AVERSA. Sorella dell’ex sindaco De Cristofaro e vergine consacrata non paga l’affitto da 240mila euro alle suore per una Rsa. La Procura di Roma apre un’indagine

17 Maggio 2022 - 11:28

La notizia è stata riportata qualche giorno fa dal quotidiano Il Messaggero e noi siamo riusciti a ricostruire l’identità della persona che al momento è solo una delle due parti in lite

 

 

AVERSA (G.G.) – Sarà anche una suggestione, dettata dall’esercizio quotidiano di un lavoro che ci porta ad incrociare un numero cospicuo di fatti, di situazioni, che vanno ad imprimersi nella nostra memoria e in grado di riemergere, ogni volta, come un’evocazione il cui richiamo estendiamo, sovrapponendolo alla realtà.

Sarà questo, ma una volta dichiarato il fatto che non sia improbabile che ci stiamo bevendo il cervello, la dobbiamo scrivere questa cosa: il casertano, ma soprattutto l’autoctono dell’agro aversano, ha un’attitudine straordinaria, unica al mondo nel suo genere, nell’elaborare, pianificare, nell’organizzare operativamente e nel realizzare la trastola.

Poi, come accadeva alla famosa carta igienica di un antico spot, esistono almeno 10 piani di…morbidezza. In questo caso di scaltrezza.

Esiste la trastola a mano armata, quella molto spesso blindata dal potere intimidatorio di un clan camorristico, esiste la trastola degli avvocati accattoni, quella delle fatture carosello, costruita arricchendo ulteriormente la categoria dei notai, chiamati ad un lavoro serrato e stressante di costituzioni di nuove società che si accumulano una sull’altra.

Questo nostro ragionamento prescinde anche da una caratterizzazione morale più ampia degli autoctoni agro aversano. Nel senso che alcuni di loro fanno anche opere di bene (non esageriamo, qualche opera di bene) cedendo alle emozioni. Ma mentre con una mano danno dieci, con l’altra tentano di prendere cento.

Che si tratti di una questione di tipo socio-antropologico è dimostrato dalla trasversalità del fenomeno.

Questi qua fanno la loro vita.

In tanti arrivano anche ad occupare prestigiose occupazioni professionali. Sono medici, architetti, infermieri, sacerdoti, suore, e onestamente questa ci mancava, vergini consacrate.

Donne che pur non prendendo i voti scelgono di vivere nella castità con tanto di certificazione e legittimazione del Vaticano.

La sorella dell’ex sindaco di Aversa Domenico de Cristofaro, detto Enrico, coinvolto qualche anno fa nella nota vicenda giudiziaria denominata “The Queen” sui presunti affari sporchi tra politici e imprenditori sotto l’egida della camorra, ha raggiunto la nobiltà di questa purezza.

Essere una vergine consacrata permette di entrare in contatto con i conventi, con gli ordini religiosi formalizzati e codificati, insomma con un mondo spirituale che però, esercitando il proprio rapporto di fede testimoniata e totalmente votata, ha la necessitò di vivere dentro al secolo, spesso a contatto con quel “mondo di fuori” che, oltre che di preghiere, ha bisogno di essere tenuto incrociato.

La chiesa e le sue tante diramazioni sono state sempre spirito e sostanza, anima e materia. In verità, un tempo, più materia che anima, ma anche oggi i patrimoni di proprietà sono tantissimi ed enumerabili con in elenchi quasi infiniti e indefiniti.

E allora, ci sono le stimmate del dolore, della sofferenza, ma ci sono anche quelle delle attitudini, e non c’è dubbio che l’homo aversanus e la femina aversana sono attraversati dalla grazia del business.

Ma siccome business non si sposerebbe, sulla carta, con la testimonianza spirituale, anche con quella di una donna senza voti, ma che ha donato la sua verginità a Dio, occorre orientare le stimmate, le attitudini, questa sorta di specialità della casa, a fin di bene.

Non si è capito bene ancora, al riguardo, stando a quel che scrivono i giornali romani in questi giorni, se l’attività della vergine consacrata e sorella dell’ex sindaco di Aversa sia stata finalizzata al bene e votata alla causa della buona assistenza garantita alla Congregazione Figlie di Nostra Signora del Sacro Cuore di via Cardinal Pacca in Roma.

Dal 2013 vede la sua struttura comparire nell’elenco di quelle accreditate e finanziate dalla Regione Lazio come Rsa.

Da quel che si legge da un, in verità, un po’ caotico articolo pubblicato da “Il Messaggero”, si capisce che sin da allora la vergine consacrata De Cristofaro operasse, con funzioni di gestione amministrativa, all’interno di questa Rsa, incaricata dalle suore del Sacro Cuore.

Non si riesce a stabilire come l’aversana abbia acquisito l’incarico di procuratrice della struttura sanitaria. L’articolo parla di una procura generica, non ulteriormente specificata.

Il che non ci permette di capire quali fossero gli effettivi poteri che la vergine normanna potesse effettivamente esercitare.

Sempre nell’articolo viene ventilata, però, l’ipotesi che questa procura sia sta acquisita senza il placet della Madre Generale, della Superiora e del Consiglio, che a dirla così fa capire che anche la più alta spiritualità avrebbe il problema di confrontarsi con le regole dello Stato Laico a cui si richiamano quelle delle ampie e potenti aree amministrative del Vaticano, delle diocesi e degli ordini monastici e monacali.

A dire il vero, questa storia della procura farlocca o illegittima sembra essere saltata fuori solo oggi, visto che dal 2013 al 2018, nell’arco di 5 anni, le suore non hanno sollevato il problema della legittimità del titolo della De Cristofaro.

Proprio nel 2018, invece, tra un Ave Maria e un Salve Regina, hanno scoperto l’importanza di una calcolatrice e si sono accorte che, nonostante l’accreditamento e, riteniamo, di fronte alla constatazione di una Rsa che ben funzionava, in cassa non c’era un solo euro.
A questo punto hanno rivolto il loro sguardo in direzione della procuratrice la quale, però, mentre le suore “si facevano capaci”, aveva capitalizzato – il termine non è casuale – il famoso marchio di fabbrica dell’aversan business.
Il 7 febbraio scorso, la procuratrice comunica a seguito di reiterate richieste formulate dalle suore, di aver finalizzato l’affitto a una società a lei riconducibile.
Un’operazione molto spinta, molto ardita, che ci porta a ritenere che la vergine abbia agito con il titolo di procuratore speciale, che sostanzialmente significa avere carta bianca.

E siccome l’aversan business presuppone di avere un notaio costantemente nel proprio taschino, la sorella di De Cristofaro, in maniera poco virginea, ha costituito una società, una di quelle cose messe in opera da uomini e donne che voto di castità non lo farebbero neppure sotto tortura.
A questa società è stato ascritto il fitto. Non una somma di poco conto, ma ben 240mila euro annui che, evidentemente, questa società avrebbe dovuto versare nelle casse della struttura monastica per l’utilizzo degli spazi a disposizione delle attività della Rsa.

E qui, la nostra ha riscoperto all’improvviso la virtù della carità: niente soldi, niente ricchezze, niente bonifici.
Cosa ci dobbiamo fare col vil quattrino se cenere ritorneremo?

E allora, invece dei soldi io vi assisto, facendolo diventare un corrispettivo totalmente sovrapponibile ai 240mila euro, le suore ultranovantenni curate dalla Rsa con qualche benefit in più, visto e considerato che se sono tante ad aver superato questa magnifica età, in quel convento si vive bene nel corpo e nello spirito.

La vicenda è divenuta pubblica allorquando la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma ha aperto, attraverso il Pm Francesco Basentini, un fascicolo contro ignoti.
Al momento, dunque, non ci sono indagati.
Per cui non è ancora in discussione lo status giuridico e giudiziario della vergine consacrata di Aversa.
Diverso è il discorso per quel che riguarda l’aspetto morale, su cui si può giù spingere in considerazione di quello che la donna ha scritto nella sua comunicazione del 7 febbraio.
San Francesco d’Assisi e Santa Rita da Cascia non l’avrebbero presa bene, questa vicenda.
Ma non avremo mai la controprova sul fatto che il fraticello di Assisi che dette dignità e prestigio alla chiesa spirituale vagando per l’Italia e imbattendosi nei sentieri di Aversa e dintorni, non fosse ricaduto nella tentazione secolare tornando a fare quello che aveva già fatto da giovanissimo, prima di spogliarsi spiritualmente, ma anche fisicamente, dei panni della ricchezza mondana.