CASERTA. Carlo Marino fa il professorino ma ora rischia di caricare i consiglieri comunali di una 70ina di milioni di debiti fuori bilancio

21 Novembre 2019 - 12:13

CASERTA – Questo articolo contiene due protagonisti e due convitati di pietra. I protagonisti sono l’Organo Straordinario di Liquidazione, nominato per gestire il secondo dissesto, e il sindaco di Caserta Carlo Marino; i due convitati di pietra, cioè entità che incidono o possono incidere, seppur non costituite fisicamente e/o giuridicamente, sono l’attore Leo Gullotta nei panni dello straordinario personaggio interpretato nel film “Pacco, Doppiopacco e Contropaccotto” e il proprietario del gregge di pecore e capre che circa un mese e mezzo fa, forse due, hanno occupato pacificamente il cimitero comunale di Casola.

Siccome noi siamo un po’ controcorrente e ci piace, come cantava il grande Pierangelo Bertoli nella canzone “La fatica”, rovesciare gli schemi, partiamo dai comprimari, collegandoli però subito alle azioni dei protagonisti.

L’OSL ARRABBIATA – Questa Commissione Liquidatrice, evidentemente, è formata da persone con una cifra di serietà superiore a quella che connotava l’agire della prima Commissione Liquidatrice, insediatasi nel 2011.

Essendo tali, queste persone hanno capito subito con che razza di amministrazione comunale hanno a che fare (e ci fermiamo all’amministrazione comunale, perché occorrerebbe aggiungere qualcosa sui politici che la compongono).

Per cui, quando il “protagonista” Carlo Marino ha spedito nei loro uffici Leo Gullotta, che gli ha rifilato il “paccotto”, si sono arrabbiati di brutto.

Ormai nell’Ufficio Finanze del Comune di Caserta c’è un elenco di beni immobili divenuto leggendario. Da almeno due lustri il Comune prova a venderli e non ci riesce. Non c’è un motivo misterioso. Semplicemente è roba di scarto, paccottiglia senza alcun valore reale. Un paccotto, appunto.

A questo punto, quelli dell’Osl hanno preso carta e penna e ne hanno cantate quattro al sindaco e all’amministrazione comunale. Tradotto in francese stretto, quello della Borgogna: “we, bello, ma veramente ci vuoi prendere per il culo?”.

Al di là del francesismo, l’Osl ha usato, da un punto di vista lessicale e descrittivo, andando al di là dello stile impagliato, impaludato e impomatato tipico delle lettere vergate da un organismo dell’alta burocrazia nazionale, una descrizione esplicita che rappresenta l’umore dei componenti: “Lo scrivente rileva che sono stati individuati, da una parte, alcuni cespiti destinata alla alienazione che, per il loro scarso valore intrinseco, avrebbero poche possibilità di essere alienati (ad esempio fondi agricoli di ridotte estensioni in zone impervie) e, dall’altra, viceversa, altri cespiti che, per l’altissimo valore economico, potrebbero non incontrare la disponibilità del mercato all’acquisto”.

Cari componenti dell’Osl, questa è la Campania, questa è Caserta. Abbiamo tanti difetti, ma possediamo la mitica arte di arrangiarci. Non vi preoccupate, adesso ci mettiamo noi e Carlo Marino e apriamo il sipario sul secondo convitato di pietra: il pastore delle pecore di Casola, quelle gentili rappresentanti della razza ovina che hanno scagazzato allegramente su tutte le tombe del luogo della memoria. I pastori, titolari di un mestiere in via di estizione, erano e restano anche nel 21esimo secolo, ricchissimi.

E siccome il proprietario delle pecore possiede anche una trentina di capre razza Sgarbi è interessantissimo a quello che voi definite “terreno impervio”. Non so se avete mai visto una capra all’opera. Fa incazzare i contadini che in passato andavano a caricare la doppietta qualora il pastore non provvedesse a farle scendere dai declivi delle terre coltivate con pesantissimo sudore, dove facevano autentica razzia di ogni ortaggio pronto alla raccolta.

LA LETTERA DI RISPOSTA DI CARLO MARINO – Vedete, stiamo risolvendo il problema del dissesto a Caserta mettendo pace tra l’Osl e Carlo Marino, proponendo idee costruttive. Il sindaco, però, ha il suo caratterino, che potrebbe essere anche accettabile qualora rigasse dritto, pretendendo la lealtà altrui di fronte alla propria.

Siccome il soggetto invece leale non è, del tono usato nella lettera di risposta ai rilievi dell’Osl, da noi pubblicata in calce a questo articolo insieme alla prima, rimane quella traccia velenosetta, cattivella, di fiele prodotta da una lesa maestà.

Solamente che Carlo Marino, da un anno a questa parte, ci sta sorprendendo anche come giurista, come avvocato. Dopo aver scoperto l’acqua calda, e cioè che l’alienazione degli immobili è uno strumento complementare, sussidiario, integrativo ad altri strumenti finanziari disponibili per fronteggiare le giuste pretese dei creditori ammessi alla massa passiva, esprimendo un’agevole lettura del contenuto dell’articolo 255 comma 9 del Tuel, a cui i commissari liquidatori si rifanno per aprire ufficialmente le ostilità con l’amministrazione;

dopo aver riscaldato di nuovo l’acqua calda che intanto era diventata fredda, affermando che il Ministero degli Interni, percorso da un colpo d’ingegno degno delle demenziali burocrazie romane, ha detto che il ricorso all’alienazione del patrimonio immobiliare è un elemento sussidiario, come se noi non sapessimo leggere in italiano e non fossimo in grado di acquisire questo principio dal Tuel che lo statuisce;

dicevamo, dopo aver fatto capire a quelli dell’Osl che avendo loro in mano 63 milioni di euro rimasti come riserva (la legge impone di depositare il 50% delle transazioni non definite in una procedura di dissesto), possono fronteggiare le necessità che partono da una determinazione ufficializzata di una massa passiva provvisoria di 154 milioni di euro (da cui si dovrà decurtare sicuramente qualcosa), viene preso dall’entusiasmo e, recitando la parte del professorino che finisce per apparire grossolanamente ignorante, “si butta” letteralmente la zappa sui piedi.

LA CORTE DEI CONTI E LA ZAPPA SUI PIEDI – Per impartire una lezione agli Osl, ti va a pescare un pronunciamento della Corte dei Conti della Sicilia la quale, appoggiandosi a sua volta a una sentenza del Consiglio di Stato, definisce il perimetro dei poteri degli organismi straordinari di liquidazione rispetto a quelli dei Comuni in cui operano. In poche parole, l’Osl deve limitarsi alla gestione tecnica della procedura e non ingerire nella potestà politica, che resta in capo agli organismi amministrativi, cioè la giunta e il consiglio comunale. Tutto ciò per affermare che il Comune di Caserta metterà a disposizione dell’Osl altri immobili, magari più vendibili, qualora diventasse conclamata l’insufficienza, comunque da ratificare politicamente, di quelli già messi a disposizione per il soddisfacimento delle obbligazioni a lungo tradite contratte con i creditori.

Piccolo particolare tecnico. Carlo Marino dice allegramente che alla sua lettera ha accluso il pronunciamento integrale della corte dei Conti e che lo ha fatto perché questo rappresenta, a suo avviso, una sorta di mantra giurisprudenziale da cui non si può prescindere.

È lo stesso Carlo Marino, nel momento in cui introduce il passaggio della decisione dei giudici contabili di Palermo, che a lui interessa evidenziare, a declinare il titolo di questo provvedimento: “Riconoscimento dei Debiti Fuori Bilancio dell’ente dissestato in merito al riparto tra le competenze tra Comune e Osl”.

Eh già, perché il motivo per cui la Corte dei Conti interviene sulla questione è uno e uno solo, e rispetto a questo l’asserzione sulla limitazione dei poteri dell’Osl alla semplice gestione tecnica rappresenta una cornice, una linea di principio, un punto di partenza per arrivare al vero nocciolo del discorso. Cosa dice la Corte: tu Comune, siccome mantieni intatte le tue prerogative di governo, che non possono essere neppure sfiorate da atti di potestà dell’Osl, conservi questa tua forza in tutta la procedura del dissesto, per cui non puoi prendere, all’interno di questa, la parte che ti conviene, cioè l’idea di poter decidere tu come alimentare le necessità derivanti dalla dimensione della massa passiva, scartando l’altra parte della tua potestà.

Perché in un dissesto, la parte del leone, di solito, la fanno i debitucci fuori bilancio.

Per cui adesso, leggendo il testo della Corte dei Conti che Marino ha allegato alla sua lettera, quelli dell’OSL applaudiranno a scena aperta, storneranno dai 154 milioni già rintracciati attraverso le richieste dei creditori i debiti fuori bilancio e, come dice la giurisprudenza siciliana, il Comune dovrà esercitare in pieno le sue prerogative.

DEBITI FUORI BILANCIO, CHE TERRORE PER I CONSIGLIERI – Siccome l’approvazione o la bocciatura di un debito fuori bilancio è competenza esclusiva del consiglio comunale, ora i vari Tenga, Mazzarella, Gianni Comunale, De Florio, Boccagna e compagnia dovranno certificarli loro i debiti fuori bilancio contenuti nel secondo dissesto.

Si sa che i debiti fuori bilancio sono un affare rischiosissimo, perché in casi di riconoscimenti di un debito fuori bilancio non legittimo, non perfettamente allineato alle norme, ne rispondono, come ne hanno risposto già in passato, i consiglieri comunali che li hanno approvati, con il loro patrimonio, con i loro soldi e le loro case.

Bravo, professor Marino. Buona fortuna consiglieri.