MANETTE AL COMUNE DI CASERTA. Ecco come la ditta dei Marzo quadruplicava gli incassi con gli acquisti delle imprese che vincevano gli appalti

15 Giugno 2024 - 10:28

CASERTA (g.g.) – Cerchiamo di procedere un po’ più celermente nella spiegazione dei contenuti dei capi d’imputazione provvisori che la procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere contesta agli indagati nell’ordinanza che ha portato, ieri mattina, all’arresto con detenzione domiciliare del super dirigente del comune, Franco Biondi, dell’altro dirigente del settore Urbanistica, Giovanni Natale, dell’assessore ai Lavori Pubblici Massimiliano Marzo, subito sospeso dalla Prefettura, del dipendente dell’ente capoluogo, dell’altro funzionario dell’Ufficio Tecnico, Giuseppe Porfidia, e dell’imprenditore di Valle di Maddaloni, Gioacchino Rivetti.

A questi vanno aggiunti nell’elenco degli indagati altre 9 persone non attinte, per scelta della stessa procura o per decisione del gip Vecchiarelli che ha rigettato alcune richieste dei pm, da alcun provvedimento di limitazione della libertà personale.

Esiste un filo conduttore nella declinazione dei 19 capi d’imputazione che fa capire che le mosse di questa indagine sono partite – e queste aggiungiamo noi, senza alcun condizionale e senza utilizzare l’aggettivo “presunte” – dalle turpitudini delle ultime elezioni comunali svolte nell’ottobre 2021 e sulle quali in passato abbiamo scritto decine e decine di articoli per denunciare con fatti, foto e immagini incontestabili, quanto la camorra stesse condizionando, determinando l’esito di quel voto.

E allora, il capo B apre alle contestazioni presenti nei capi C

e D.

Nel primo sono citati come indagati Massimiliano Marzo e l’imprenditore Raffaele Nunziante, che la procura ha considerato molto importante, addirittura chiedendone l’arresto in carcere, senza incrociare il placet del gip.

L’accusa è la violazione dell’articolo 86 del Dpr 570 del 1960 che prevede pene variabili dai sei mesi fino ai tre anni per la corruzione elettorale. Marzo quale candidato e Nunziante, titolare della Green Aedilis e non solo, come elettore quale può essere un imprenditore che può dare una grande mano sotto ogni punto di vista durante la campagna elettorale. L’assessore avrebbe promesso di avvantaggiarlo in eventuali lavori compiuti dal comune di Caserta.

Questo è il reato fine che, poi, si dipana verso il reato mezzo (o strumento) con il fondamentale intermezzo, però, dello sconto concreto di queste cambiali contratte in campagna elettorale.

Uno sconto avvenuto alla maniera dell’Ufficio Tecnico di Caserta che noi, da anni e da tempi non sospetti, definiamo non a caso La cucina degli orrori.

Al signor Raffaele Nunziante, una volta che Massimiliano Marzo è divenuto assessore ai Lavori pubblici, come aveva prospettato di fare già in campagna elettorale, viene affidata la manutenzione del verde presso le scuole comunali. La Green Aedilis non si attiva direttamente, ma la affida ad un altro imprenditore, tal Domenico Natale, per il quale, si legge testualmente nell’ordinanza, si procede separatamente.

Green Aedilis mette in fila una tripletta, perché l’Ufficio Tecnico, in questo caso Biondi e Vitelli, gli attribuiscono anche un paio di lavoretti: ossia l’abbattimento di due pini domestici, su ordinanza del tribunale di Santa Maria Capua Vetere. E anche qui, in uno dei due casi, Nunziante usa l’arma del subappalto in favore dell’impresa Il Seme della Vita di Natale.

Qui ci sono delle determine che non vengono citate nella loro interezza nei capi d’imputazione. Ma già la semplice citazione parla – come si suol dire – da sé. Noi non ricordiamo il nome del dirigente o della dirigente del settore Finanze e bilancio. Sappiamo, invece, che lei non ha voluto apporre la sua firma a queste determina di affidamento, sentendo puzza di bruciato. Ci chiediamo, allora, che ci resta a fare ad operare in comune nel quale un dirigente appena normale e non degenerato come altri è costretto addirittura a negare la sua firma, rendendo illegittimi quegli atti amministrativi, così come la procura nota, ravvisando le violazioni agli articoli 147 bis comma 1, 153, comma 5 e 191 del Testo unico degli enti locali.

Ma ora arriva il più bello. Se Massimiliano Marzo e Raffaele Nunziante si erano messi d’accordo prima delle elezioni per scambiare voto e sostegno dell’imprenditore con affidamenti pubblici, alla fine Marzo e la sua famiglia ottengono molto di più rispetto al pareggio dei favori.

E qui la procura snocciola numeri precisi: forniture dell’impresa di materiali edili della Edil Marzo a mister Nunziante nell’anno 2021, euro 30.822. Che, poi, andrebbe visto in quali mesi del 2021, se siano stati spesi prima o dopo le elezioni comunali. Acquisti di Nunziante che dalla Edil Marzo andava con la sua Gesim, anno 2022: euro 122 mila e 49, con un incremento del 296%.

Prodotti di alto livello quelli della Edil Marzo per cui Nunziante era entusiasta. Primi sei mesi del 2023: euro 75.596.

Per questo ultimo anno dovrebbe esserci anche un conteggio dei secondi sei mesi da parte dei pm, altrimenti non avrebbe molto senso affermare che l’incremento degli acquisti sia stato pari al 396%.

Affinché tutto questo ambaradan potesse avere luogo, occorreva un reato-strumento, un motore che permettesse a queste azioni di avere una parvenza di regolarità. E che ci sta a fare, allora, il “maestro” Franco Biondi, ma anche “l’allievo” Luigi Vitelli, degno vicepresidente di un degno ordine degli Ingegneri. E ci fermiamo qui, altrimenti ci dobbiamo prendere “a capate in faccia” con il presidente Carlo Raucci e questa costituirebbe un’indubbia perdita di tempo.

Un bell’abuso d’ufficio, articolo 323 del codice penale, che chiude il catenaccio delle corruzioni, dimostrando, in questo modo, che nel codice penale questo reato non può essere abolito soprattutto perché, parimenti a quello di falso, rappresenta molto spesso un elemento fondamentale affinché i reati fine, a partire dalla corruzione, possano realizzarsi pienamente e compiutamente.

Nel capo D Biondi viene accusato di una cosa che lui – o chi per lui – ha fatto per decenni, così come ci siamo letteralmente massacrati a denunciare nei nostri articoli: ossia la mancata rotazione delle imprese di fiducia del comune, compiendo una violazione dell’articolo 30 del Codice degli appalti.

Un altro classico biondiano, stavolta arrivato all’attenzione (meglio tardi che mai) dei magistrati, è espresso nella seconda contestazione interna al capo D, ovvero il mancato controllo sull’esperienza dell’azienda scelta per l’affidamento nei lavori da compiere. Terzo “comma”, l’accusa di non aver motivato adeguatamente l’incarico alla Green Aedilis.

Il capo d’imputazione E per Vitelli, legato sempre al reato di abuso d’ufficio, sono sostanzialmente legati alle determine contestate e aggiudicate sulla liaison Nunziante e Marzo. Dal contenuto di questo capo E gli atti li ha firmati lui, poiché la procura contesta l’assenza del controllo e dell’accertamento contabile.