CASERTA ridotta a un cumulo di macerie: viene giù un altro edificio storico nel centro della città
20 Settembre 2023 - 18:17
Questa volta si tratta di un palazzo in via Ferrante.
CASERTA (p.m.) – L’altra mattina è iniziato l’ennesimo abbattimento di un palazzetto antico in pieno centro storico, questa volta in via Ferrante, a poche decine di metri da Palazzo Reale. La vicinanza al monumento borbonico fa capire definitivamente, a questo punto, che nessun edificio nel cuore urbano ed identitario della città è al sicuro. Già abbiamo dato l’allarme, che ora si fa ancora più concreto, per piazza Correra e già rabbrividiamo per la sorte del palazzo vanvitelliano De Gregorio, in piazzetta Aldifreda, recentemente venduto.
Con una Soprintendenza ai beni culturali sostanzialmente assente e che si trastulla dietro i cortei storici mentre l’impianto storico architettonico del capoluogo subisce lo stravolgimento dei nuovi barbari, figurarsi se si pongono questioni di vincoli e di tutela del patrimonio culturale cittadino. Finanche per quello che si prepara all’ex caserma Pollio non ha avuto nulla da eccepire. Dove, già inidonea ad ospitare un parcheggio il cui accesso interseca la principale via Vittorio Veneto determinando continui ingorghi stradali, si vorranno realizzare altre strutture ancora di speculazione commerciale a dispetto della buffer zone vanvitelliana (la distanza di inedificabilità dell’asse del vialone Carlo III, mentre da pochi mesi è stato aperto un ristorante in alcuni locali che si trovavano in stato di abbandono da decenni, residuati di una palazzina a più piani dovuta parzialmente abbattere) e della immediata vicinanza con la dimora reale.
Via Ferrante è l’ultimo caso di una serie che – mentre il PUC, senza alcuna spiegazione esplicita, ma molto eloquentemente, viene tenuto sotto chiave – negli ultimi anni sta sfigurando il volto della città storica.
Di fatto, attorno alla Reggia si stanno facendo sorgere una serie di nuovi condomini di lusso – con la riproduzione seriale di edifici scatolari di cemento imbiancato e vetro, pugno nell’occhio nel contesto architettonico della città – da destinare alle classi abbienti ambiziose di una residenza al centro città e per il profitto concentrato in poche mani ed a danno della collettività.
Che cosa avverrà dopo l’abbattimento dell’edificio, non è dato sapere, perché l’albo pretorio comunale, attraverso una pubblicità solo apparente dei permessi di costruire, rende ardua ogni ricerca. Per giunta, da qualche tempo, questi tipi di atti, in forza di una norma edilizia, vengono pubblicati solo per estratto. E mentre a Napoli, ad esempio, di ogni intervento edificatorio se conosce tutto con la pubblicazione della relativa documentazione, qui, nella nostra realtà, si sanno le cose solo quando le ruspe sono già all’opera. Ma è inutile recriminare, perché è ben chiaro che l’atteggiamento è deliberato. Non è per niente plausibile che a palazzo Castropignano non capiscano che in questa materia, poiché naturalmente sospetta per l’intreccio con gli interessi privati, dovrebbe essere realizzata la massima trasparenza possibile, ben oltre le misure minime stabilite per legge. Ma campa cavallo…
E qui si pone la questione sulla grave responsabilità politica del sindaco nel realizzare questa politica urbanistica di stravolgimento definitivo del centro urbano tipico e del suo retaggio.
ll quale sindaco, in questo, ha tutte le combinazioni del caso:
– il campo libero da ogni forma di controllo, perché da tempo, in questa provincia, le autorità che dovrebbero vegliare su legalità e legittimità si sono confinate nelle loro stanze d’ufficio, mentre fuori avviene di tutto. Le denunce delle qualificate associazioni civiche e culturali cittadine, invece di essere considerate prezioso spunto per verifiche, accertamenti, indagini, sono evidentemente avvertite con fastidio;
– l’inconcludente opposizione politica, che oltre qualche strepito non va;
– una maggioranza sostanzialmente amorfa, che pensa di barcamenarsi in vista di futuri assessorati o di carriere politiche ambite. Un caso esemplare, anche per la giovane età dell’interessato, ci sembra quello del consigliere del PD Matteo Donisi. Il quale, in un suo comunicato social, titolato con giusta perentorietà Lo sterminio dei palazzi del centro storico, fa una vera e propria requisitoria contro quanto di gravissimo sta avvenendo, mettendo in luce tutti i nodi del problema. I toni sembrano preludere all’annuncio di una crisi politica. Invece comunica di aver presentato un’interrogazione “per aprire un dibattito” in consiglio comunale. E si chiede come sia “possibile che si demolisca il patrimonio architettonico (e quindi il paesaggio) per ricostruire “a discrezione di un buon senso” che spesso sostituisce l’antico con l’osceno?” Esattamente quello che ci chiediamo noi, che però non siamo al governo della città. Siamo al più classico “mentre il medico studia, l’ammalato se ne muore”. Altro che interrogazioni. L’unica iniziativa politica seria ed utile sarebbe solo quella, già ora tardiva, di mettere in mora il sindaco perché non autorizzi altri abbattimenti, subito, pena la sfiducia.
E la precisazione che sempre Donisi crede di dover fare in favore della sua parte politica – sempre con un occhio alle elezioni e non mai all’interesse della città – non sembra che sia di grande aiuto. Afferma: “questa è una battaglia storica ed antica del Partito Democratico di Caserta: già prima delle elezioni comunali 2016 (come ricordava bene l’allora segretaria Cira Napoletano) si discuteva nel circolo PD della leggera e flessibile applicazione dei regolamenti urbanistici nella città di Caserta. Lo stesso tema è stato poi protagonista anche del programma elettorale delle elezioni 2021, spinto con convinzione da Enrico Tresca e da tanti candidati”. Con quello che è successo in questi anni, non sembra affatto che la “battaglia” sia riuscita.