CASERTA. L’addetto stampa del Comune Alessandro Carcaterra spedito fantozzianamente da Marino all’Anagrafe. Vi spieghiamo perché si tratta dell’ennesima porcheria

6 Dicembre 2022 - 19:25

E ce lo possiamo permettere di spiegarlo, perché Marino dovrebbe ricordare bene la battaglia, attivata dal sottoscritto e da questo giornale, al tempo del concorso per l’assunzione di quello che era un pupillo di De Franciscis e di una parte del suo cerchio magico. Oggi, con la stessa determinazione di allora, affermiamo che quell’assunzione, frutto di un concorso-macchietta, riguarda comunque una funzione peculiare che non può essere trasformata, con un tratto di penna, in una cosa del tutto differente. Il requisito fondamentale per cui Carcaterra fu assunto, era rappresentato dall’iscrizione dall’Ordine dei giornalisti; mandarlo all’Anagrafe dove questo requisito non esiste come ragion d’essere dell’impegno professionale, è semplicemente l’ennesimo abominio giuridico-amministrativo.

CASERTA (gianluigi guarino) Eravamo qua e, per dirla alla Vasco Rossi, siamo ancora qua. Fermi nella tensione per provare a dare realizzazione ad uno sforzo quotidiano di coerenza. Rispetto a ciò, ci piacciono, ci stuzzicano alcune situazioni, certi casi, come quello riguardante l’attuale, formale e ufficiale addetto stampa del Comune di Caserta, Alessandro Carcaterra il quale, per effetto di un ordine di servizio del sindaco o del segretario generale, la cosa non fa molta differenza, ha dovuto trasformarsi, con decorrenza 5 dicembre, cioè dalla giornata di ieri, in un impiegato della categoria C dell’Ufficio anagrafe comunale.

Secondo noi, invece, gli unici modi affinché Carcaterra lasci la sua funzione di addetto stampa, sono costituiti da un licenziamento per giusta causa o dalle sue dimissioni. Ma per spiegare bene la questione, occorre riavvolgere un po’ il nastro della nefasta storia delle amministrazioni comunali del capoluogo. Dodici anni fa, stavamo qui a scrivere tutto il male possibile di un concorso-macchietta, bandito dal Comune, ai tempi guidato dal sindaco Nicodemo Petteruti e che andava, fatto più unico che raro negli enti pubblici di questa provincia, a valorizzare una delle leggi meno valorizzate d’Italia: la 150 del giugno 2000. Quel concorso, a cui parteciparono decine di giornalisti arrivati da ogni parte della regione, in verità anche da fuori regione, aveva un vincitore già designano a monte. Ogni giorno noi scrivevamo che Alessandro Carcaterra, di cui non erano neppure note attività ufficiali o abusive nell’ambito dei giornali casertani, sarebbe diventato il nuovo addetto stampa del Comune capoluogo con contratto a tempo indeterminato, ai sensi della legge 150 del 2000, in quanto pienamente inserito in un meccanismo di potere, che partiva dall’amministrazione provinciale, già in pratica defunta, con la “fuga” a Lourdes del presidente De Franciscis e arrivava fino al Comune, conquistato nel 2006 dallo stesso De Franciscis attraverso il citato Petteruti, passando per l’ufficio stampa dell’allora ente di corso Trieste, monopolizzato da un giornalista che non era addetto stampa, bensì portavoce il quale, avendo lui degli impegni che lo portavano a spendere ore di lavoro in un giornale regionale, utilizzava dei giovani collaboratori con qualche esperienza giornalistica (vedi Iuliano, che poi lasciò il Mattino per andare a curare l’ufficio stampa del Consorzio della mozzarella dop). Di questo gruppetto faceva parte anche Alessandro Carcaterra, le cui necessità furono positivamente riscontrate da quel che rimaneva del potere di Sandro De Franciscis, cioè dall’amministrazione comunale di Petteruti che, comunque, di lì a pochi mesi, sarebbe caduta definitivamente per effetto delle dimissioni della maggioranza dei consiglieri.

Fummo duri, durissimi, non con Carcaterra – anche se, ovviamente, questo non fu compreso – che a mala pena conoscevamo, ma con il metodo di gestione del potere e delle vite stesse delle persone, che è esattamente il metodo di oggi, visto e considerato che in 12 anni le cose non sono cambiate, anzi, sono peggiorate. Ecco perché sosteniamo che noi siamo sempre qui fermi, granitici, mentre gli altri girano, ruotano, si trasformano. Ci fa sorridere, ma è assolutamente naturale che il 6 dicembre 2022, il Carcaterra, che 12 anni fa incarnava, rappresentandone fondamentalmente solo lo strumento, in occasione di quel concorso tenutosi, se non ricordiamo male, al Belvedere di San Leucio, i peggiori vizi della politica politicante meridionale e casertana, di cui Sandro De Franciscis ha rappresentato, a nostro avviso, non certo il solo, ma uno degli esempi peggiori. Eravamo convinti di ciò e lo scrivemmo senza se e senza ma. Oggi, con lo stesso spirito, utilizzando lo stesso approccio ideale e concettuale alla questione, Carcaterra diventa un soggetto da difendere.

Ma oggi, come ieri, il punto essenziale della nostra azione non è costituito dall’identità della persona protagonista di una storia, che nel caso di specie si chiama Alessandro Carcaterra, ma potrebbe chiamarsi tranquillamente Mimmo Rossi, Calogero Patanè o anche Barbablu, non farebbe alcuna differenza, ma dal metodo che, in pratica, attribuì un posto di lavoro al Carcaterra, soprattutto per i suoi rapporti politici e per la sua fedeltà a certi personaggi. Metodo che oggi, in una sorta di dantesco contrappasso, gli si ripercuote contro, nel momento in cui i signori Marino, Massi e compagnia mettono in opera l’ennesima porcheria della loro oscura e sempre più inquietante trama amministrativa.

Seguite, per una cazzo di volta, il ragionamento, attinto dalla civiltà e dai principi liberali in cui fermamente crediamo: il fatto che Alessandro Carcaterra abbia vinto il concorso da addetto stampa del Comune di Caserta, nel modo in cui l’ha vinto, non significa che oggi si possa disporre della sua funzione e dunque della sua persona, del suo status professionale sancito da un concorso pubblico, in maniera a dir poco barbara, arbitraria. Se, infatti, nessuna magistratura, come purtroppo succede quasi sempre da noi, ritenne di intervenire nel 2010 ad epilogo di un concorso di cui Casertace aveva comunicato il nome del vincitore 6 mesi prima della sua celebrazione, diventa civile, normale, per l’appunto liberale, continuare a scrivere che quel concorso fu di fatto, truccato, ma allo stesso tempo separare questo tipo di valutazione da un diritto che è tale, formalmente, solennemente tale, anche se costituito, a nostro avviso, in maniera non ortodossa. Quel concorso non era genericamente declinato e risentiva, probabilmente, anche delle polemiche, attivate dall’Ordine nazionale dei giornalisti, sulla mancata applicazione, da parte delle pubbliche amministrazioni, della citata legge 150. Ci fu, addirittura, chi ci scrisse sopra dei libri. Fatto sta che quando Petteruti bandì quel concorso, il riferimento alla legge 150, che in pratica rappresentava una legittimazione, una modalità pacifica di relazione e di riconoscimento di ciò che l’Ordine dei giornalisti affermava, campeggiò in bella posta già dall’incipit del bando. La legge 150 era uno strumento che i giornalisti avevano voluto, chiesto a viva voce, proprio allo scopo di qualificare l’attività professionale, svolta all’interno degli enti della pubblica amministrazione nel settore della comunicazione, incanalando la stessa nella direzione dei mass media che nel territorio specifico operavano. La formulazione non precisissima delle norme della 150 suscitò, in proposito, un’attività ufficiale, formale deliberativa del consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti che volle precisare, volle tirare una linea di demarcazione tra la figura dell’addetto stampa, assunto ai sensi della legge 150, e quella di portavoce che, pur essendo declinata nella medesima legge, andava a collocarsi con una caratterizzazione diversa, non propriamente giornalistica, ma attinente alla rappresentanza più generale dei sindaci che, questi portavoce, assumevano con contatti a tempo determinato.

La legge 150 esprimeva, dunque, una peculiarità. Ora, noi non sappiamo cosa farà Alessandro Carcaterra, visto e considerato che era ed è senz’altro una brava persona, ma che, non avendo fatto realmente il giornalista, potrebbe non essere percorso dal sacro fuoco dell’orgoglio professionale e quindi, addivenire ad un accomodamento con l’amministrazione comunale che l’ha mandato in esilio, manco a dirlo qualche giorno dopo l’inizio di un periodo di congedo parentale. Ma se Carcaterra vorrà fare una battaglia legale, l’Ordine dei giornalisti, a partire da quello della Campania, non potrà non sostenerlo, perché, in caso contrario, contraddirebbe se stesso dato che, se al tempo, ha fatto una crociata per sottolineare la differenza tra un addetto stampa, assunto per concorso, e un portavoce arruolato con chiamata diretta, figuriamoci cosa dovrebbe fare oggi nel momento in cui la figura peculiarmente specializzata dell’addetto stampa di un Comune, assunto come tale, ripetiamo a tempo indeterminato ai sensi della legge 150, precisamente articolo 9, venga messo all’improvviso a fare l’impiegato dell’Anagrafe, come emerge dal citato ordine di servizio il cui testo, per carità di Patria, non pubblichiamo per quanta trasandatezza, ignoranza e totale assenza di cognizione di causa trasudi dai propri contenuti.