CASERTA. “Il vuoto denso della periferia”: il libro dell’architetto Bruno Saviani

30 Agosto 2019 - 16:55

CASERTA – (g.g.) Bruno Saviani fa parte di quella ristretta, anzi ristrettissima schiera di architetti che ha vissuto, in questa città e in questa provincia, la sua professione, avendo sempre ben in mente che la struttura della stessa non è fatta solo di calcoli, di materia, di cemento, di calcestruzzo, ma anche di pensiero, di riflessione, di analisi attraverso cui può nascere l’elaborazione di una visione del destino di un territorio.

Non a caso, Bruno Saviani è fuori, ci risulta che sia tutto sommato ben felice di esserlo, da tutti i maneggi e da quel mercato delle vacche attivato quotidianamente dai questuanti che umiliano se stessi e la professione, genuflettendosi davanti a politici semi analfabeti, pur di sbarcare il lunario, consegnandosi alla dittatura dell’ignoranza.

Un architetto come Bruno Saviani, se vivesse in Scandinavia o negli Stati Uniti, avrebbe ben altra fortuna. Questo perchè lui si pone delle domande e cerca, invece, di declinare la funzione professionale abbracciando quella parte della stessa che la differenzia da tutte le altre che si muovono nello stesso settore tecnico-costruttivo o scientifico costruttivo. Non stupisce, dunque che Saviani abbia, ad un certo punto della sua vita, deciso di dare un ordine alle proprie idee e alle proprie concezioni, riassumendole all’interno di un libro, intitolato “Il

vuoto denso della periferia” che proprio in questi minuti, è presentato nella biblioteca del comune di Sabaudia.

A fianco del professionista casertano, ci saranno l’architetto Luca Falzarano, l’artista e poeta Alfonso Marino e il giornalista di Avvenire Pino Ciociola.

Sono due i pass,i nell’ambito di un libro molto interessante nell’interezza della sua esposizione, che abbiamo deciso di sottolineare: a pagina 29, Bruno Saviani afferma che la perdita della memoria spaventa più del buio. “In occasione di una catastrofe distruttiva – scrive l’autore – nasce lo stesso disorientamento perché non si vede una nuova immagine di futuro per il territorio.

Che dire: Saviani, alla bottega artigiana di CasertaCe, sfonda una porta che è già aperta. Caserta assassina, infatti, ogni giorno, ripetendo all’infinito, una sorta di rito orgiastico, in stile inferno dantesco, la sua memoria. E, assassinandola, determina il vuoto totale del pensiero e dunque, anche dell’azione intesa come politica che costruisce cose guardando prima di tutto all’interesse collettivo. Un valore che può essere avvertito se alla base c’è la conoscenza della memoria e la conoscenza di un’identità.

Il giornalista Pino Ciociola si sta soffermando, leggendo in questa chiave il grande tema della perdita della memoria e della propria identità, soprattutto sul racconto della sua esperienza, vissuta nei luoghi del terremoto che ha visitato, e che oggi, oltre a veder distrutte materialmente le prove, i simboli della propria memoria, non riescono a guardare con fiducia ad un domani che consenta di ripristinare una condizione di media vivibilità, di normale, e in qualche circostanza, di rassegnata serenità, su cui ritessere, ricucire il tessuto della propria memoria.

Sempre nel convegno di presentazione del libro di Bruno Saviani si affronta una questione molto molto importante e, aggiungiamo noi, nonostante il milione di dibattiti ad essa dedicati, irrisolta nel nostro paese, che dal primo dopoguerra in poi non è mai riuscito a disegnare una linea di evoluzione delle periferie e di connessione reale tra queste e le città, in modo da consentire, almeno a coloro che dalle periferie vogliono emergere affrancandosi dal proprio stato, di trovare le occasioni giuste per farlo.

Nell’immaginario collettivo e purtroppo anche nel concreto esercizio delle potestà amministrative, “la periferia – sottolinea l’autore – è ancora intesa come zona residuale e marginale del territorio, un avanzo di terra e di storia, scenario di rifiuto e rifiuti.

Bruno Saviani seleziona una periferia emblematica: quella di Lo Uttaro dove la Saint Gobain sversava a cielo aperto, e che oggi avvolge in un enorme telone quella sua miseria da cui non riesce a liberarsi.

Sempre Pino Ciociola parlerà al riguardo di una sua personale esperienza vissuta nelle periferie della città di Caserta.