Era basata su una sentenza del consiglio di stato. Ma bastava leggerla bene per capire che non poteva essere applicata
13 Aprile 2018 - 00:00
A volte quando vedi come lo stato, nelle sue cosiddette espressioni istituzionali, si comporta nella definizione dei processi decisionali, ti rendi anche conto dei motivi per cui il nostro paese ha i problemi che ha. Beninteso, un politico eletto è stato un cittadino e lo è in teoria ancora ed è stato mandato dove è stato mandato, in processi elettorali, soprattutto quelli delle elezioni amministrative e regionali sono fortemente condizionati dal soldo e dal voto di scambio, da altri cittadini; un alto funzionario della pubblica amministrazione, un dirigente dello stato, un prefetto hanno vinto, a suo tempo, un concorso, una categoria di selezione di classe dirigente che, in Italia, non ha rappresentato certo l’isola felice della trasparenza e soprattutto della meritocrazia.
Insomma, la qualità è bassa e fanno ridere quei politici che dicono che i conti pubblici della Francia sono in ordine nonostante l’enorme spesa che quel paese dedica al settore pubblico, alla pubblica amministrazione. Fanno ridere perchè nel ragionamento manca sempre un elemento. Che non è un punto di vista, ma è una misura econometrica, oggettiva, reale: la produttività.
Quel settore pubblico cioè quello d’Oltralpe, contribuisce alla costruzione del pil in maniera fattiva; il nostro settore pubblico tranne qualche eccezione che purtroppo scompare nel marasma del fancazzismo e dei furbetti del cartellino, è una palla al piede, ma non per effetto di una valutazione politica, ma semplicemente per i dati statistici, ripetiamo, econometrici per non parlare del mare di inchieste giudiziarie in cui la PA è coinvolta.
La premessa l’abbiamo voluta fare perchè questa storia del passaggio a livello sigillato e poi riaperto di Maddaloni, contiene molti aspetti che attengono a questa labilità del nostro settore pubblico, diventandone una sorta di paradigma.
Il commissario prefettizio Benedetto Basile ha scelto, sin dal primo giorno in cui si è insediato, di essere invisibile. Non sappiamo quante volte sia andato in comune, ma sappiamo quale sia stato il grado di decadenza fisica e morale della città in questi ultimi 9 o 10 mesi. Una città incapace finanche di fare una telefonata al prefetto perchè da terzo o quarto centro della provincia, attraversato da arterie fondamentali per i collegamenti regionali su gomma, per chiedere mezzo camioncino di bitume utile a coprire, almeno in parte, le spaventose buche createsi soprattutto nella zona che unisce i ponti della Valle ai cosiddetti giardinetti.
Però, Benedetto Basile avrà avuto le sue ragioni nella scelta della linea della prudenza estrema, quasi ectoplasmatica. D’altronde Maddaloni è ancora oggi nella bufera delle inchieste giudiziarie che coinvolgono pesantemente politici e funzionari del comune, per cui il commissarioha deciso di mettere la clessidra sulla sua scrivania ed solo ogni 27 del mese, distoglierci gli occhi per controllare il suo estratto conto in modo da avere piena consapevolezza dello stipendione acquisito per guardare la clessidra, 30 giorni su 30.
All’improvviso, nei giorni scorsi, ha deciso di dare piena esecuzione a una sentenza di un altro organismo piuttosto retrò, arcaico anche nell’espressione lessicale delle sue sentenze: il consiglio di stato affermava che siccome RFI, cioè il braccio operativo delle ferrovie dello stato e di trenitalia che si occupa dei lavori sulla rete, doveva costruire un sovrappasso, da quel momento in poi il
passaggio a livello andava sigillato, chiuso definitivamente, con buona pace delle migliaia e migliaia di persone che lo attraversano ogni giorno e tagliando, in pratica, in due la città.
Una pubblica amministrazione intelligente, non imbolsita da un universo mondo limitato ai propri confortevoli uffici, che non conosce i problemi della gente perchè con la gente, con quello che si definisce il paese reale ha molto poco a che fare, legge la sentenza del consiglio di stato e ne determina l’applicazione.
Ma la citata sentenza non si limitava solo all’effetto, ma legava l’effetto, cioè la chiusura del passaggio a livello, alla causa dei lavori di cui non si vede assolutamente alcuna traccia. E, a Dio piacendo, chissà quando questi sarebbero stati fatti.
Ieri, Andrea De Filippo, parlando al telefono con CasertaCe, aveva notato un dato importante: trenitalia, per decisione dell’amministrazione De Lucia, svilupperà l’alta capacità o alta velocità che dir si voglia, non su un binari nuovi, ma sulla rete esistente. Per cui dovrà fare i conti con il comune e col nuovo sindaco un giorno sì e l’altro pure. “Questa decisione – osservava De Filippo – ingiusta e cervellotica, che non applica realmente la sentenza del consiglio di stato, peserà e non poco nei rapporti tra la prossima amministrazione comunale e trenitalia.“
Alle 4 di pomeriggio di ieri, probabilmente, qualcuno in prefettura si è svegliato ed ha letto la sentenza del consiglio di stato che poi non era altro che una chiamata al rispetto di una convenzione stipulata nel lontano 1986 tra il comune e le allora ferrovie dello stato. 32 anni fa si stabilì che il passaggio a livello sarebbe stato chiuso con le ruspe già in opera, con gli operai già al lavoro per la costruzione del sovrappasso.
Alla fine, insomma, qualcuno ci ha applicato qualche meninge e il commissario Basile, non facendo una grande figura, pressato dall’occupazione e dalle proteste dei cittadini e dalla moral suasion del prefetto, ha dovuto fare marcia indietro, sospendendo la sua ordinanza.
In poche parole, dal 1986 ad oggi, il livello della politica ma anche della pubblica amministrazione è peggiorato. Chi l’avrebbe mai detto. Sicuramente non quelli come il sottoscritto che lottavano, in quegli anni, contro le ruberie di stato senza sapere che i decenni a venire sarebbero stati ancor peggiori di quelli di allora.