CASERTA. MARINO & BIONDI CONTINUATE COSI’, FACCIAMOCI DEL MALE. I motivi ufficiali della revoca della gara dei rifiuti da 116 milioni di euro. “Ahò, ce state a pija per culo?!”

15 Giugno 2022 - 14:14

Di qui a poche settimane il sindaco, Marcello Iovino e Pippo D’Auria saranno rinviati a giudizio dopo la richiesta dei magistrati della Direzione distrettuale antimafia. L’atto di cui ci occupiamo – e di cui il testo integrale trovate in calce all’articolo – è a firma del dirigente Franco Biondi di cui gli stessi magistrati della Dda dicono tutto il male possibile sul suo comportamento tenuto durante le procedure attraverso le quali Iovino truccava questa gara. E IL PREFETTO…

CASERTA (g.g.) – Quelli che governano(?) il comune capoluogo sono indubbiamente quello che sono. Però, se dal punto di vista del diritto amministrativo, e non stiamo parlando della vicenda penale che di qui a poco porterà con ogni probabilità al rinvio a giudizio del sindaco Carlo

Marino, dell’ex dirigente Marcello Iovino, del funzionario con super posizione organizzativa, Pippo D’Auria, difeso dall’avvocato Alberto Martucci, consuocero in pectore di Marino, ripetiamo, se dal punto di vista amministrativo, un ordinamento consente, e ci riferiamo al copro delle leggi della Nazione, di chiudere la procedura dell’ormai arcifamosa gara d’appalto da 116 milioni di euro per sette anni, da cui è scaturita l’indagine della Dda, così come l’hanno chiusa formalmente in questi giorni a palazzo Castropignano, naturalmente con la firma del dirigente Francesco Biondi, che l’Antimafia non indaga ma di cui scrive tutto il male possibile e immaginabile nell’ordinanza, rimproverandogli di aver fatto passare, girandosi letteralmente dall’altra parte, gli imbrogli sui numerini messi in atto da Iovino, ciò vuol dire che lo Stato è solamente un freddo burocrate totalmente disinteressato a rapportarsi con credibilità ai suoi cittadini.

Ma cosa possono pensare i tanti che hanno letto le cronache della citata indagine della Dda, nel momento in cui gli viene a tiro la determina – che pubblichiamo integralmente in calce a questo articolo – numero 1062 del 14 giugno 2022, in cui, con una ricostruzione a dir poco lunare, si formalizza la revoca definitiva della gara incriminata per motivi a dir poco risibili.

Utilizzando il gergo, una pigliata per culo senza fine e conto, che allontana la gente, le persone, i cittadini dalle istituzioni, convincendo tutti che per andare avanti bisogna fare gli incontri, tanto poi che le cose si apparano sempre.

La Prefettura di Caserta, sia nella gestione precedente, sia in questa, non ha ritenuto che per effetto di tutto quello che era capitato intorno alle cose di una gara di cui noi scriviamo nel 2017, cioè quando se ne iniziò a parlare, meritasse quantomeno un’indagine conoscitiva operata da una commissione di accesso.

Niente. E oggi, dinanzi a questo niente e in funzione della prospettiva della pubblicazione di un nuovo bando, in cui magari i soliti noti, tipo Deodati e compagnia, con o senza i machi di sempre, quelli dell’infamia, torneranno sicuramente in ballo, Biondi si sente autorizzato a scrivere le prime cose che gli passano in testa, a caso, quale motivazione della revoca.

Sarebbe stato molto più serio sopportare la conseguenza di una determina di revoca non motivata, nella quale Marino e Biondi facessero per una volta calare il velo pudico del silenzio. E invece noi.

Apprendiamo, dunque, della revoca della gara su cui abbiamo scritto centinaia di articoli e un’inchiesta di diverse puntata sulla famiglia Pizzimbone e sull’Energeticambiente, con quale Carlo Savoia avrebbe voluto appoggiare tutto il business di un affidamento cui avrebbe contribuito, compiendo gravi reati anche il sindaco Marino.

Il mega appalto verde da 116 milioni di euro è quindi morto, in buona sostanza, perché il comune di Caserta è in dissesto. La pesantezza, la gravosità di questa procedura andrebbe a cozzare – scrive Biondi – con le condizioni disastrate delle casse comunali. Ora, se vogliamo prenderci in giro, la possiamo ritenere una motivazione credibile. Ma se, invece, ci vogliamo mettere leggere, a capire e a trattare seriamente una procedura di gara milionaria che vede il sindaco quasi sotto processo, così come il suo funzionario di fiducia e un ex dirigente, allora possiamo chiaramente affermare che la motivazione del dissesto economico non c’entra niente, se preferite, non c’entra un cazzo, con la revoca.

Il comune di Caserta dichiara il dissesto economico (il secondo) il 23 aprile 2018 e la gara viene bandita il 28 maggio 2018, cioè 34 giorni dopo l’ufficializzazione da parte dell’amministrazione Marino del default della città. Ecco perché questa determina è sostanzialmente una presa in giro.

Evidentemente Biondi e Marino si sono resi conto dell’illogicità di questa motivazione e infatti viene inserita nella narrativa dell’atto di una nota del 15 marzo 2019, con la quale, in un meccanismo di analisi dei costi e benefici, a Palazzo Castropignano si sarebbero resi conto, incredibilmente e improvvisamente, a 11 mesi di distanza dalla dichiarazione di dissesto, che la gara da 116 milioni di euro sarebbe stata troppo costosa. Questo avrebbe addirittura portato alla sospensione della procedura, di cui non esiste, a quanto pare, un documento ufficiale che lo possa provare.

Si inseriscono tra le motivazioni di revoca la volontà del comune capoluogo di costituirsi in un Sub Ambito Distrettuale, all’interno dell’Ente d’Ambito della provincia per l’ottimizzazione del ciclo dei rifiuti. Che niente significa fattualmente e che nessun cambiamento pare portare nella storia della monnezza a Caserta nel breve periodo.

Cosa c’entra, quindi, questo Sub ambito con la gara? Un comune che si inserisce in questa struttura deve bloccare le gare che ha indetto sull’appalto dei rifiuti? Chiaramente no, chiaramente è un modo di mettere delle pezze relativamente ad una revoca che non ha né capo, né coda.

Anche perché la richiesta di avvalersi del SDA è di molto antecedente alla nota di marzo, infatti il sindaco avrebbe comunicato questa volontà nel settembre 2018, quando la gara era in corso l’allegra compagnia Savoia-Marino-D’Auria-Iovino non era minimamente a conoscenza di essere spiati dai magistrati dell’antimafia e dai carabinieri.

E allora se già esistevano queste operazioni con l’Ente d’ambito, perché la gara non è stata revocata a settembre 2018, bensì 3 anni e mezzo dopo e successivamente all’inchiesta della Dda e al ricorso della Tekra?

A chiudere la storia, infine, c’è anche la circostanza dello studio di un progetto da parte del comune capoluogo di creare una società in house, un soggetto pubblico comunale che dovrebbe gestire la raccolta e il conferimento dei rifiuti della città di Caserta. La volontà di questa amministrazione – scrive Biondi – sarebbe quella di creare una “gestione autonoma e separata del ciclo integrato dei rifiuti, tra l’altro, con l’affidamento del relativo servizio in house providing“. Anche questa, nel calderone delle motivazioni da infilare in una determina al limite del ridicolo, viene ritenuta valida, causa della revoca della gara.

La Tekra, arrivata seconda in graduatoria dopo l’Ati Energeticambiente-Esi, quindi dovrà farsene una ragione. La società dei Balestreri aveva fatto ricorso al Tar della Campania affinché questo appalto settennale venisse aggiudicato a suo favore, essendo il gruppo Pizzimbone-Savoia inevitabilmente escluso dopo l0’indagine della Dda. Con questa revoca, invece, il sindaco Marino prova a chiudere la storia amministrativa (quella giudiziaria è ancora all’inizio) del garone da 116 milioni di euro, ricorso permettendo.

LA DETERMINA DI REVOCA