CAMORRA&LATTE. Libero, dopo diversi mesi, il funzionario Parmalat di CASAGIOVE: “Non ci sono gravi indizi di colpevolezza”

21 Agosto 2020 - 19:30

CASAGIOVE – Termina, per il momento, l’odissea di Antonio Santoro, funzionario del gruppo Parmalat, residente a Casagiove, che da tantissimi mesi si trovava agli arresti domiciliari in quanto accusato di concorso esterno in associazione a delinquere di stampo mafioso, per aver agevolato, questo l’addebito formulato a suo carico dalla Dda e accolto da un Gip del Tribunale di Napoli, l’attività dei fratelli Filippo e Antonio Capaldo, nipoti del super boss Michele Zagaria e anche di quella Elvira Zagaria tornata in carcere 24 ore fa in Ciociaria a causa di un provvedimento di aggravamento della misura cautelare già in atto.

Nel dettaglio, Santoro avrebbe fatto in modo che i Capaldo, e dunque il clan dei Casalesi, confermasse intatto il suo monopolio nella distribuzione, in provincia di Caserta, dei prodotti del gruppo alimentare, a partire dal latte Berna.

La Corte di Cassazione, qualche settimana fa, aveva annullato con rinvio degli atti ad una sezione del Tribunale del Riesame di Napoli diversa da quella che a suo tempo confermò, al contrario, la misura degli arresti domiciliari, con una sua sentenza impugnata dagli avvocati difensori Angelo Raucci e Nello Sgambato al cospetto dei giudici della legittimità.

Stamattina il Tribunale del Riesame si è riunito e pochi minuti fa ha reso nota la sua decisione: provvedimento cautelare annullato e, particolare tutt’altro che secondario, in quanto in grado di incidere anche nelle successive fasi processuali con una motivazione precisa: mancano i gravi indizi di colpevolezza che rappresentano la base per ogni provvedimento di limitazione cautelare della libertà personale di un indagato.

Insomma, Santoro è completamente libero, non perché, a molti mesi di distanza dall’esecuzione dell’ordinanza Parmalat, non ricorra più nessuna delle tre esigenze che motivano arresti o altri titoli di cautela (cioè pericolo di fuga; pericolo di inquinamento delle prove; reiterazione del reato) ma perché, secondo il Riesame, che ha accolto sostanzialmente ciò che la Corte di Cassazione aveva scritto nel suo dispositivo, non si ravvisa l’esistenza di indizi di colpevolezza.