BARDELLINO E’ VIVO. Stavolta, però, lo sospetta la Dda che indaga

27 Luglio 2023 - 11:11

Uomini della Squadra Mobile in azione in questi giorni, dopo che una foto sequestrata dodici anni fa a casa di Angelo Bardellino, figlio di Ernesto, ex sindaco di San Cipriano e fratello del boss, è stata analizzata dalla polizia scientifica

SAN CIPRIANO DI AVERSA – Il cadavere di Antonio Bardellino non è stai mai ritrovato e il segreto relativo al destino del suo corpo se n’è andato insieme alla vinta del presunto assassino, Mario Iovine detto Marittiello, partito dall’Italia verso il Brasile dopo essere stato caricato a molla dalle parole degli allora giovani capi di un clan dei Casalesi già in grande ascesa ma che aveva il problema di eliminare il boss dei boss riparato in Sud America in quanto, dopo la grande guerra con la Nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo, vinta o pareggiata, questioni di punti di vista e di interpretazioni storiche, riunendo tutti i vecchi clan della Campania sotto il marchio di un’unica federazione chiamata Nuova famiglia che aveva proprio in Bardellino e nel nolano Carmine Alfieri le sue punte di lancia.

Soprattutto in estate affiora sempre qualcuno che giura di aver visto da qualche parte qualcuno che assomiglia ad Antonio Bardellino e, visto che il corpo non è stato mai trovato ed è stato impossibile eseguire un test del den, si tratta di un’ipotesi da non scartare, nonostante la legge abbia messo sentenze definitive che considerano e hanno fatto passare in giudicato la scomparsa del boss di San Cipriano come un omicidio a cui seguì, a pochi minuti di distanza dalla comunicazione dell’avvenuto delitto, arrivata dal Brasile, l’assassinio di Paride

Salzillo, nipote e temuto erede di Bardellino, attirato in una trappola da Francesco Schiavone Sandokan, ucciso a sangue freddo con una corda alla presenza di tutti i rampanti del clan dei Casalesi che di lì a poco avrebbero dominato la scena sotto l’egida dello stesso Sandokan e un passettino indietro rispetto a lui, cioè Francesco Bidognetti, Cicciotto e’ Mezzanotte, arrestato nel 1991, Antonio Iovine O’Ninno, arrestato nel novembre 2010 dall’attuale capo della polizia, al tempo al comando della Squadra Mobile di Napoli, Vittorio Pisani, passato poi da boss a collaboratore di giustizia, e poi Michele Zagaria, l’ultimo dei quadrunviri dei capi del clan dei Casalesi a guadagnare una cella del 41 bis nel dicembre 2011.

Solitamente, Antonio Bardellino compare nei giornali nel mese del solleone, ovvero quando le notizie scarseggiano.

Stavolta, però, ci sarebbe qualcosa in più del semplice romanzo estivo da fruire sotto l’ombrellone. C’è una fotografia che ha suscitato la perplessità e anche l’attenzione di due magistrati importanti e autorevoli: Rosa Volpe, che nella lunga vacatio della Procura di Napoli, susseguente alla nomina di Giovanni Mellilo al vertice della Direzione nazionale antimafia subito dopo il pensionamento di Federico Cafiero De Raho, ha ricoperto la carica di facente funzioni; e quelle di Vincenzo Ranieri, da anni impegnato in inchieste sulla camorra casertana nei ranghi della Direzione distrettuale antimafia, sezione specifica e specializzata che si muove sotto l’egida della Procura partenopea.

Un’immagine che ritrarrebbe un uomo a mezzo busto, di spalle, fotografia sequestrata in casa al momento dell’arresto di Angelo Bardellino, figlio di Ernesto e nipote di Antonio, e che risulterebbe essere una foto di famiglia.

Perché Latina è presto detto per i non addetti ai lavori, visto che gli addetti ai lavori lo sanno benissimo. Quando Sandokan, Zagaria, Iovine e Bidognetti dettero per certa, acquisita la morte di Antonio Bardellino, a cui aggiunsero quella di Paride Salzillo, alla famiglia del boss di San Cipriano e agli adepti del suo clan, sopravvissuti agli omicidi a raffica che il clan dei Casalesi associò alla trasferta in Brasile di Mario Iovine, fu presentato un ragionamento molto semplice: o ve ne andate da qui, cioè da Casale, San Cipriano, Casapesenna eccetera, oppure vi ammazziamo tutti.

Naturalmente, Ernesto Bardellino, fratello di Antonio e braccio politico della famiglia, essendo stato anche sindaco del PSI di San Cipriano (celeberrima la sua passeggiata con l’allora segretario nazionale dei Socialisti Bettino Craxi lungo il corso della città), accettò il diktat e andò in esilio, superando quasi simbolicamente il ponte sul Garigliano, stabilendosi tra Formia e Gaeta, dove cominciò a gestire piccole attività criminali a partire dai videopoker, continuate da suo figlio Angelo.

Le notizie che filtrano dagli ambienti Dda lasciano intendere che si tratta di una foto sequestrata nel 2011. Non si capisce, però, chi avrebbe scattato la foto – ma questa la polizia lo sa -, ma anche se il mezzo busto stazionasse nei pressi della questura di Latina o dove Angelo Bardellino fu portato.

Questa fotografia è stata relegata nei cassetti degli archivi fino a qualche giorno fa, poi una serie di intercettazioni relative a telefonate e corrispondenze email e i dati emersi da alcuni indagini di polizia giudiziaria l’hanno in pratica riesumata.

Quel mezzo busto è finito nei laboratori della polizia scientifica, la quale si sarebbe pronunciata affermativamente su una sua compatibilità con i tratti della fisiognomica di Antonio Bardellino, ovviamente proiettati 25 anni dopo rispetto al tempo delle ultime fotografie che lo ritraggono a metà degli anni Ottanta.

E fin qui si ferma la storia di questi giorni. Poi ci sono le citazioni storicizzate, come quelle più volte pubblicate dai giornali e fatte Giuseppe Favoccia, uomo dei Bardellino nell’area del Sud Pontino il quale ha dichiarato più volte di aver visto vivo il patriarca criminale, accompagnando la figlia a New York e, addirittura, lo stesso Antonio Bardellino avrebbe partecipato ad un matrimonio di uno dei figli a San Cipriano nel 2010.

Naturalmente, come abbiamo sempre fatto negli anni, seguiremo quello che è stato un vero e proprio tormentone. Lo seguiremo perché, non essendo mai stato trovato il cadavere del superboss e pur avendo la legge – ripetiamo – sancito che Antonio Bardellino è stato ucciso, è giusto dare dignità e coltivare quello zerovirgola di possibilità che il boss possa essere ancora vivo.