De Luca ha fatto del Consorzio di Bonifica la cucina di casa sua. Il Tar gli ha dato torto due volte e sul commissario Todisco si prepara ad un altro blitz

5 Agosto 2023 - 09:30

Incredibile ma vero, sono 7 anni e mezzo che viene violata una norma clamorosamente chiara dell’articolo 32 comma 3 della legge regionale 4 del 2003, la quale sancisce che i commissari esistono solo per ricreare rapidamente le condizioni per un ritorno al voto dell’assemblea dei consorziati. E invece sono state gestite assunzioni, promozioni, incarichi, consulenze ad amici e amici degli amici, appalti. Una vergogna bollata da due sentenza del Tar, l’ultima del 31 luglio scorso, ma nessun’altra magistratura ha mai ritenuto che in quel consorzio vengano violati i più elementari principi di uno stato di diritto

CASERTA (G.G) – Centinaia di agricoltori hanno visto toccare o rischiano di vedersi toccare i soldi dei loro conti corrente.

I signori della Gefil, vecchia conoscenza di Casertace (se non ci credete cercate in Google “Gefil Casertace”) colpiscono i risparmi per recuperare attraverso l’istituto del pignoramento i soldi che questi agricoltori non hanno versato per pagare i contributi per i (presunti) servizi erogati loro dal Consorzio di Bonifica del Basso Volturno e da qualche tempo anche dell’Area Aurunca.

Vogliamo pensare così, un po’ romanticamente, che questi agricoltori si rifiutino di pagare i contributi consortili avendo constatato come vengono spesi i soldi dai caporioni spediti qui a Caserta con la solita modalità colonizzatoria dal governatore Vincenzo De Luca.

Soldi spesi in un regime di illegalità, divenuta di fatto legalità, negli anni, perché nessuna magistratura inquirente, né quella penale né quella contabile ha ritenuto che la violazione patente e ripetuta delle norme di carattere generale vigente contenute nella lex specialis di uno statuto meritassero un’attenzione, un normale sindacato d’indagine, nel rispetto di ciò che la Costituzione Italiana prevede quando esprime uno dei pochi vincoli a cui il terzo potere dello Stato dovrebbe sottostare, nell’articolo 112, ovvero l’obbligatorietà dell’azione penale.

Ad oggi, 3 agosto 2023, sono trascorsi 7 anni e mezzo da quando nel gennaio 2016, su pressione e designazione dell’allora neoconsigliere regionale Stefano Graziano il governatore della Campania Vincenzo De Luca nominò lo stralunatissimo e improbabilissimo Carlo Maisto da Frignano commissario del Consorzio (che allora era solo del Basso Volturno), che si autodefinì testualmente, in un video che meriterebbe un posto di riguardo nelle teche Rai, magari da trasmettere nella trasmissione Techetechetè, la “manolunga” di De Luca.

Doopo la manolunga di De Luca, è arrivata la “mano soffice” del governatore.

Mentre la vena un po’ cafonal di Maisto suscitava anche qualche sorriso, il suo successore Francesco Todisco da Avellino ha suscitato fino ad ora solo indignazione. Felpatamente ha cercato, infatti, di accontentare tutti.

Anche le aree del centrodestra, in modo da poter operare in pace affinché la sua carica di commissario fosse tale solo nominalmente, perché, parimenti al suo predecessore, Todisco ha violato ogni giorno, ora ora, ogni minuto, ogni secondo, ciò che è scritto a lettere di fuoco nella legge regionale n. 4 del 2003, che Casertace avrà citato una cinquantina di volte.

A fronte di questo testo legislativo, Francesco Todisco, come del resto Carlo Maisto, ha fatto le seguenti cose.

Assunzioni a tempo determinato e indeterminato, trincerandosi dietro la natura politica anomala e controversa di questi carrozzoni che, per alcuni giudici del lavoro non sono enti pubblici stricto sensu e dunque non sottoponibili ad un regime che nasce da un principio costituzionale secondo il quale nella pubblica amministrazione si è assunti solo con concorso. Noi non siamo stati mai d’accordo quando le scorciatorie sono state imboccate da organismi almeno sulla carta legittimi, in quanto eletti da un’assemblea, figuriamoci quando ad agire sono stati i commissari, che avrebbero il potere solo di badare all’ordinaria amministrazione e di fare il più presto possibile per riconsegnare il solenne diritto di potestà all’organo assembleare, secondo una norma di rango importante, visto che una legge regionale, peraltro mai impugnata dal governo nazionale e dunque non confliggente con alcuna legge dello Stato, chiarisce in maniera indiscutibile.

Assunzioni, ma anche incarichi esterni e consulenze a gogo in cui sono state tritate cifre clamorose attinte da qui canoni che alcuni agricoltori non hanno pagato subendo un pignoramento e che tutti gli agricoltori non dovrebbero pagare andando con i forconi sotto alla sede di via Roma dove opera Todisco e tutti gli storici mandarini del Consorzio di Bonifica: Mastracchio, Pignata, e menomale che Marcantonio Abate da Aversa, che noi definimmo “l’eroe delle due pompe”, è andato in pensione dopo aver trasformato l’ufficio legale in una sorta di luna park in cui tutti andavano per portarsi via quantomeno un orsacchiotto garantito.

E potremmo continuare per ore nell’elenco degli atti di gestione di un commissario che a fronte di ciò che la legge gli consentirebbe di fare (quasi niente) ha gestito e gestisce centinaia di milioni di euro per appalti e altre diavolerie simili.

C’è stato, qualcuno, come abbiamo raccontato che, nei mesi scorsi, si è rivolto al Tar della Campania.

I giudici amministrativi che di solito flirtano con i potenti, di fronte all’evidenza del significato dell’articolo 32 comma 3 della legge 4 del 2003, non hanno potuto far altro che accogliere il ricorso con cui si impugnava una delibera della giunta regionale con la quale il cabarettista di professione, che nelle sue gag fa il moralista su tutto e tutti, voleva modificare la legge trasformando il commissario non eletto da nessuno ma uscito dal suo taschino magico in un onnipotente con poteri infiniti.

Un vero e proprio colpo di Stato consumato sulla pelle di migliaia di agricoltori i quali dovrebbero pagare un canone per vedersi abolite le prerogative statutarie, per vedere abolito i poteri dell’organo assembleare.

In malafede e solo per guadagnare tempo e continuare a inciarmare, Todisco non è andato al Consiglio di Stato, che si sarebbe messo le mani nei capelli di fronte ad un eventuale ricorso, da lui ispirato e firmato dalla Regione Campania, ma ha organizzato una vera e propria melina, ricorrendo a una procedura che di fronte a una sentenza tombale, lapidaria, come quella che ha accolto il ricorso sui poteri del commissario, non si fa in quanto è inutile.

In pratica la Regione e il Consorzio, che i soldi dei ricorsi non li mettono di tasca propria, ma li attingono dalle tasche dei consorziati, hanno chiesto al Tar perché 1+1 fa 2 e non 3, come loro sostengono.

Cosa poteva rispondere il Tar se non ribadire ciò che aveva già sancito nella sentenza. L’ha fatto con un’ordinanza pubblicata lo scorso 31 luglio. Citiamo solo un paio di passaggi, perché onestamente c’è poco altro da dire:

(…)Devono ritenersi comprese nel perimetro dei poteri commissariali tutte le attività strettamente connesse all’indizione delle elezioni per il rinnovo degli organi consortili che non abbiano contenuto discrezionale e quindi includendo tutte le attività che comportino la necessità di adeguamenti formali non discrezionale e strettamente legati al compito di indire nuove elezioni per il quale la gestione commissariale è stata avviata (…)

Un tribunale afferma questo? E chi se ne frega? Mica l’Italia è uno Stato di diritto; mica c’è qualcuno che non sia questo giornale che si pone e pone il problema del valore, del significato e degli obiettivi di una legge e delle leggi.

Operando come fa De Luca a Napoli e come operano al Consorzio di Bonifica l’Italia non dovrebbe essere uno Stato di diritto, perché se di fronte ad una enunciazione tutto sommato banale, indiscutibile, ovvia, di un tribunale, te ne freghi, vuol dire che collochi una carica di tritolo sotto a uno degli articoli fondamentali della nostra Costituzione, il 3, che tra le altre cose sancisce solennemente che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge.

Un principio che non a caso campeggia in ogni aula di tribunale. Altro che uguali, questi della legge fanno veramente strage. Non sappiamo se ci siano i termini per impugnare la prima sentenza del Tar. Crediamo di no, perché sono già trascorsi diversi mesi (risale al 7 febbraio 2023).

Riteniamo che anche l’ordinanza, che risponde a una richiesta di chiarimento, sia difficilmente impugnabile davanti all’organo supremo della magistratura amministrativa.

Se affermiamo queste cose è perché riteniamo che De luca, Todisco, l’assessore all’agricoltura Nicola Caputo, si inventeranno sicuramente qualcosa pur di resistere al doppio pronunciamento del Tar. Questa si chiama eversione.

E forse qualcosa abbiamo già capito. Due sentenze del Tar avendo sancito che una delibera della giunta regionale che voleva cambiare le carte in tavola dei poteri commissariali, è illegale, saranno aggirate infilando la stessa sostanza tossica nella prossima finanziaria regionale.

Se il consiglio l’approverà, non si potrà andare al Tar, ma ci sarà qualcuno, e a questo punto saremo noi i primi a perorare e metterci anche qualcosa di soldi (dove c’è gusto non c’è perdenza) affinché gli aventi diritto a farlo presentino un ricorso alla Corte Costituzionale.

Ma Caserta e la sua provincia sono realmente una carta ancora più sporca di quella che cantava Pino Daniele come metafora sconsolata della sua Napoli degli anni ’70. E qui, come lì, a partire dai palazzi dove dovrebbe essere erogata la giustizia, dove dovrebbe essere garantito l’articolo 3 della Costituzione, “nisciuno se ne ‘mporta”.