CASERTA. La gara per la gestione del Pinto è diventata un’asta fallimentare. Giochi e giochini del sindaco Marino che si muove da proprietario degli impianti sportivi

30 Agosto 2019 - 13:29

CASERTA(g.g.) C’era una volta una società sportiva calcistica prestigiosa con esperienze anche in serie A, ma che aveva contratto debiti nei riguardi dell’amministrazione comunale per milioni di euro per l’utilizzo di un impianto sportivo. Un giorno, il presidente di quella società trovò l’impianto chiuso e una diffida dell’amministrazione comunale affinchè quel debito fosse pagato.

Qualche ora dopo, un migliaio di tifosi si recò sotto al comune ma quella città era amministrata da un grande sindaco che ha fatto una grande carriera. Questi scese, senza paura, tra i tifosi numerosissimi e da un predellino disse: ”L’impianto è della città, nè nostro, nè mio e, come un bambino per una partita di calcetto paga i suoi 5 euro, così la società deve pagare l’utilizzo del campo e della struttura, locali compresi; se ciò non avverrà il campo non sarà utilizzato, per cui le proteste vostre e di chi vi manda sono letteralmente inutili“.

La società naturalmente pagò. Quel sindaco era Vincenzo De Luca al tempo alla guida dell’amministrazione comunale di Salerno che, dopo reiterati inviti, non riscontrati, chiuse alla Salernitana i cancelli dell’Arechi, con argomentazioni giuridicamente ineccepibili. E, aggiungiamo ancora, anche politicamente ineccepibili, perchè uno stadio, costruito da un comune utilizzando il pubblico danaro, rappresenta già una grande concessione al cospicuo popolo dei tifosi. Ma quello stadio, in quota parte, non è solo di proprietà dei medesimi, ma di ogni residente nella città in cui l’impianto insiste. Per cui, un sindaco ha il dovere di dar conto a tutta la popolazione, anche a quella parte di questa che non segue il calcio o lo segue senza fanatismo e che giustamente pretende che un’amministrazione tuteli la propria quota parte in quel bene pubblico.

Ma a Caserta, come per tante altre cose, la storia è diversa. Tutto ciò che altrove è impossibile, patentemente illegale ed illegittimo, qui diventa possibile. Con l’inciarmo, si può arrangiare tutto. Un sindaco, stiamo parlando di Carlo Marino, una manciata di settimane fa, ammicca e liscia il pelo ai tifosi, facendo capire, in pratica, l’identità di chi la gara se l’aggiudicherà. E questo rappresenta un costume solito in una città in cui le gare d’appalto si fanno solo per finta, non da ora, ma da almeno 30 anni a questa parte.

Viene pubblicato un bando, ma alla gara non si presenta nessuno. Nonostante questo, in un regime di illegalità costituita e consolidata, infliggendo un danno evidente alle casse di un comune pluri dissestato, quella società, stiamo parlando della Casertana, continua ad utilizzare gratuitamente e abusivamente stanze, spogliatoi e tutti i luoghi di servizio, nonchè, ovviamente, il campo di gioco e le sue immediate attinenze.

Ma tutta quanta la dinamica di gestione degli impianti sportivi comunali si connota dello stesso marchio approssimativo e, usando la parola approssimativo, vogliamo essere veramente indulgenti. L’ottimo presidente della VolAlto Nicola Turco, non avrebbe nessuna difficoltà, in considerazione degli investimenti che ha fatto e sta facendo ancor di più quest’anno, per costruire una squadra degna di rappresentare questa città nel massimo campionato di pallavolo femminile, quella lega italiana da tutti riconosciuta come la più importante del mondo, a mettere nero su bianco una convenzione attraverso cui dar certezza alla gestione del Palavignola che nessuno, onestamente, può contestare, visto che ciò che Turco sta facendo è notevole e molto gratificante per il nome di Caserta.

Ma, anche in questo caso, non si capisce perchè la cosa rimanga appesa. O meglio, la maggior parte delle persone non capisce. Noi invece lo capiamo e anche bene: Carlo Marino, che, altrimenti, non avrebbe nulla da utilizzare per dimostrare la propria leadership alla città, trattiene per se una discrezionalità, a nostro avviso, del tutto impropria; una potestà di stampo inaccettabilmente feudale su questi impianti che sopravvive solamente se non ci sono le certezze di un’applicazione piena, totale, del diritto.

Ecco perchè lui arringa i tifosi. Gli interessano quei voti, quel consenso, unica ragione di un’assunzione di responsabilità che invece dovrebbe essere collegata solo ed esclusivamente alla buona gestione e al pieno rispetto delle regole. 

Anche la vicenda della gara, non ancora bandita, per la gestione del nuovo impianto sportivo del rione Vanvitelli, che oggi, incustodito, viene utilizzato in maniera abusiva da tantissime persone con il rischio che qualcuno si faccia male e coinvolga poi il comune in un procedimento da cui l’ente pubblico sicuramente con le ossa rotte, non garantisce il divieto all’utilizzo di quel campo sportivo. 

Altro mistero è quello del Santa Commaia. Lì, nonostante ci sia un vincitore di gara, i lavori non partono, lasciando i ragazzi del rione Acquaviva, quartiere popoloso che rappresenta un terzo della città, privi della possibilità di fruire di uno spazio per sviluppare la pratica sportiva e una corretta utilizzazione del proprio tempo libero.

Si salva solo il basket perchè il Palamaggiò non è del comune. Iavazzi è riuscito a prendere in gestione l’impianto, garantendo la continuazione di una tradizione antica e storicamente strutturata, che fa perno sull’intramontabile brand Juvecaserta.

Questa situazione al limite, anzi, tracimante il confine della vergogna, si consuma in una città in cui ci sono tante piccole società di squadre giovanili che avrebbero, in teoria, gli stessi diritti e dovrebbero sottostare agli stessi doveri delle società sportive più grandi. Ma soprattutto sono anche esse comproprietarie, in quota parte, degli impianti sportivi, rispetto all’utilizzo dei quali vengono, invece, bistrattate e praticamente ignorate.

Se questa fosse una città fiera di se stessa e in grado di superare le divisioni quando c’è da difendere e da alimentare un orgoglio di appartenenza, tutte le forze politiche, imprenditoriali e sportive si aggregherebbero attorno ad un grande progetto, lavorando insieme alle società più grandi, Casertana, Juvecaserta, VolAlto, che oggi calcano palcoscenici nazionali.

La sensazione è che, invece, questo sindaco non abbracci, per dirla in simpatico gergo trash, circolarmente la città, costruendo il proprio agire su una visione di equità, ma sia teso a soddisfare le necessità di pochi operatori che magari gli possono tornare utili a scopo politico-elettorale. E per fare questo, si comporta da padrone delle strutture.  

Tornando alla citazione di De Luca e di Salerno, qui i bambini pagano i campi di calcetto, mentre soggetti sportivi con strutture e organizzazione, continuano ad utilizzare gli impianti pubblici, qual è il Pinto, come se fossero una loro proprietà privata. 

In questa città, occorre sinergia, umiltà, capacità di aggregazione imprenditoriale e soldi, che devono venire fuori da processi trasparenti, da una partecipazione del settore privato, che, collaborando con quello pubblico, in maniera nitida, senza chiedere come tornaconto la perpetuazione del reato di turbativa d’asta per conquistare il bottino di questa o di quell’altra gara, punti a grandi ritorni di immagine e di reputazione, come capita in tutti i posti civili del mondo. Questo significa sinergia. Questo significa utilizzare il termine in maniera non rituale.

E a proposito di gare “alla casertana”, e la c la potremmo scrivere anche in maiuscolo, la prima manche per la gestione del Pinto si è conclusa con un nulla di fatto. E’ andata deserta. Ciò significa che, come accade nelle aste fallimentari, ce ne sarà una seconda in cui il prezzo calerà.

Guardate, la Casertana non è solamente una fede sportiva. La Casertana è un’istituzione, un simbolo che dovrebbe rappresentare la migliore espressione del buon vivere.

Perchè il presidente D’Agostino non ha presentato l’offerta nella prima manche della gara? Nutriva la sicurezza che nessun’altro l’avrebbe fatto? Ora, nella seconda chiamata, come è stato fatto, dicevamo, nelle aste fallimentari che tanto hanno alimentato il concetto ontologico di malaffare, come dimostrano centinaia di atti giudiziari, la Casertana si presenterà per avere a prezzi stracciati e infliggendo dunque un danno alle casse del comune, la gestione del Pinto? 

Ecco perchè diciamo a Carlo Marino che lui è, al massimo, un buon sintetizzatore di interessi, più o meno consolidati, ma non è e non sarà mai un vero sindaco. Perchè De Luca non avrebbe messo in piedi una manfrina come questa, perchè non ha avuto bisogno, per alimentare il proprio consenso, di stipulare accordi al ribasso con i Masanielli di turno, perennemente in fila davanti alla porta del suo ufficio.

Caserta merita grandi politici e società sportive con programmi seri e reali; speriamo che ciò avvenga, augurando ogni bene a queste società.