AVERSA. Francesco Grassia, l’esempio di un camorrista da jet set: arrestato a Porto Cervo. Ora andrà a Montecarlo dove riciclava al Casinò

18 Agosto 2018 - 13:57

AVERSA (l.d.a.) – Ci sono novità di sicuro interesse dentro e attorno alla cattura dell’aversano Francesco Grassia, 73 anni, storicamente vicino al clan dei Casalesi. Stavolta, almeno il primo acchito, il provvedimento non sembra riguardare reati intimamente collegati alla partecipazione di fatti riguardanti la criminalità organizzata.

Al contrario, la storia si connota con tanti elementi in grado di darle un’originalità, uno stile, oseremmo dire uno charme cronistico che, utilizzando un secondo modo di dire, molto “si fa leggere” soprattutto in questo periodo agostano che evoca quelle che in apparenza sono state fino a qualche giorno fa le esperienza di Grassia, catturato, non con tutto il rispetto, a Baia Domizia o Mondragone, ma a Porto Cervo. Della serie: hai detto cazzi! Lì, per dormire in una stamberga si viaggia, in alta stagione, a 200 euro a notte.

Ma non finisce qui. Non finisce alla scena, già di per se affascinante di questa cattura serale o notturna avvenuta nel pieno dell’estate del lusso che è in grado di offrire l’intramontabile Costa Smeralda. Prendendo visione dell’accusa formulata ai suoi danni, entriamo a piedi giunti nella narrazione di un romanzo criminal-soft. Uno che ha fatto una truffa al Principato di Monaco, cioè a Montecarlo e lo acchiappi a Porto Cervo, che facciamo, riutilizziamo l’espressione di prima? Insomma, cercheremo di sapere chi è l’avvocato di questo Grassia e magari vedremo di saperne di più. Per il momento è nel carcere didi Nuchis, a Tempio Pausania e aspetta il perfezionamento delle pratiche di estradizione chieste dal Principato di Monaco. Non sappiamo se le prigioni di Montecarlo siano migliori di quelle italiane, però non si può negare che affacciarti dalla grata sulle strade che poi ospitano il gran premio di formula uno, fa “troppo figo”. Per quanto riguarda le attività passate, la biografia un po’ più terra-terra del Grassia vanno sicuramente ricordate le inchieste risalenti una al 2000 e l’altra più recente al 2015. Fu la Direzione Investigativa Antimafia di Napoli, a dare esecuzione al decreto di sequestro beni emesso dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere  ai suo danni. Il Tribunale sammaritano aveva emesso il provvedimento accogliendo una proposta per l’irrogazione della misura di prevenzione personale e patrimoniale formulata dal Direttore della D.I.A.. L’uomo, imprenditore edile aversano, nel giugno del 2000 fu anche tratto in arresto in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, perché appartenente all’associazione per delinquere di tipo camorristico con il compito di fornire continuo appoggio logistico agli affiliati, di nascondere armi, di riscuotere i proventi delle estorsioni, di reinvestire gli illeciti proventi delle attività del sodalizio.

I collaboratori di giustizia, concordemente, lo hanno descritto come imprenditore organico al clan dei casalesi, fazione Zagaria, particolarmente attivo nella riscossione di tangenti e reinvestimento degli illeciti proventi. A riguardo, l’operazione che nel contesto di questa attività di abile riciclatore, svolta da Grassia risale agli anni novanta, quando acquistò un complesso immobiliare, l’ex “fabbrica Della Volpe”, sito in Aversa: le indagini del tempo ne accertarono l’acquisto per un prezzo nettamente inferiore al valore di mercato. Francesco Grassia non è stato attivo solo nel settore dell’edilizia, infatti, in quegli anni, insieme ad altri appartenenti all’organizzazione criminale di riferimento, importava armi di vario tipo dalla ex Jugoslavia, lunghe ed esplosivi (tra cui fucili a pompa, bombe a mano e mitragliatori silenziati). I beni che finirono sotto chiave furono fabbricati, partecipazioni societari aventi sede od ubicati principalmente nella provincia di Caserta, nonché diversi beni mobili e rapporti finanziari nella disponibilità diretta e indiretta del predetto, per un valore complessivo di circa 11 milioni di euro.