CAPUA. Gira voce che il sindaco Villani, su dritta della Giacobone e del marito, voglia “far fuori” Carlo Ventriglia. Intanto monta il giallo del presunto verbale per le sedie e i tavolini illegali del bar di famiglia

26 Febbraio 2024 - 09:04

Situazione sempre più incandescente nella stanze del Comune, con un sindaco che sembra sempre più subalterno e soggiogato dai metodi della famiglia Giacobone-Buglione-Zenga, autentici comandanti in capo della città di Capua

CAPUA (g.g.) Al momento si tratta solamente di voci, di indiscrezioni. Di per se, una voce o un’indiscrezione vale come elemento costitutivo di una notizia giornalistica a condizione che venga onestamente presentata come tale, come possibilità, come ipotesi e non certo come fatto acclarato.

Se lunedì mattina, il comandante dei vigili urbani di Capua, Carlo Ventriglia, riceverà una pec in cui gli sarà comunicato il benservito rispetto alla carica che ricopre, allora potremmo dire che queste voci, queste indiscrezioni circolate insistentemente durante la serata di ieri, venerdì 23 febbraio, hanno trovato riscontro in un atto concreto. Diversamente, non potranno essere liquidate come sciocchezze, come invenzioni, messe in giro dai detrattori del sindaco Adolfo Villani e della sua amministrazione, visto che la condizione attuale e fattuale, quella che consiste cioè in concrete vicende, quelle sì acclarate e il più delle volte da noi raccontate, autorizza a pensare che il primo cittadino, ormai sotto il tacco della famiglia Giacobone -Buglione-Zenga possa realmente decidere di rimuovere Carlo Ventriglia dalla carica di comandante dei vigili assegnandola,

nonostante i gravi scivoloni da essa compiuti sulla vicenda delle cartelle pazze per contravvenzioni già pagate giunte nelle case di decine e decine di capuani, e poi sulla buffa contravvenzione-stangata comminata in maniera irregolare al proprietario di un auto non coperta da assicurazione ma regolarmente spostata con un carroattrezzi, all’assistente capo Patrizia De Ruvo, un tempo pupilla degli occhi dello stesso comandante che ne ha determinato la promozione, salvo poi litigarci brutalmente e definitivamente per motivi, a quanto pare, di strettissima tipologia personale.

E allora è arrivato il momento in cui dobbiamo saldare una promessa fatta ai nostri lettori capuani ossia la pubblicazione di una fotografia, scattata nei giorni dedicati ai festeggiamenti del Carnevale, in cui si vede Patrizia De Ruvo, in divisa e dunque in servizio, posare, a nostro avviso molto inopportunamente, insieme alla vice sindaca nonchè assessora ai servizi sociali, professoressa Marisa Giacobone, travestita con un indovinato costume carnascialesco che noi fino ad ora abbiamo definito “da diavoletta”, soffermandoci sulle piccole corna che sporgono dalla testa, ma che in tanti hanno definito un travestimento da topolina soffermandosi invece sui baffi e sulla modalità di trucco del leggiadro nasino. Quella foto è stata, per altro, scattata all’interno del bar di proprietà di Marisa Giacobone e del marito Carmine Zenga, e vi compaiono anche le consigliere comunali Veronica Iorio travestita da Cleopatra (ma di Cesari e di Marchi Antoni in giro non se ne scorgevano) e Loredana Affinito in kimono e parrucca che non ci permettiamo certo di associare al personaggio principale della famosa opera di Giacomo Puccini “Madama Butterfly”

Sempre rimanendo alla fotografia, questa è stata sicuramente scattata prima della fatidica data del 16 febbraio. Fatidica perchè quel venerdì il comandante Carlo Ventriglia, prima di un “opportunissimo” mezzo capitombolo dalle scale del Comune (rigore netto o simulazione di fallo? Qui non basta la moviola ma ci vuole un super var), che lo ha costretto ad uno stop per malattia, avrebbe, in qualche modo, ma di questo aspetto è fondamentale accertare gli elementi formali più che quelli sostanziali, attribuito una direttiva a Patrizia De Ruvo affinchè questa, proprio lei, compisse un accertamento relativo all’occupazione del suolo pubblico proprio da parte del bar di proprietà della famiglia Giacobone- Buglione-Zenga.

Naturalmente, il fatto che la De Ruvo abbia o meno realizzato il suo accertamento è fondamentale in quanto se effettivamente esiste un verbale questo attiva la procedura, prevista dall’ articolo 3, comma 16, della lege 94/2004 la quale disciplina le azioni dei sindaci anche nei casi in materia di illegale occupazione di suolo pubblico, diciamo illegale perchè la questione attiene anche alle norme del diritto penale nella combinazione tra gli articoli 633 e 639 bis Se effettivamente la procedura è partita, ciò avrebbe dovuto già sviluppare la sequenza, un verbale di ispezione (art. 13 l. n. 689/81), un verbale di contestazione, comunicazione all’ente proprietario della strada, in questo caso al Comune, e la comunicazione al Dirigente (o responsabile) dell’ufficio comunale competente per l’occupazione del suolo pubblico e al Dirigente (o responsabile) dell’ufficio commercio ossia il Suap. Dopodichè il trasgressore, cioè la famiglia Giacobone-Buglione- Zenga, avrebbe dovuto o dovrebbe provvedere alla rimozione delle opere abusive a spese del trasgressore. Di fronte ad una inadempienza, dispone, previa diffida, la sospensione dell’attività per un periodo non superiore a tre giorni. A disporlo è l’autorità che ha rilasciato l’autorizzazione, dunque l’ufficio commercio che una volta si chiamava ufficio Annona e che oggi opera sotto alle insegne di Sportello Unico per le Attività Produttive o Suap che dir si voglia.

LE INDISCREZIONI E IL PEZZO CHE MANCA

A parlar chiaro non solo per gli amici ma anche per i latori di indiscrezioni. Questa in particolare manca di un pezzo sicurissimo che magari il latore ha omesso volutamente: l’assistente capo Patrizia De Ruvo, non avrebbe mai, di sua iniziativa, deciso di controllare se il bar Giacobone fosse o meno in regola con le norme riguardanti l’occupazione degli spazi pubblici. Figuriamoci, si tratta di un’amica, diventata amica del cuore così come dimostra la fotografia in cui la De Ruvo non incontra alcun problema ,ripetiamo, a farsi ritrarre, non in borghese, ma, particolare a nostro avviso importantissimo, in divisa ufficiale, proprio nel bar Giacobone una settimana prima della presunta attività di controllo.

Ordunque, se la De Ruvo si è mossa, ammesso e non concesso, ripetiamo ammesso e non concesso che lo abbia fatto, – perchè noi non siamo per niente convinti che l’abbia fatto – ciò è potuto accadere solo e solamente in base ad una direttiva del suo comandante.

Questo giusto per far capire che CasertaCe è un luogo scafatissimo e se qualcuno ritiene di essere tanto intelligente e dritto da riuscire in quello che menti realmente sopraffine, quali De Franciscis, Cosentino, Nicola Ferraro, quelli della pubbliservizi e potentati vari non sono riusciti, se lo togliesse dalla testa.

Aggiunta, dunque, la tessera mancante al mosaico delle indiscrezioni ricevute, andiamo appresso.

Diamo per buona che questa rilevazione ci sia stata e mettiamo che la De Ruvo abbia effettivamente ravvisato e constatato, con tanto di verbale, l’irregolarità degli insediamenti di sedie, tavolini, fioriere e altri impianti davanti al bar Giacobone e sul marciapiede frontale ossia lungo la riviera del fiume Volturno.

LE IRREGOLARITA’ DEL BAR GIACOBONE ESISTONO DA ANNI

Altro breve inciso: siccome in questa storia, come si suol dire “il più pulito ha la rogna” il fatto che il bar Giacobone si sia allargato a dismisura rispetto a quello che consentono le norme lo sanno anche le pietre a Capua, perchè si vede ad occhio nudo. Ciò avrebbe dovuto determinare un controllo, già da tempo, anzi da anni e non solo adesso, Cioè in un tempo in cui “essendosi rotte le giarretelle” (oggi siamo in vena di proverbi vernacolari) si consumano piccole grandi vendette.

Quando scriviamo questa cosa, sappiamo bene che qualcuno potrebbe obiettare in tal modo: siete sicuri, voi di CasertaCe, di conoscere bene la situazione? E se Giacobone- Buglione- Zenga hanno pagato puntualmente le somme della Tosap? No, cari miei, questa domanda la potrebbero formulare solo gli ignoranti in termini di diritto.

Articolo 20 comma 3 del cds, tra le altre cose citato nelle indiscrezioni da noi raccolte. Comma 3 punto 1.  “Sulle strade di tipo A), B), C) e D) e’ vietata ogni tipo di occupazione della sede stradale, ivi compresi fiere e mercati, con veicoli, baracche, tende e simili; sulle strade di tipo E) ed F) l’occupazione della carreggiata può essere autorizzata a condizione che venga predisposto un itinerario alternativo per il traffico ovvero, nelle zone di rilevanza storico-ambientale, a condizione che essa non determini intralcio alla circolazione.”

La zona prospiciente al bar Giacobone va indubbiamente classificata come zona E, cosiddetta “Strada urbana di quartiere,” cioè strada ad unica carreggiata con almeno due corsie, banchine pavimentate e marciapiedi; per la sosta sono previste aree attrezzate con apposita corsia di manovra, esterna alla carreggiata.”

Il fatto che sia una strada di categoria E rende possibile, a certe condizioni, l’occupazione di suolo pubblico con dispositivi finalizzati ad implementare gli affari di negozi commerciali, bar, etc… Assodato ciò, ci trasferiamo dall’articolo 20 comma 3 n 1 allo stesso articolo 20 sempre comma 3 ma stavolta n 3, per affrontare il cuore del problema cioè cosa si può fare su un marciapiede interno ad una strada di categoria E : ” Nei centri abitati, ferme restando le limitazioni e i divieti di cui agli articoli ed ai commi precedenti, l’occupazione di marciapiedi da parte di chioschi, edicole od altre installazioni può essere consentita fino ad un massimo della metà della loro larghezza, purchè in adiacenza ai fabbricati e sempre che rimanga libera una zona per la circolazione dei pedoni larga non meno di 2 m. Le occupazioni non possono comunque ricadere all’interno dei triangoli di visibilità delle intersezioni, di cui all’art. 18, comma 2. Nelle zone di rilevanza storico-ambientale, ovvero quando sussistano particolari caratteristiche geometriche della strada, è ammessa l’occupazione dei marciapiedi a condizione che sia garantita una zona adeguata per la circolazione dei pedoni e delle persone con limitata o impedita capacità motoria.”

In poche parole, non è che la Giacobone va al Suap e sana il problema pagando un tot, quel tot che fino ad oggi forse non ha mai pagato; non è che la Giacobone, ricevuto l’ok del Suap, si rechi agli sportelli della Novares e chiude la partita. Al Suap di Capua infatti dovrebbero conoscere bene il dettato dell’articolo 20 comma 3, soprattutto quello del comma 3 numero 3. Diciamo pure che, con molta generosità, in adiacenza ci siano delle abitazioni, ma il marciapiede che li è molto largo, circa 6 metri, deve essere sgomberato per la sua metà. I tavolini, le fioriere, le sedie, gli ombrelloni, devono insistere nel perimetro dei 3 metri cioè della metà del marciapiede e dentro a questa metà si deve costituire l’imponibile Tosap.

Intanto la Giacobone deve pagare tutto quello che non ha pagato fino ad oggi, perchè è assurdo che un vice sindaco non dia l’esempio ed essere un contribuente corretto e regolare e poi, se vorrà utilizzare gli spazi esterni dovrà farlo non come gli viene in testa o come viene in testa a quel fine dicitore di suo marito, ma nel rispetto integrale delle misure e dei requisiti stabiliti dall’articolo 20 coma 3 n.3. I pedoni non possono fare il dribbling tra i tavolini o essere costretta ad allungare i suoi percorsi perchè i signori Giacobone devono mettere i tavolini anche dentro al fiume.

PUNTO. Più che le beghe e le liti da vecchia suburra, sono queste le cose che premono a CasertaCe. La legge va rispettata da tutti. Nessuno è escluso. Anzi i primi a rispettarla devono essere coloro che rappresentano, con cariche istituzionali, la comunità.

Tra un paio di settimane andremo a dare un’occhiata dalle parti del bar Giacobone. Questa è una promessa e CasertaCe le promesse le mantiene sempre.