Raffaele Cantone “acchiappa” a Perugia la prima super impresa edile connessa al CLAN dei CASALESI

29 Luglio 2021 - 13:30

A capo dell’ufficio umbro c’è da qualche mese uno dei magistrati con più esperienza avendo svolto la funzione di pubblico ministero per tanti anni alla Dda di Napoli, dove si è occupato quasi sempre dei clan del nostro territorio, prima di andare ad occupare la carica di responsabile dell’Anticorruzione, spessissimo impegnata a mettere a fuoco le relazioni tra economica criminale e politica

 

CASAL DI PRINCIPE (g.g.) Non si annunciano come agevoli così come tutto sommato sono state fino ad oggi, i prossimi tempi in cui le tante, ma proprio tante imprese casertane e napoletane trapiantatesi in Umbria, soprattutto nella zona di Perugia, hanno sicuramente intenzione di conservare e sviluppare attività lucrose avviate da qualche lustro a questa parte.

Com’è noto, a guidare quello che una volta si chiama Ufficio Istruzioni, oggi semplicemente Procura della Repubblica, è arrivato Raffaele Cantone, che i camorristi della Campania e tutte le loro connessioni con i colletti bianchi, con imprese apparentemente insospettabili, li conosce come le sue tasche, essendo stato uno dei protagonisti, nei primi anni 2000, della lotta alla criminalità organizzata nella nostra provincia, a partire da quella mondragonese del clan La Torre e proseguendo con le relazioni tra soggetti vicini al clan dei casalesi e politici locali.

A questo, Cantone ha aggiunto l’esperienza maturata nei non pochi anni vissuti da capo dell’Anac, che sta per Associazione Nazionale Anticorruzione, che spesso e volentieri è intervenuta proprio nel settore delicatissimo tra il sistema politico, con potestà sui grandi appalti, e il sistema criminale che si muove ancora dietro alle quinte di imprese apparentemente insospettabili.

Insomma, a Perugia non c’è bisogno di un archivio o di una consultazione compulsiva dei motori di ricerca: Raffaele Cantone che ha assunto la sua carica in un momento storico complicatissimo per la procura umbra che ha molto contribuito a far esplodere il caso-Palamara e delle presunte toghe sporche, è un archivio vivente. Dunque, non è improbabile che questa impresa umbro-casertana, oggetto di un provvedimento di sequestro, i cui dettagli si possono apprendere dall’articolo di cronaca che pubblichiamo in calce a questa premessa, fosse impressa nella memoria di Cantone.

Era stata raggiunta tempo fa da un’interdittiva antimafia neanche poi tanto sfumata, visto che evidenziava i rapporti tra l’amministratore e il legale rappresentante con ambienti connessi al clan dei casalesi.

Se avremo la possibilità cercheremo di mettere a fuoco l’identità di questa impresa.

QUI SOTTO L’ARTICOLO DI CRONACA

Avrebbe indebitamente ottenuto contributi a fondo perduto previsti dai provvedimenti d’urgenza emanati dal Governo per fronteggiare l’emergenza legata al Covid 19, per un importo pari a 17.838 euro, una societa’ con sede legale ed operativa, fino al dicembre del 2019, in provincia di Perugia – successivamente, trasferitasi a Caserta – nei cui confronti era stato emesso un provvedimento interdittivo antimafia: per questo motivo militari del nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza di Perugia hanno dato esecuzione, su delega della locale procura, ad un decreto di sequestro preventivo nei confronti dell’unico socio nonche’ amministratore della societa’, di origini campane, operante nel settore edile.

Il contesto trae origine dagli accertamenti avviati, d’iniziativa, nei confronti dei soggetti esercenti attivita’ d’impresa e di lavoro autonomo, titolari di partita Iva, beneficiari dei contributi previsti dai provvedimenti d’urgenza emanati dal Governo. In particolare, l’attenzione delle fiamme gialle si e’ incentrata sulla verifica dei requisiti, richiesti dalle disposizioni normative, per l’accesso alle provvidenze a fondo perduto, concesse ai sensi dell’articolo 25 del decreto legge “Rilancio” del 19 maggio 2020 e dai successivi decreti “Ristori” e “Ristori-bis”.

Nel corso delle attivita’ ispettive, e’ emersa la posizione della societa’ che, nello scorso aprile ha ottenuto il pagamento del contributo. Gli approfondimenti investigativi hanno evidenziato – spiega la procura – che la stessa non avrebbe potuto accedere al beneficio economico, in quanto gia’ destinataria del provvedimento interdittivo antimafia, emesso dalla prefettura di Perugia, nel maggio del 2017, sulla base degli elementi informativi, acquisiti dai finanzieri del Gico e dal Gruppo provinciale interforze, “circa la contiguita’” dell’unico socio nonche’ amministratore della societa’ ad ambienti della criminalita’ organizzata riconducibili, in particolare, al clan camorristico dei Casalesi.