Che intrigo tra Nicola Schiavone, che incontrò Rodolfo Statuto e con Nicola Ferraro cerimoniere di una super lottizzazione a CASALUCE

4 Aprile 2019 - 10:45

CASALUCE(g.g.) I nomi che saltano fuori dalle recenti, recentissime dichiarazioni, rese in un interrogatorio dello scorso 10 dicembre, del pentito Nicola Schiavone, sono importanti e piuttosto noti. Certo, chi conosce le trame, le vicende, gli intrecci tra certi poteri extra-legali e certi imprenditori, non si stupisca più di tanto nel registrare i nomi di Rodolfo e Nicola Statuto, gente di quattrini che da Casaluce hanno creato anche delle rendite di posizione, e forse non solo di posizione, nella capitale e in altre città d’Italia.

Da queste colonne avete letto decine di volte le citazioni sui furbetti del quartierino, cioè su quella frase pronunciata da Stefano Ricucci il quale, insieme ad altre persone, tra cui aversani eccellenti, si era messo addirittura in testa di scalare il Corriere della Sera, salvo poi finire in galera con grande rimpianto dell’allora sua fidanzata Anna Falchi.

Nicola Schiavone, come potrete leggere con maggior dettaglio nello stralcio documentale che pubblichiamo in calce, afferma di aver incontrato Rodolfo Statuto in merito ad una grossa operazione edilizia nel comune di Casaluce. Quei lavori li avrebbero dovuti fare i fratelli Mastrominico ed è per questo che il verbale di cui sotto, è stato depositato negli atti del processo che vede imputati, tra gli altri, i germani imprenditori di San Cipriano, impresa di riferimento, insieme a quella del matesino Giovanni Malinconico,

del boss, pure lui pentito, Antonio Iovine.

La partita di quei lavori sembrava chiusa. Nel senso che, racconta Nicola Schiavone, il livello politico era stato gestito ed allineato dal “solito” Nicola Ferraro (parliamo degli anni che vanno dal 2005 al 2007), mentre l’accordo imprenditorial-camorristico prevedeva un ruolo primario per gli Statuto, i quali erano stati presentati a Nicola Schiavone da Nicola Panaro, cioè dal traghettatore, da colui che aveva gestito il clan nel periodo successivo all’avvento di Francesco Schiavone Sandokan, collegandosi direttamente a Francesco Schiavone Cicciariello, in attesa che Nicola potesse prenderne le redini, così come successe dal 2004 in poi.

Quando tutto sembrava fatto, il proprietario dei terreni, un altro nome noto alle inchieste della dda, soprattutto a quelle riguardante le speculazioni edilizie e le lottizzazioni in quel di Castel Volturno, cioè Raffaele Giuliani, cambiò idea. Con un colpo a sorpresa, avvertì il clan dei casalesi che l’impresa Simioli, anch’essa non certo sconosciuta, gli aveva offerto condizioni migliori.

Fu Raffaele Bidognetti, compulsato da Francesco Di Maio detto Ciccio, bidognettiano di Marano, cittadina in cui i Simioli risiedevano ed operavano, a comunicare la novità a Schiavone e agli altri boss. Questi non fecero una piega. Rendendosi conto che non potevano svolgere la funzione di soci di fatto su quell’operazione, dovevano rimodulare la struttura dei loro interessi.

Pretesero dai Simioli che gli Statuto facessero tutti quanti gli scavi e garantissero tutta la fornitura del calcestruzzo. Oltre a questo, i Simioli avrebbero dovuto riconoscere al clan dei casalesi, 10 mila euro al mese a titolo di tangente.

Nicola Schiavone parla di una zona già recintata, ma dice anche che i lavori, al tempo in cui fu arrestato, nel 2010, non erano ancora iniziati e, da allora, nulla ne ha più saputo.

 

QUI SOTTO LO STRALCIO DELL’INTERROGATORIO