CASERTA. Breve biografia del nuovo comandante della “monnezza” casertana. Peppe Izzo: dalle autostrade alla scrivania sindacale. Non c’è un parente che non sia stato assunto in imprese dei rifiuti

25 Luglio 2022 - 21:09

Abbiamo avuto il tempo di ragionare un attimo, andando al di là della semplice questione della figlia o delle rivincite che inizia a prendersi nei confronti di Vallarelli e compagnia. E riflettendo, abbiamo capito che era buono e giusto stabilire una linea di demarcazione tra quelli che sono stati i comportamenti del neo presidente del CdA Isvec e il nostro modo di intendere il rapporto tra imprese e settore pubblico

CASERTA (g.g.) – Certe volte chi come noi si trova a gestire decine e decine di notizie ogni giorno, è portato ad esplorarle ed introitarle velocemente, senza un’adeguata o almeno sufficiente attenzione riflessiva. Non è che non sapessimo, dato che lo avevamo già scritto, che Giuseppe Izzo, Peppe per gli amici, ce lo siamo ritrovati presidente del CdA della Isvec, società controllata dall’ischitano venuto dalle mozzarelle Ivano Balestriere.

Quando abbiamo scritto il primo articolo dedicato a Izzo, ci siamo soffermati solamente su un aspetto particolare, preciso ed indentificato, riguardante la coesistenza, a nostro avviso del tutto inopportuna, tra uno che diventa il capo del consiglio di amministrazione di un’azienda in cui da anni lavora come dipendente la figlia.

Una questione etica, non certo giuridica. Tutto sommato non fondamentale, se non per il fatto che appare sintomatica di un modo di vedere il rapporto tra una persona fisica e un’azienda di cui questa persona assume la figura di legale rappresentante e che appartiene alla categoria delle imprese che non vincono alcuna battaglia nel mercato della concorrenza, se non quella delle sempre

complicate e non trasparentissime gare d’appalto, grazie alle quali costruiscono il proprio reddito solo ed esclusivamente per il trasferimento di pubbliche risorse, nel caso specifico ancora più pubbliche del solito, visto e considerato che esiste, per legge, un canale diretto e sulla carta (solo sulla carta) nitido e trasparente tra i soldi che ogni cittadino paga sulla tassa rifiuti e l’utilizzo brevi manu di questo gettito, quale corrispettivo degli importi dovuti all’azienda titolare del servizio che, a sua volta, opera con un personale che solo teoricamente è ascrivibile alla categoria dei lavoratori dipendenti di un’azienda del settore privato, ma che, in realtà sono connotati da caratteristiche che rimandano al welfare, cioè alla necessità di una pubblica tutela della loro occupazione, dei loro posti di lavoro.

Ragionando su queste cose, ci siamo chiesti se fosse stato sufficiente occuparci della notizia del redivivo Peppe Izzo al vertice amministrativo e dunque giuridico-legale della Isvec, scrivendo la sola questione dell’inopportunità della coabitazione tra lui e sua figlia. Ce lo siamo chiesti e per i motivi appena illustrati ci siamo convinti che no, non è sufficiente.

Dunque, essendo stati sempre duri ed intransigenti con i vari Sirio Vallarelli, con Peppe La Porhetta, al secolo Giuseppe Zampella, con l’ex vicesindaco di Caserta, nonché dirigente per tutte le aziende dei settori rifiuti operanti nel capoluogo, cioè Enzo Ferraro, cioè a tutti quelli a cui Izzo stava sulle scatole, ora è giusto che, essendo diventato quest’ultimo il vertice della governance di uno dei settori più delicati e popolati di controversie, contraddizioni, di enormi zone d’ombra, anche lui debba diventare un riferimento doveroso del nostro esercizio giornalistico e dunque e anche del nostro esercizio della libertà di pensiero, così come questa è declinata, definita dalla costituzione italiana.

Dunque, un breve profilo biografico di Giuseppe, per gli amici Peppe.

Chi lo conosce da tre decenni, segnala la sua esperienza di dipendente della società Autostrade o di un’azienda connessa a questa. Ed è proprio in quel periodo che si appassionò al mondo del sindacato. Una passione che portò con sé quando Mario Pagano Granata, patron della Sace e non sappiamo se di sua spontaneissima volontà o tramite qualche indicazione politica, lo assunse nella sua azienda, titolare al tempo delle amministrazioni Bulzoni e Falco del servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani di Caserta. Un affidamento di cui ancora oggi si discute, dentro all’ormai affannosissima e incredibilmente intrigata vicenda del credito, legittimamente rivendicato dallo stesso Pagano Granata, anche per soldi non ricevuti quale corrispettivo contrattuale per il servizio erogato.

Izzo vive l’esperienza del suo primo passaggio di cantiere entrando a far parte degli organici di Saba, che sta per Sabatino, il noto e anche lui parimenti controverso imprenditore della trash-produzione, arrivato dalla provincia di Napoli e in azione durante tutto il periodo dell’amministrazione comunale di Nicodemo Petteruti.

Il posizionamento sindacale di Peppe Izzo aveva assunto un significativo peso specifico. D’altronde, l’assunzione nella Sace della figlia e quella del figlio assorbita da Eco Campania, al tempo la fortissima azienda di Nicola Ferraro, poi crollata sotto le inchieste della Dda e con l’arresto dello stesso Ferraro fu messa definitivamente al palo, rappresentavano la dimostrazione di questo potere contrattuale legato alla sua posizione sindacale. E che facciamo? La moglie del figlio la lasciamo a casa? I ragazzi si devono sistemare e uno stipendio non basta. E allora dentro anche la nuora, assunta dal consorzio dei rifiuti che dovrebbe essere quello poi confluito nel terribile Consorzio unico di bacino.

Dunque, Peppe Izzo è appartenuto e tutto sommato appartiene ancora alla tradizione più evidente di un sindacalismo meridionale che si frequenta, certamente Izzo non è il solo a farlo, per sistemare prima di tutto i propri congiunti.

Al tempo della Sace, queste dinamiche potevano essere gestite da co-protagonista solo se andavi d’accordo con il sopracitato Peppe la Porchetta. E in quel periodo Peppe Izzo e Peppe Zampella andavano d’amore e d’accordo, forse perché proprio Izzo conosceva la password, l’unica password che ti poteva ammettere alla corte di questo personaggio appartenente ad una famiglia densa di pregiudicati e che ha dettato praticamente legge per decenni, determinando decine e decine, se non centinaia di assunzioni con un metodo magico da lui tenuto segreto, come per più di un secolo ha fatto la Coca-Cola con il suo ingrediente con cui ha fatto la differenza sul mercato.

I rapporti tra Izzo e Zampella si sono però deteriorati dopo un certo periodo. Il primo non ci stava ad essere subalterno a quel grumo di potere che si raccoglieva attorno al già citato Zampella, al direttore Vallarelli, ma soprattutto attorno ad Enzo Ferraro, che un certo sistema di gestione interna delle varie aziende di rifiuti aveva sempre quantomeno, ma proprio quantomeno, avallato.

Un conflitto che diventò deflagrante dopo il passaggio di cantiere alla Caserta Ambiente, cioè a quel coacervo di aziende le quali in Ati si aggiudicarono la famosa gara dell’autunno 2011, quella gestita in una sorta di ufficio periferico attivato dalle parti di Pozzuoli dal super dirigente del comune Carmine Sorbo. Izzo era un ottavo livello, con funzioni di dirigente, intascava un lauto stipendio e aveva la responsabilità del personale. Lo scontro con la trimurti Zampella-Vallarelli-Ferraro lo stritolò, al punto che fu addirittura licenziato, salvo poi essere reintegrato nella sua mansione dal giudice del lavoro.

Da quel momento iniziò una sorta di pace armata. Una tregua che non riuscì a superare problemi di rapporto divenuti evidentemente irreversibili. Stavolta, però, si aprì una trattativa e Izzo, forse avendo già costruito qualche rapporto al di fuori del Consorzio Ecocar, chiuse la partita ed entrò senza creare ulteriori problemi, in quiescenza, in pensione.

Altro che pensione! A quei tempi risale il colpo di fulmine con la Isvec, che forse si chiamava ancora Balga. Consulenza, affiancamento e un rapporto sempre più solido, anno per anno, che forse hanno portato il Balestriere ad innamorarsi di Caserta sin dall’estate 2019 quando, come scrivevamo con novizia di particolari, scorrazzava in Porsche per le strade della città. L’aggiudicazione della gara che garantisce il servizio di raccolta rifiuti per un anno si configura, quindi, come una sorta di quadratura del cerchio.

Negli ultimi anni in cui prestò servizio in Ecocar, Izzo, che evidentemente aveva apprezzato (e capiamo anche il perché) il rapporto con la Cisl, trovò riparò, entrando ovviamente dalla porta principale e con funzioni di leadership, nella sigla Fiadel, che i nostri lettori hanno imparato a conoscere come sigla molto attiva, forse troppo attiva, nella rappresentanza dei lavoratori rispetto alle strutture padronali, cioè alle imprese titolari degli appalti.

Ora, Izzo passa dall’altra parte della barricata. Adesso è lui il rappresentate del padrone. Di per sé niente di male, per carità. Sono tanti i leader sindacali nazionali che negli anni sono diventati sindaci, ministri. Con uno di loro, Franco Marini, fregato dai post democristiani, come solo i post democristiani sanno fare, nella corsa verso il Quirinale, dopo aver chiuso, sigillato e santificato l’accordo con Silvio Berlusconi nel 2006, che l’avrebbe sicuramente votato.

Con le dovute proporzioni, è come se Izzo fosse diventato ministro a seguito di un passato sindacale. Zampella è in pensione, Vallarelli sarebbe stato già ridimensionato, prova che Izzo forse le frizioni del passato non le ha dimenticate.

Per concludere, una biografia pessima quella di Peppe Izzo, naturalmente agli occhi di CasertaCE, cioè di un giornale che crede e testimonia i valori della meritocrazia, dell’imparzialità dei procedimenti amministrativi, della lotta al clientelismo straccione, spesso alimentato al – e non ci riferiamo a Izzo – mercimonio economico dei posti di lavoro che da Sace in poi sono stati venduti e dunque comprati a 40/50 mila euro a botta.

Questo è un modello che non ci piace. Per cui, siccome Peppe Izzo ci ha sguazzato, pur non realizzando condotte illegali fino a prova contraria, non può certo essere lui quella novità in discontinuità di cui la monnezza casertana avrebbe bisogno come il pane.

Poi, non si sa mai: va a finire che Izzo comincia a comportarsi come un manager di un’azienda svizzera o semplicemente della buona Emilia e del buon Veneto e, per carità, noi gliene daremmo sicuramente atto. Ma la sensazione è che questa rimarrà semplicemente un’utopia.