CASERTA. MACRICO. De Luca la butta lì: “Sarà un parco pubblico”. Ma la frase resta un rebus

5 Maggio 2024 - 13:00

Il governatore lo ha detto a margine della sua visita dell’altro ieri a Grazzanise. Tanti nodi restano aperti sul destino, ormai romanzesco, di quella che dovrebbe essere l’area in grado di cambiare i connotati alla città capoluogo.

Caserta (pm) – Il pastrocchio alla fine è stato imbandito. In verità era solo questione di tempo. Per come si era messa la piega ci voleva poco a capire che ciò sarebbe stato.

L’altro giorno, il governatore De Luca (mai termine fu più tradente di questo e calzante al caso della Campania, trasformata in un governatorato, mentre la legge vorrebbe semplicemente dei presidenti di regione), con la perentorietà che gli è propria, ha annunciato che Caserta, graziosamente, avrà il suo “parco pubblico” nell’ex Macrico.   Cosa in concreto voglia dire l’espressione non è dato sapere perché, come sanno i casertani più accorti, della questione non si parla autenticamente da tempo.

Dopo la campagna mediatica condotta dalla curia, che ha imbastito una onerosa rappresentazione dei suoi piani con incontri bombastici ed autoreferenziali, che ha propagandato un masterplan tutto ecologismo di voga, condotto un sondaggio di maniera (appena 310 vi hanno risposto, ben poca cosa anche considerando le tante persone che ruotano attorno alla faccenda) ostentato un comunitarismo falsificato, si è venuti al dunque. E quel che e più grave emarginando con scaltrezza l’esperienza ultraventennale del comitato

Macrico Verde, che ha avuto il merito inestimabile di preservare il compendio terriero dai ripetuti tentativi  più o meno  aperti  di speculazione edilizia grazie alla sua alta  rappresentatività cittadina, attestata dalla raccolta fino ad oltre diecimila firme alle sue petizioni promosse nel tempo a tutela dell’area.

La chiesa casertana, con l’avvallo regionale alla sospetta vigilia delle elezioni europee, vuole al dunque costruire nell’ampio spazio  ex militare (non avendo paura delle parole, ma delle persone e delle loro intenzioni, non ci fa specie il termine militare per esso nella nostra realtà saldamente democratica, tanto da volerlo ideologicamente detto di pace) in termini sia di ristrutturazione dell’esistente sia di nuovo edificato. Con la prospettiva di impegnare una enormità di fondi pubblici.

Alle parole del presidente De Luca hanno fatto eco quelle di don Antonello Giannotti, presidente dell’istituto diocesano per il sostentamento del clero, precisando che esse si riferiscono ad una porzione dell’intero e ben più ampio programma di intervento previsto e precisamente al così chiamato Parco della Biodiversità, per il quale sarebbero stati già appostati 30 milioni di euro. Mentre l’intervento nel suo complesso andrebbe a costare la cifra spropositata di 180 milioni di euro.

Ora il salernitano De Luca, forse perché basato a Napoli e forse perché il suo sodale di partito sindaco Marino non gliene dirà, non sa fino a che punto Caserta è una città disastrata e disamministrata.

Pure con il massimo della pressione fiscale locale a cui sono sottoposti, i casertani non beneficiano in concreto di servizi pubblici di nessun tipo. Vivono in una città mancante di tutto e la cui vita civile è contrassegnata da continue difficoltà.

Dunque la spesa immaginata di simile entità, 180 milioni, in un tale quadro di carenze cittadine generalizzato,  si pone come spesa insensata, superflua, inessenziale, una volta si sarebbe detta suntuaria.

Ed il clero, per suo statuto – continuiamo a crederlo – dovrebbe avere a cuore il tema della spesa etica. Che tale vincolo sia tuttavia avvertito dalle gerarchie ecclesiastiche casertane, per noi è comprovato dal fatto che, per stemperarlo, tutto il progetto di cosiddetta rigenerazione dell’ex Macrico è un simulacro di opere che sarebbero finalizzate all’interesse pubblico, allo sviluppo sociale e persino fumisticamente del lavoro.

Con langue de bois – sintomatica di un disagio di fondo, almeno così ci pare –  vengono immaginate astruserie come il museo sensoriale o un collaboratorio per la biodiversità, qualunque cosa vogliano dire. Tutte cose belle, per carità. Ma lontane le mille miglia dalle reali necessità  del capoluogo. Salvo che non si voglia dare vita all’imprenditoria di un parco turistico a tema, ampiamente infrastrutturato, dove portare ed affastellare caoticamente scolaresche e comitive a pagamento. Ma in tal caso lo si dica e non facendo credere ai casertani che li si sta facendo protagonisti di una pretesa avanguardia ambientalista, anche se a scapito dell’ultima risorsa ambientale della città.

Tutto ciò di cui Caserta ha davvero bisogno è un parco verde integrale, con impatto minimo di impianti e servizi, perché la natura faccia il suo corso e le persone possano sperimentare una immersione piena in essa in condizioni di sicurezza.

E con costi persino irrisori rispetto alle cifre abnormi che si vorrebbero spendere oggi. E si potrebbe giungere anche ad una gestione finanziaria autosufficiente di un tale parco, anche ipotizzando un esiguo biglietto di ingresso e la messa a reddito del patrimonio boschivo.

Concludiamo con un accenno alle tante ed accattivanti sedi progettate dal masterplan vescovile per associazioni, incontri, manifestazioni e spettacoli, che vorrebbero soddisfare – viene detto –  una pretesa necessità di socialità inappagato.

Ma in città ci sono spazi e locali ad iosa, a bizzeffe, per questi scopi. Li si individui meglio, allora, e si lavori per destinarveli,  del tutto più economicamente, secondo ciò che serva.

Il discorso è piano per chi lo vuole intendere. Il centro urbano va finalmente risarcito delle aree, dei giardini, del verde che gli sono stati rubati per permettere una speculazione edilizia senza freni, tuttora indomita. Tutto il resto di diverso sono interessi.