CASERTA. Magari alla Reggia manca una vera direttrice, ma in compenso la Maffei ha un futuro da stilista di moda

3 Luglio 2024 - 17:26

La direttrice della Reggia di Caserta ha firmato, riteniamo disegnando i modelli, le sete che la casa di moda Gucci (poi ci chiediamo perché i setifici di San Leucio non sappiano cogliere certe occasioni) ha donato alla coop Evalab, operante a Casal di Principe, in un bene confiscato al clan dei Casalesi.

CASERTA (p.m.) La trasformazione dei direttori museali italiani da esperti culturali  in impresari dell’intrattenimento, avviata con il ministro Franceschini – il padre della deforma, come fu appellato nel 2014 dai maggiori critici dell’arte italiani all’entrata in vigore del nuovo e censuratissimo assetto da lui dato al dicastero dei beni culturali – si è pienamente compiuta.

Gino Chierici in una foto di repertorio

In conseguenza, per stare a Caserta, temiamo che non vedremo più i tempi in cui un Gino Chierici giganteggiava nel suo ministero di soprintendente qui da noi. La lapide commemorativa che lo ricorda in piazza Dante è più che eloquente, per una città più che restia a riconoscere il merito,  perché abituata al più vieto familismo. Erano gli anni in cui quello che possiamo definire il populismo culturale era ancora di là da venire.

I musei erano enti di ricerca e studio ai massimi livelli, i cui qualificatissimi responsabili avevano in estrema cura la propria affidabilità scientifica e la conservazione del patrimonio storico, artistico, architettonico loro affidato. I temi del numero dei visitatori, dei percorsi sensoriali, dell’espirenzialismo, della divulgazione ridotta a banalizzazione erano di là da venire. La logistica interna era questione affidata a poche e bastanti squadre di laboriosi e fattivi operai che, come qui alla Reggia, con pochi soldi erano capaci di tenere in perfetto ordine l’intero parco. E gli stessi appartamenti, con il concorso di capaci restauratori.

Poi, come si sa, è esplosa la spesa pubblica e con essa gli appalti, i contratti, le consulenze, i piani onerosissimi di valorizzazione. E le campagne pubblicitarie, perché i visitatori, i turisti vengano a frotte, anche se solo per dare un’occhiata attorno, come fanno tutti. D’altro canto, il neo termine selfismo  è il conio di questo fenomeno. I luoghi d’arte a sfondo estetico del proprio io. Non altro. A studiare ed approfondire c’è sempre tempo. Specie in un’epoca in cui la scuola e le istituzioni pubbliche non te lo chiedono di certo.

In questo nuovo corso, non a caso, il direttore della Reggia Maffei, scopertasi stilista, viene impegnandosi anche a firmare una collezione di abiti per EVAlab, laboratorio che si autodefinisce “di ethical fashion creato dalla cooperativa sociale EVA in un bene confiscato alla camorra a Casal di Principe per sostenere l’inserimento lavorativo e la formazione professionale di donne in uscita dalla violenza“. In questa prospettiva, ossia l’altruismo dell’iniziativa ed il fatto che siano state donate dalla nota casa di moda Gucci, le sete usate per realizzare – attraverso il riutilizzo creativo delle eccedenze di produzione – i capi disegnati da Maffei, ogni altra valutazione, ad iniziare dal rischio che la dirigente pubblica possa essere distolta dal proprio impegno istituzionale, passerebbe in secondo piano.

Ora, tutto questo sproloquio a che cosa para, più di qualcuno si chiederà.

Para al fatto che a Palazzo Reale è stata allestita e riallestita  in mostra, com’è noto, la collezione Terrae Motus, del gallerista partenopeo Lucio Amelio, che raccolse  i lavori artistici eseguiti nel mondo per il  terremoto campano del 1980.

La lapide di piazza Dande di commemorazione di Gino chierici

Già nel 2018 furono rubate due figurine devozionali in argento dall’installazione di Christian Boltanski nota come “Ex voto” e senza che se ne sia saputo più nulla.

L’installazione di Boltanski di cui diciamo

Oggi accade che l’opera di Ronnie Cutrone (New York, 1848-2013) del 1983 Your un to the sea, the sea will be boilingc- Your un to the rock the rock  will be melting, un acriclico su bandiere, venga esposto per due delle sue tre parti originarie. La parte mancante  è ampiamente attestata e documentata fotograficamente da altre precedenti esposizioni. Ma l’opera, allorché trasferita a Caserta, risultava  mancante di uno dei tre stendardi, appunto. Ma di tutto questo nulla si dice nella didascalia della realizzazione come si presenta oggi al pubblico. Con buona pace delle intenzioni del defunto artista,  della considerazione  dei visitatori – a cui si ritiene possano bastare le due parti, perché mica bisognerà stare a guardare il capello – e della reputazione del museo.

D’altronde il fatto è noto e denunciato, nonché riportato in pubblicazioni di settore. Ma, anche in questo caso, nulla se n’è saputo. Pubblichiamo il testo della relazione con la quale, all’epoca dell’accaduto nel 2013, i funzionari della Reggia Mazzarella e Creta che accertavano il fatto, riferirono alla direttrice pro-tempore della Reggia. Fatta grazia dello sbalorditivo furto del presepe del gennaio 1985, non è che ci dobbiamo aspettare altre sorprese?

La relazione di Creta e Mazzarella