CORONAVIRUS. Il premier italian degli italians si sente Churchill, ma chiudere Enna esattamente come Milano è solo demenziale

12 Marzo 2020 - 10:20

(Gianluigi Guarino) – Questo qui è inadeguato.

Dunque, è l’uomo giusto al posto giusto in un Paese di pecoroni divenuti sempre più ignoranti generazione dopo generazione e ormai ammaestrati, intruppati quotidianamente nel gregge da una televisione cinica che si nutre solo di sensazionalismo, di rappresentazione drammatica, pardon melodrammatica.

Perché si sa (e lo sapete troppo bene anche voi furbini e accattoni della pseudo informazione), funzionano solo le brutte notizie e dunque nulla viene rivelato delle statistiche relative ai casi, dei rapporti incrementali dei decessi di un qualsiasi anno per complicazioni da influenze, in modo da rendere serio un Paese in cui nulla è serio.

Un Paese governato da un Italian doc, uno che per vincere il concorso nell’università dovette avere il suo datore di lavoro a presiedere la commissione alla Sun di S.Maria Capua Vetere, che lo fece solo quella volta in cui Conte, naturalmente, il concorso lo vinse.

Il nostro non è negazionismo.

Questo è un virus insidioso, pericoloso. Ma non c’è alcuna ragione, una volta neutralizzati e fermati tutti gli spostamenti, per costringere Cagliari, Campobasso, Sassari, Siracusa e anche Caserta a chiudere tutti gli uffici pubblici, i bar, i ristoranti, distruggendo una economia già malmessa.

Non c’è alcun motivo per il quale, bloccati giustamente i flussi dalle Regioni e per le Regioni, che in aree come il Molise, la Sicilia e la Sardegna, dove si registrano pochissimi casi, si debba adottare il “chiudere tutto” che può avere senso, invece, in aree dove i casi sono molti.

Il contagio è asimmetrico, e avrebbe senso fronteggiarlo con misure simmetriche, cioè valide per tutti indiscriminatamente, se non fossero stati in pratica proibiti gli spostamenti per le Regioni e dalle Regioni fortemente colpite. Ma siccome ciò è avvenuto, siccome sono state prese delle misure, a loro volta già simmetriche, nel penultimo decreto, cioè quello del 9 marzo, che ha introdotto lo strumento del lasciapassare, ciò che ieri sera ha deciso il governo è inutile, superfluo.

Ora, se non ci fossero altri interessi collettivi in gioco, uno potrebbe dire: vabbé, può sempre volare una mosca cocchiera dalla Lombardia alla Sardegna e allora perché correre il rischio? Ma se tu hai bloccato i flussi e anche l’80% dei movimenti all’interno delle Regioni e dei Comuni italiani, perché andare a colpire ulteriormente un’interesse sicuramente – ma solo leggermente – meno importante relativo alla salute, come quello dell’occupazione e dell’economia?

Con un provvedimento che denota chiaramente l’assenza di una cultura di governo che per definizione non deve mai alimentare la paura e lo deve fare attraverso misure perentorie, anche dure, ma razionali.

I presidenti delle Regioni della Lombardia e del Veneto hanno chiesto, con tutte le ragioni, 15 giorni di coprifuoco assoluto.

Un fatto logico, perché con un periodo di incubazione di 14 giorni e con un numero di contagiati già pari a diverse migliaia, è estremamente razionale e logico ritenere che gli incubatori asintomatici siano parecchi.

Dunque, l’effetto moltiplicatore attivato dentro all’intervallo bisettimanale dagli asintomatici è destinato a tenere alto il numero dei contagiati, che sarà significativamente alimentato nonostante le misure già prese fino al 9 marzo. In Sardegna, dove ci sono 20 casi complessivi, qual è la potenzialità del rapporto incrementale attivato dagli asintomatici nell’arco dei 14 giorni a fronte di strade in cui non gira nessuno e di locali in cui il personale indossa le mascherine?

Sicuramente non è pari a 0, perché in un macrocosmo territoriale ci sarà qualche asintomatico che contagerà un’altra persona, attivando una potenziale catena di ulteriori contagi. Ma se in un giorno normale circola un milione di persone e in queste ore circolano 100 persone, è evidente che le misure del 9 marzo rappresentano già una garanzia sufficiente per tenere il contagio sotto controllo e per gestire la curva dei rapporti incrementali in maniera abbastanza serena.

Ma se tu hai chiuso gli ingressi e le uscite dalla Sardegna, dove ci sono 15 casi, se anche alla Sardegna hai imposto le pesanti misure del decreto del 9 marzo, che rimangono in vigore, mi spieghi, caro presidente del Consiglio, perché a Cagliari o ad Oristano, centri nei quali ci sono 0 casi, stamattina debbano restare chiusi molti uffici, i ristoranti e i bar?

Perché gli 0 casi di Cagliari devono determinare il disastro economico di questa città, dato che chiunque si rende conto che tra il numero 0 e il numero 1000 cambia molto, fermo restando le proibizioni sugli spostamenti che potrebbero essere ancora meglio controllate, utilizzando le forze di Polizia ai confini delle aree regionali?

Abbiamo il diritto di essere un Paese, una nazione, che come tale può perdere completamente il cervello pur di fronte a un’emergenza grave come questa? Per quello che è stata l’Italia dagli anni ’70 ad oggi, decisamente sì.