LA DOMENICA DI DON GALEONE…

13 Ottobre 2024 - 16:00

Il Vangelo di Marco, ogni volta che l’evangelista adopera il termine strada, è sempre per indicare la semina infruttuosa. E’ il seme che viene gettato, ma vengono gli uccelli, cioè il maligno che impedisce l’accoglienza del messaggio di Gesù. Il brano che oggi commentiamo comincia proprio con “mentre andava per strada“. Quindi l’evangelista ci dice già che la semina sarà infruttuosa.

L’insegnamento dell’Antico Testamento e quello del Nuovo, in materia di povertà e ricchezza, è del tutto divergente, anzi opposto. Anche nei suoi libri ultimi, l’Antico Testamento esalta la ricchezza, come segno della generosità divina, immagine dell’abbondanza messianica, segno di benedizione; è la tesi che accetterà in seguito Calvino e che M. Weber teorizzerà nelle sue opere. L’opposizione, tra Antico e Nuovo Testamento sulla ricchezza, si coglie in tutta la sua radicalità, leggendo le beatitudini del Vangelo di Matteo (cap.5) e le beatitudini del Deuteronomio (cap.28). Nel Vangelo di oggi, ciò che Gesù chiede al ricco è la condivisione; non gli chiede primariamente la rinuncia ma la solidarietà; il ricco non vede chi lo chiama, ma ciò che deve lasciare. Seguire Gesù non è una perdita, perché condividere significa ampliare gli orizzonti, avere il centuplo! Gesù sembra dirci: “State tranquilli! Nulla sarà perduto di quanto donate!”.

Servirsi “del” denaro, e non servire “il” denaro! Vorremmo avere più spazio per analizzare l’episodio del giovane ricco, che è tra i più organici del Vangelo di Marco, tra i più densi e drammatici. Questo è un brano molto attuale, in questa nostra società dell’opulenza, nella quale il cristiano è costretto a scegliere tra l’avere e l’essere. Il poeta latino Orazio scrive che “bisogna cercare prima di tutto la ricchezza; la virtù viene dopo i soldi” (Epistole, I, 1,53): è il pensiero di un pagano, ma quanti cristiani la pensano come lui ? Il filosofo cinico Cratete, per dimostrare la sua superiorità sulle ricchezze, aveva con orgoglio gettato in mare i suoi gioielli: “Cratete libera Cratete!”; forse, sarebbe stato molto più saggio distribuire, condividere, fare festa insieme. Anche il nostro poeta G. Giusti, in una quartina della sua opera Il gingillino, riporta la mentalità corrente della gente: “Un gran proverbio caro al potere dice che l’essere sta nell’avere”. Proviamo, sempre con il nostro evidenziatore, a riflettere su alcune espressioni-chiave del Vangelo:

Una cosa sola ti manca Che cosa? come saperlo? Se vogliamo sapere cosa ci manca, dobbiamo lasciarci guardare da Gesù: “Gesù, fissatolo, lo amò”; spesso noi ci lasciamo guardare da altri, ci paragoniamo con altri, e da qui i sentimenti d’invidia, di frustrazione, di competizione. Inchiodati dallo sguardo amoroso di Gesù, illuminati dalla sua parola come da un laser tagliente, potremo sempre sapere cosa ci manca. Mettersi in confronto con la parola di Gesù; non una parola decorativa, sterilizzata, dolcificata. Noi siamo in genere portati a esaminare la Parola; invece è la Parola che deve esaminare noi; noi nelle nostre riflessioni, edulcoriamo, eutanasiamo la Parola, fino a renderla innocua come un temperino, e invece è “più tagliente di ogni spada a doppio taglio”. Una parola ontologica, che fa quello che dice, non ci abbellisce ma ci spoglia delle cianfrusaglie inutili.

Gesù ci aiuti a mettere al primo posto Dio e l’avvento del suo regno, a operare uno sgombero coraggioso, perché la nostra vita si è riempita, anno dopo anno, di cianfrusaglie inutili, di giocattoli religiosi, di pericolose superstizioni, di tanto ciarpame che ci impedisce di essere liberi e leggeri. È possibile: dopo avere ascoltato questo Vangelo, sant’Antonio abate, il padre dei monaci, lasciò tutto per seguire la via della rinuncia, inoltrandosi nel deserto dell’Egitto. Agostino trovò la felicità e la verità non quando seguiva le filosofie di moda, ma quando decise di convertirsi, ricevendo il battesimo da Ambrogio; Francesco di Assisi fu veramente libero e felice quando si spogliò delle ricchezze e sposò Madonna Povertà; se non lo avesse fatto, sarebbe rimasto il signor qualunque, marito di una donna qualunque, in un paese qualunque, proprio un “tale” come dice il Vangelo.