MARCIANISE. LA CAPORETTO DI VELARDI. Pur di rimanere sindaco, è pronto a licenziare tutti i suoi nominati con super stipendi

25 Marzo 2019 - 09:50

 

MARCIANISE(g.g.)Tira di un bus la cinghia, ma non calar le braghe.” La cantavano “I Compagni” della Torino di fine 800, raccontati meravigliosamente da Mario Monicelli nell’omonimo film, che nel 1964 vinse il premio Oscar per la sceneggiatura, scritta dallo stesso grande regista toscano e da Agenore Incrocci e Fulvio Scarpelli, divenuti mitici con i loro diminutivi di Age e Scarpelli.

Meglio sottoporsi al supplizio di tirare un bus con una fune, che calare le braghe, che cedere davanti all’arroganza dello sfruttamento.

Altri tempi in cui le ideologie avevano grande ragione per esistere di fronte alle disparità sociali che c’erano e che dividevano longitudinalmente i ricchi dai poveri, i privilegiati da chi, come gli operai raccontati da Monicelli, lavorava 14 ore al giorno e chiedeva, invano, di lavorarne 13.

Oggi non c’è nulla o c’è molto poco per cui possa valer la pena di non calar le braghe. Soprattutto quando si tratta di conservare i privilegi del potere, la sua esposizione tronfia e, allo stesso tempo, necessaria per chi, avendo ottenuto un posto al sole, costruisce con esso un rapporto simbiotico, di compulsiva dipendenza.

Altro che braghe sta per calarsi Antonello Velardi. Pur di continuare ad indossare quella fascia, il sindaco di Marcianise sembra pronto a calarsi la biancheria intima e, se necessario, ad andare anche oltre. Il Pd di Filippo Fecondo gli ha posto delle condizioni durissime, apparentemente inaccettabili: gli ha chiesto di revocare tutte le assunzioni, realizzate attraverso l’utilizzo dell’articolo 110 del decreto legislativo 267/2000.

Di fronte a quella che si configura come una richiesta di resa senza onore delle armi, chi lo conosce, Velardi, ha pensato, “cavolo, si tratta di un professionista di 57 anni, non baratterà il suo onore politico con qualsiasi tipo di poltrona.

Ha sbagliato di grosso e ha compiuto una serie di atti al limite dell’osceno, per aggregare negli uffici i vari Alberto Negro, Conchiglia e compagnia cantata. Ma dovrà mantenere il punto. Semplicemente perchè una marcia indietro, fatto senza precedenti in provincia di Caserta, costituirebbe un’autocensura, un’auto bocciatura, un atto disonorevole. Perchè se un uomo crede in quello che fa, è meglio tirare la cinghia di un bus, che calar le braghe.

E allora, non conoscete Velardi. Perchè questo qua, come noi scrivevamo da tempi non sospetti, lo ripetiamo per la centesima volta, cioè da quando il suo nome cominciò solo a circolare, come ipotetico candidato a sindaco, assorbe l’intera sua energia vitale attorno ad un ego che, però, badate bene, non contempla i valori dell’orgoglio, della disciplina, della rettitudine, della cappa e della spada, dell’onore politico e istituzionale.

L’ego di Velardi è, al contrario, una costituzione di apparenza, è una narrazione immaginifica di una realtà che non esiste e che può essere tollerata solo in luoghi, come i nostri, in cui non esiste una coscienza civile diffusa e un’autentica identità di cittadinanza.

Tutto si consuma “a pasta e fagioli“. Eppure questa vicenda, se veramente dovesse svilupparsi come insistenti indiscrezioni raccontano in queste ore, non attecchirà più di tanto sul popolo bue, perchè il popolo questo si merita. Si merita improbabili narratori di favole, di balle spaziali, costruttori di una realtà aumentata a dismisura grazie all’incapacità di valutazione da parte di quello che dovrebbe essere il popolo della democrazia, di quello che, nell’Atene del quinto secolo, si riuniva dentro all’agorà e decideva, direbbero oggi in maniera dispregiativa, plebiscitariamente, col sistema “una testa, un voto“.

Da allora, sono trascorsi più di 2.500 anni, ma su questo terreno, invece di andare avanti, siamo andati indietro. Ma vi rendete conto che questo sta per revocare un plotone di nominati, per i quali ha terremotato un comune intero, appesantendo esponenzialmente il bilancio della città, e poi sputando veleno e contumelie, mai collegate ad una replica sui contenuti, a destra e a manca. Per quelle assunzioni, “ci ha messo la faccia” e non solo. Ora, si avvia a revocarli come se niente fosse, passando disinvoltamente sotto alle forche caudine. E pur di essere ancora chiamato sindaco, della faccia se ne frega, sopravvivendo di essa solo la boria.