“Devi metterti a posto”. La frase detta all’imprenditore è una minaccia mafiosa. CONDANNATO 52ENNE PER TENTATA ESTORSIONE

19 Aprile 2022 - 09:32

Sul caso, avvenuto in un cantiere di Teverola, anche i giudici della Cassazione hanno ritenuto corretta la sentenza di condanna a 2 anni e mezzo di carcere per un 52enne aversano. Nelle motivazioni, gli ermellini sottolineano come in territorio quale la provincia di Caserta, in questo caso l’agro Aversano, il messaggio intimidatorio “silente” abbia un valore pari ad una richiesta estorsiva chiara e precisa

TEVEROLA – Diventa definitiva la condanna per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso per Carmine Lucca, 52 anni originario di Aversa, in primo grado a due anni e mezzo di carcere, un verdetto emerso a seguito di un giudizio con rito abbreviato, poi confermato anche dalla corte di Appello.

I legali di Lucca hanno presentato ricorso in Cassazione, motivandolo, tra le altre cose, con la circostanza che l’imprenditore, la parte offesa in questo procedimento, non aveva riconosciuto l’altro imputati nel processo, il presunto ras Barbato, quale capoclan della zona e quindi “è da escludere che egli avesse percepito di avere di fronte un presunto camorrista“.

L’uomo aveva rivolto una richiesta reiterata ad un imprenditore edile che lavorava in un cantiere ricadente nel territorio di Teverola, quella di “mettersi a posto” recandosi a Teverola o a Carinaro, dove per mettersi

a posto, nella lettura data dalla corte, significava andare dal capoclan locale Barbato per pagare il pizzo e quindi “regolarizzarsi” rispetto alle richieste della criminalità.

Secondo i giudici di Cassazione questa frase ha assunto significato estorsivo, legato anche al territorio dove è avvenuta la circostanza.

Come si può leggere nella sentenza, infatti, viene dato risalto al fatto che la provincia di Caserta, l’agro Aversano sia un luogo fortemente soggetto all’influsso della criminalità organizzata e quindi anche un tentativo estorsivo velato, un messaggio intimidatorio silente, privo di un’esplicita richiesta, non lascerebbe adito a dubbi sul fine di quelle parole.

Visto questo quadro delle circostanze, i giudici dell’ultima istanza hanno rigettato il ricorso, confermando la sentenza.

Se volete approfondire questa sentenza potete leggerla nel link in basso.

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