CAMORRA & APPALTI NEI SERVIZI SOCIALI. C’era anche il parroco di Casale don Carlo Aversano tra i soci fondatori del consorzio Agape di Lagravanese, Capriglione e co. TUTTI I NOMI DEGLI ALTRI 7 PIONIERI

30 Maggio 2022 - 21:34

C’era Sofia Flauto, al tempo moglie di Lagravanese, il commercialista Grassi e poi tanta densità casagiovese, secondo noi solo figurativa. E anche un bel po’ di Mondragone

CASAL DI PRINCIPE (g.g.) – Fino ad oggi non abbiamo mai speso parole sulla denominazione scelta per il consorzio Agape. Non l’abbiamo fatto perché, parlando di vil moneta, ci sembrava improprio metterci a scrivere di cose che con l’approccio, con l’identità chiaramente speculativa, chiaramente volta e rivolta al business di questo consorzio, non c’entrano nulla. Abbiamo pensato che probabilmente qualcuno, un nome a caso Luigi Lagravanese, aveva chiesto la consulenza per ammantare di nobiltà culturale quelle intenzioni che sin dall’inizio c’entravano con tutto, ma non proprio con la cultura.

Leggendo, però, la prima formazione del consorzio Agape, cioè il nome dei primi otto fondatori-sottoscrittori che nel maggio 2000 lo costituirono, con un capitale sociale da 24 milioni di lire, forse abbiamo capito da chi venne fuori l’idea del nome: tre milioni di lire, dunque 1/8 del capitale, vennero sottoscritti dalla cooperativa Sollievo, rappresentata nell’assemblea consortile dal sacerdote e parroco di Casal di Principe don Carlo Aversano. 

Un religioso indubbiamente preparato come lui ha potuto ben scegliere la denominazione, collegata ai conviti o convivi dei primi cristiani i quali dovevano essere molto attenti a non farsi scoprire, per evitare di essere uccisi dagli imperatori pagani. Comunque se da un lato c’è di mezzo il nobile riferimento al cristianesimo delle origini, non si può non rimuginare con un sorriso al fatto che sempre

di banchetto, seppur rituale, si trattasse.

Dunque, Agape era faccenda di cristiani che si riunivano per mangiare.

Ora, noi non sappiamo se i vari Lagravanese, Capriglione e compagnia siano stati o siano dei buoni cristiani. Sappiamo, invece, che nel mangiare hanno pochi eguali.

In conclusione di questo breve articolo andiamo a ricostruire la prima visura, la storica tra le storiche del Consorzio Agape. Dunque, don Aversano, la cui presenza avvalora quello che si dice a Casal di Principe, che avrebbe alimentato lo stesso Lagravanese nel momento in cui ha indicato in don Carlo una sorta di maestro, colui che lo ha instradato e gli ha insegnato i primi rudimenti riguardante l’esercizio dei servizi sociali. L’ingresso, invece, di Pasquale Capriglione, che nel primo CdA fu nominato vice-presidente, avvenne attraverso una sua cooperativa che si chiamava Speranza. E mai speranza, aggiungiamo noi, si avverrò come quella del Capriglione.

Il nome di Lagravanese formalmente non compare nella titolarità delle coop fondatrice, ma la sua presenza e il suo ruolo evidenti perché evidenziati per la presenza tra i soci fondatori della coop Eco, che abbiamo incontrato tantissime volte nei giorni scorsi, raccontando dell’indagine della Dda e della Squadra Mobile e di cui è titolare l’indagata Sofia Flauto, al tempo ancora moglie e ora ex consorte di Lagravanese, divenuta un personaggio molto inserito nelle stanze del potere della Regione Campania grazie al suo rapporto diretto e strettissimo che la lega all’attuale assessore ai Servizi Sociali e all’Istruzione, Lucia Fortini, stra-pupilla del governatore Vincenzo De Luca.

Altro pioniere del consorzio Agape è Massimiliano Grassi. Anche lui, il commercialista di San Cipriano d’Aversa, coinvolto e poi assolto in altre indagini relative alle attività del boss Antonio O’Ninno Iovine, sottoscrive la quota di 3 milioni di lire attraverso la cooperativa Punto H, cioè quella che assume, fra le trecento e passa persone a cui ha trasmesso reddito il consorzio, anche Clelia Nappa, sorella di Giuseppina Nappa, dunque cognata di Francesco Sandokan Schiavone e zia diretta di Nicola Schiavone jr., cioè di colui che da collaboratore di giustizia ha delineato nella figura di Lagravanese uno dei fulcri dell’infiltrazione del clan dei Casalesi all’interno del grande filone di spesa pubblica dei Servizi Sociali.

I nomi degli altri fondatori, almeno da una loro lettura superficiale, ci dicono poco. Dunque, è necessario un approfondimento per stabilire eventualmente se in Agape rappresentassero gli interessi di qualcuno o di qualcuna. Sempre 3 milioni di lire a testa sottoscrissero, al riguardo, la coop Sessana di Gennaro D’Ambrosio, insegnante di Mondragone, Condividere di Erminia Cepollaro, nata a Napoli ma acquartierata nel comune divenuto una sorta di city dei servizi sociali casertani, cioè Casagiove, e che, badate bene, diventa la prima presidente e prima legale rappresentate di Agape. Infine, segnaliamo la coop Araba Fenice, anche questo, più che un nome una previsione su quello che sarebbe stato questo gruppo di allegroni, di Catia Micco, impiegata nativa di Napoli ma con la cooperativa ubicata in quel di Mondragone; e ottava sottoscrittrice la coop Insieme, con sede (naturalmente) a Casagiove, rappresentata da un operaio, un tal Vincenzo Palladino. Un manovale che, evidentemente, per hobby entrava nei consorzi dei servizi sociali di Casla di Principe, nato a Caserta nel 1971.