Confermato maxi SEQUESTRO da 250 mila euro all’imprenditore casertano della storica famiglia dei rifiuti
24 Marzo 2024 - 18:44
Si tratta di un cognome da sempre attivo nel mondo della monnezza: i Ventrone di Maddaloni
MADDALONI – La corte di Cassazione ha confermato il sequestro da 250 mila euro nei confronti di Lazzaro Ventrone, imprenditore del servizio di trasporto rifiuti Veca Sud.
Si tratta del fratello o del diretto congiunto di Mario e Pietro Ventrone, di cui molto spesso ci siamo occupati relativamente alle loro attività del mondo dei rifiuti e delle inchieste che lo hanno attinto. Ed è anche per questo che ne torneremo a scrivere nelle prossime ore.
Il 53enne è imputato al tribunale di Potenza per delitto colposo contro la salute, ovvero di aver trasportato illecitamente rifiuti provenienti da attività di cartiera e fanghi di depurazione da smaltire in maniera illegale. Per i giudici lucani questo reato sarebbe da aggravare nella sua contestazione perché Ventrone avrebbe favorito, con questa attività, la criminalità.
L’accusa di essere a capo di una società che ha favorito gli interessi del clan dei Casalesi era presente anche nell’inchiesta della DDA di Firenze che portò a processo Lazzaro Ventrone.
Per i magistrati, infatti, l’imprenditore casertano era responsabile di traffico illecito di rifiuti e truffa ai danni di RFI, reati aggravati dalla circostanza di aver agevolato il clan di Francesco Schiavone Sandokan.
Il tribunale di Firenze eliminò poi l’aggravante mafiosa nei confronti di Ventrone perché i rapporti tra la camorra e la Veca Sud sarebbero stati antecedenti all’ingresso dell’imprenditore in società.
Questa decisione del gip di Firenze è utilizzata dai legali di Lazzaro Ventrone nel ricorso in Cassazione contro la decisione del Riesame di Potenza, con la quale si confermava in sostanza il sequestro da 250 mila euro disposto dal tribunale della stessa città della Basilicata.
La terza sezione penale della Corte di Cassazione non ha contestato questa specifica degli avvocati di Ventrone, ma ha chiarito che per il reato di cui è accusato, con o senza l’aggravante mafiosa, ovvero il delitto contro la pubblica salute, la legge prevede come pena anche la confisca dei beni e, quindi, un provvedimento di sequestro preventivo durante il processo è ammissibile.