opera nelle città, nei paesi, nella campagne attuando azioni criminali, sia stata definitivamente sconfitta, ma anche solo sconfitta per il momento, si sbaglia di grosso. É anche normale, infatti, che le forze dell’ordine e la magistratura inquirente tengano riservate certe notizie su attentati e intimidazioni, su indagini in corso e su denunce che, effettivamente, rappresentano una novità positiva, dato che, rispetto al passato, comincia ad esserci, finalmente, qualche imprenditore casertano e ancor di più, dell’agro aversano, non più disposto a pagare il pizzo, ad essere schiacciato dal tacco delle falangi, sicuramente indebolite, ma che non si sentono assolutamente vinte, battute, dallo Stato.

Poi, sono i giornalisti che, eventualmente, venendo a conoscenza di un raid, di una bomba carta o di colpi di pistola esplosi contro una saracinesca contro un cancello di casa, lo scrivono come nel loro diritto.

Ma la sensazione é che tanti, molti di questi episodi non diventano oggetto di trattazione cronistica.

Rispetto ad una realtà, un po’, anzi, un bel po’ diversa da quella rappresentata dal pensiero corrente, la magistratura anti-mafia, cioè la Dda di Napoli non se ne sta certo con le mani in mano, ponendosi il problema di colpire questi fenomeni in maniera rapida ed efficace, affinché i proventi dell’attività estorsiva o del traffico degli stupefacenti, direttamente o indirettamente controllato dai clan, possa diventare una fonte corposa di finanziamento, di rifinanziamento e quindi di rafforzamento delle fila del clan dei casalesi. Perché più soldi hai e  più giovani disoccupati, a scarsissima scolarizzazione puoi arruolare, così com’è successo in passato quando tra Casal di Principe, San Cipriano, Casapesenna, gli altri 16 comuni dell’agro aversano e tanti altri luoghi della provincia di Caserta, il clan dei casalesi ha potuto contare su  migliaia  tra affiliati e fiancheggiatori, pronti a fare più o meno tutto, dagli omicidi direttamente seguiti, dalle attività di assistenza, di organizzazione logistica degli agguati fino ad arrivare alle estorsioni e all’esecuzione degli attentati intimidatori che di questa particolare attività criminale rappresentano, sia un mezzo di persuasione per chi ha rifiutato di versare il pizzo, sia un monito, una deterrenza nei confronti di quegli imprenditore, magari non ancora raggiunti, o che pagano “regolarmente” pur mostrando qualche inquietudine, quale moto di rabbia.

Dunque, indagini consistenti  in quanto adeguate, proporzionate alla cifra di pericolosità di quello che ancora si  muove nelle case, nelle strade e anche nelle carceri. Ad esempio siamo venuti a  sapere di un’attività investigativa che ha portato a scoprire, in più carceri italiani, anche di  massima sicurezza un avviato meccanismo di distribuzione di telefonini, naturalmente quelli moderni, gli smartphone messi a disposizione di esponenti di primo piano del clan dei casalesi che, dunque, dalla loro cella hanno potuto comunicare con i loro uomini, con i loro affiliati, con i loro fiancheggiatori, erogando ordini riguardanti le dinamiche dell’attività criminale da svolgere sul territorio. E siccome si tratta di soggetti pericolosissimi, appartenenti alle famiglie che hanno sempre contato e che contano ancora dentro ad un sistema in grado di determinare per decenni tanti destini di questa provincia, di creare degli strati costituiti da soggetti apparentemente insospettabili, di colletti bianchi che hanno agito in nome  e per conto dei boss così come dimostrano anche le ultime ordinanze eseguite condizionando appalti  e, con una sorta di effetto domino, l’intera economia locale e anche nazionale attraversata da azioni apparentemente legali, da investimenti che in realtà sono stati, e forse sono ancora, solo e solamente riciclaggio dei proventi delle attività criminali del clan.  Per cui, bisogna tenere la guardia molto alta, perchè come avemmo modo di scrivere in un articolo di circa un anno fa, se, probabilmente, si è riusciti ad  evitare l’uscita dal carcere per fine pena di uno di questi personaggi, difficilmente, nonostante le sue intemperanze, nonostante le risse in cui è coinvolto in ogni penitenziario in cui si trova e che gli hanno impedito di accedere ai benefici di pena, non è lontano il momento in cui l’ultimo genito di Francesco Schiavone Sandokan cioè Emanuele Libero, quello che la mamma Giuseppina Nappa racconta di aver portato con se in una vacanza consumata in un accorsato villaggio Valtur*** calabrese nell’isola Capo Rizzuto, a spese di Nicola Schiavone o’munaciell, uscirà necessariamente dal carcere. E siccome Emanuele libero, stando a quello che ha combinato negli ultimi anni dentro ai penitenziari di mezza Italia, è uno che, nonostante il pentimento di suo fratello Nicola, nonostante la dissociazione della madre Giuseppina Nappa, continua ad avere, come si suol dire, “la guerra in testa”, fate voi.