AVERSA. La consigliera comunale Federica Turco prima parcheggia in uno stallo per disabili e poi dice al vigile: “Lei non sa chi sono io”

18 Marzo 2022 - 17:32

L’episodio si è verificato stamattina. Una traccia dello stesso, non contenente però il nome della persona coinvolta, è stato pubblicato, a firma di Nicola Roselli, dal sito “Pupia”. Di qui il nostro intervento finalizzato a completare l’informazione e a sviluppare un ragionamento e delle considerazioni che prendono spunto dalle interessanti valutazioni personali esposte dal citato collega

 

AVERSA (G.G.) – L’articolo pubblicato stamattina sul sito “Pupia” dal collega Nicola Rosselli è ineccepibile se non per un non trascurabile particolare: avendo la certezza matematica dell’identità della consigliera comunale coinvolta in un classico caso di “Lei non sa chi sono io”, ha ritenuto di non dover rivelare il suo nome.
Rosselli è una penna storica anche de “Il Mattino” e la forma con cui redige i suoi articoli è senz’altro apprezzabile perché di questi tempi trovare persone che scrivano bene non è la cosa più facile del mondo, anche, purtroppo, all’interno dei giornali.
Rosselli, però, essendo uno storico collaboratore del quotidiano napoletano che proprio qualche giorno fa ha compiuto 130 anni (portati decisamente male), è afflitto da una deformazione professionale.

Essendo quello un giornale ormai scadutissimo perché in questi ultimi anni, a differenza del passato, gli organi di informazione, con tutta la concorrenza che c’è, pagano dazi altissimi alle necessità dell’autocensura e della tutela servile seppur ridotta al minimo, di grandi e piccoli potentati, quel nome non è uscito pur lasciando capire in ogni riga del suo articolo, l’ottimo Rosselli, di conoscerlo con certezza.
D’altronde, trovare una spiegazione razionale a queste autolimitazioni non è la cosa più semplice del mondo se le si vuole cercare dentro ai codici, alle norme, o anche dentro al Codice Deontologico dei Giornalisti.
Se il collega non avesse avuto certezza, non avrebbe speso la sua firma, indubbiamente autorevole nella piazza aversana, per descrivere minuziosamente l’episodio accaduto stamattina.
Difficile trovare una ragione nei codici perché, tutto sommato, quando un giornalista scrive che un consigliere comunale, titolare cioè di carica e funzione pubbliche, ha parcheggiato nello stallo riservato ai disabili, non compie nessun reato di lesa maestà.
Al contrario, se quel nome non lo fa, finisce per ridimensionare o addirittura neutralizzare la carica e l’efficacia della sua denuncia, condita, tra le altre cose, di comprensibili e in larga misura condivisibili considerazioni censoree.

Da una parte si censura il comportamento di un rappresentante del popolo sovrano, dall’altra parte ci si autocensura non completando l’informazione con la declinazione del nome di chi si è reso responsabile di questa azione non proprio edificante, consegnando l’ottimo lavoro giornalistico svolto ad un non proporzionato chiacchiericcio provincialotto riservato ai soli addetti ai lavori.

E allora tranquilli, sopperiamo noi.
Lo facciamo perché, pur avendo scelto di non tornare in maniera articolata su notizie di altri giornali, la possibilità che ci viene offerta su un piatto d’argento da Rosselli e dagli amici di “Pupia” è troppo invitante.
Per cui, abbiamo operato le nostre verifiche, i nostri riscontri, e dunque siamo in grado di rinnovare la notizia rendendola originale, a suo modo esclusiva: la consigliera comunale che stamattina ha parcheggiato in uno stallo riservato ai disabili, al punto da guadagnarsi una equa, giusta contravvenzione comminatale da un vigile urbano di Aversa, è Federica Turco, titolare di un seggio da poco introitato all’indomani dell’ingresso di Francesco Sagliocco nella giunta comunale, per effetto del ribaltone di cui abbiamo scritto decine e decine di volte.

Rendere noto il nome del titolare di una pubblica funzione, perché il soggetto in questione è prima di tutto un consigliere comunale pro-tempore e solo in un secondo momento la signora Federica Turco, non vuol dire emettere una sentenza definitiva di colpevolezza.
Né la diretta interessata si può lamentare più di tanto, visto e considerato che è normale, meglio ancora sarebbe dire è doveroso, che un episodio del genere, il quale coinvolge il depositario di un mandato democratico, diventi argomento di trattazione giornalistica.

L’articolo di Nicola Rosselli è molto duro, nel momento in cui informa anche della reazione della consigliera comunale, la quale, per l’appunto, avrebbe regalato un moccolo al vigile urbano, che ha fatto solo il suo dovere, del tipo “Lei non sa chi sono io”.
Beninteso, questo è un antico vizio italiano ed italiota e non è un caso che un grande conoscitore e spietato interprete dei vizi del nostro Paese, Alberto Sordi, abbia deciso di farci un film nel 1960, con regia di Luigi Zampa, ultima apparizione del grande Mario Riva (l’uomo del “Musichiere” e non solo) prima che una banale caduta da un palcoscenico lo uccidesse, dopo dieci giorni di agonia, lasciando sgomento l’Italia intera.

Anche in quel film esiste un vigile che, in totale buona fede e talmente preso dal suo ruolo e dall’autorevolezza della divisa che indossa, propina multe senza guardare in faccia a nessuno, senza però mai abusare del suo potere, infliggendole anche al sindaco del Comune in cui lui stesso lavora.
Risparmiandovi l’epilogo in agrodolce di quel film, vi diciamo che tutto sommato, a 62 anni di distanza, non ci stupisce che una consigliera comunale, peraltro ancora relativamente giovane, getti in faccia al vigile la presunta autorità della propria carica.

Non ci stupisce perché, con il dovuto rispetto per la persona, si tratta di Federica Turco.
In altri casi simili a questo, ce la siamo cavata con una solenne e salvifica pernacchia.

Nella circostanza in esame, è invece proprio il collega Rosselli a fornirci uno strumento di ulteriore analisi, attraverso un breve ragionamento così articolato: lei – osserva il giornalista de “Il Mattino” e di “Pupia” – cara consigliera comunale, vive un momento di grazia dopo aver raggiunto l’obiettivo, molto raro di questi tempi tra i suoi coetanei, di un posto di lavoro molto solido e per di più a un passo da casa.
In molti dicono che ciò sia dovuto alla politica e alla sua ennesima manifestazione clientelare, anche se io non ci credo considerandola una persona valida.
Detto ciò – è sempre Rosselli a esprimere questo auspicio – questa gratificazione faccia in modo che lei possa rinunciare serenamente all’attività politica, alla funzione di rappresentante del popolo, perché un fatto come quello di stamattina, dimostrano che lei non è adatta e forse non è neppure matura per un impegno pubblico fondato sulla consapevolezza della missione volta al bene comune.

Rosselli è persona elegante e dunque ha saputo trovare le parole giuste per mantenere sotto controllo il livello delle sue considerazioni.
Noi non abbiamo lo stesso carattere e quindi, come abbiamo fatto più volte nei confronti dell’avvocato Federica Turco, potremmo, anche nella parte finale di questo articolo, reiterare l’utilizzo del nobile strumento retorico dell’invettiva.
Ma non lo facciamo e, per una volta, rispettiamo la linea che gli anglosassoni definirebbero dell’understatement, del profilo basso, al massimo misurato.
Diciamo che questa persona non si chiami Federica Turco ma Adalgisa Furiacavallodelwest.

Nel momento in cui Adalgisa ripaga un vigile urbano con la frase simbolo dei parvenue “Lei non sa chi sono io“, chiedendogli poi se pari solerzia e pari attenzione abbia dimostrato anche in casi speculari, in cui altre persone hanno parcheggiato auto nelle piazzole dei disabili, siamo sicuri che la mentalità, la ragion d’essere, il retroterra, tornando agli anglosassoni il know-how da cui, fiorisce, si fa per dire questa reazione, ci possa far confermare quello che Rosselli, magari retoricamente, magari ironicamente, afferma nel suo articolo, e cioè che il posto di lavoro incrociato da Federica Turco, pardon da Adalgisa, sia frutto di un processo meritocratico?

O invece almeno balena il dubbio, nel cervello di chi osserva e racconta episodi come questo, che la modalità, le parole, la ricerca di una ragione che, badate bene, è finalizzata a mettere in secondo o terzo piano l’apparentemente banale ma in realtà odiosa pratica del parcheggio scippato ad un disabile, non si leghi, in un unico filo rosso, ad una modalità non precisamente ortodossa, comunque legata all’intervento politico e non alla meritocrazia, grazie alla quale Federica Adalgisa Turco ha vinto, quasi contemporaneamente, non uno ma due concorsi?

Possiamo affermare, come detto prima, che coinvolgendo questa storia Federica Turco, non si possa escludere una connessione concettuale, forse addirittura antropologica, tra la stessa e la conquista dei due concorsi, grazie ai quali ha raggiunto prima l’assunzione al Comune di Santa Maria Capua Vetere per effetto della maxiprocedura concorsuale attivata dalla Regione Campania, e successivamente quella, per cui poi ha optato, di impiegata all’Asl Napoli 1, dove ha tutta l’intenzione di far carriera.

Non sottovalutate questi ragionamenti.  Non è detto, infatti, che chi esce la mattina e la prima cosa che fa, dopo aver sbriciato, ammesso e non concesso che non lo sappia già, se sia stato impiantato o meno un photored, viola due o tre semafori rossi o per l’appunto va a parcheggiare in sosta vietata o dentro a uno stallo dei disabili, non prosegua la sua giornata andando a truccare una gara d’appalto o andando ad alterare il corso regolare di un concorso pubblico.
Può darsi pure che questa relazione non si sviluppi. Ma una cosa è sicura.
Chi non si è fermato ai semafori, chi ha occupato illegalmente lo stallo per disabili, ha molta più attitudine a praticare scorciatoie e anche, ce lo conceda l’avvocato Turco, a realizzare ribaltoni portando al potere i voti  al contrario acquisiti per rappresentare la minoranza del popolo sovrano e la sua alta funzione democratica.