DI NUOVO IN ZONA ROSSA. Da CASERTA l’allarme dei pizzaioli. “Siamo allo stremo, solo con il delivery non sopravviveremo”

5 Marzo 2021 - 19:00

CASERTA/CAIAZZO/SUCCIVO – Le istituzioni non hanno ben chiaro il lavoro del pizzaiolo, spesso ci considerano come un qualcosa che viene dopo la cucina. E questo, in un momento di difficoltà come quello che stiamo vivendo, si ripercuote sulle nostre attività”. E’ l’allarme lanciato da Franco Pepe, titolare della nota pizzeria ‘Pepe in grani’ di Caiazzo, riconosciuto come pizzaiolo numero uno al mondo da Forbes. “Siamo ben consci della situazione attuale ma stiamo pagando l’incertezza delle istituzioni. Per noi, ad esempio, aprire solo a pranzo serve a poco. La pizza, a differenza della cucina, è un prodotto serale. Stesso discorso per delivery o l’asporto, non bastano a portare avanti un progetto, soprattutto nei paesi dell’entroterra e con pochi abitanti.

Così come i pochissimi ristori arrivati sono palliativi: non vogliamo soldi, ma lavorare con continuità”.Per Pepe manca dialogo: “Il problema principale è la totale assenza di un rapporto con gli organi di governo. Le associazioni di categoria hanno fallito. Non abbiamo mai notizie certe, siamo costretti ad avere indicazioni unicamente dai media. Così non c’è programmazione, è arrivato il momento che una nostra rappresentanza dialoghi con governo e regione, ci facciano sedere ai tavoli decisionali per dire la nostra”.

Pepe poi conclude: “Registriamo un calo di fatturato importante rispetto allo scorso anno, ora vogliamo lavorare con continuità, anche al 50%, ma senza dover chiudere ogni due settimane. Va fatto un lavoro importante sul territorio, un’analisi delle attività per far ripartire almeno chi ha i locali adatti ad ospitare clienti in totale sicurezza”. Critiche alla gestione istituzionale della pandemia arrivano anche da Salvatore Lioniello, il noto ‘pizzaiolo con il cappello’ dell’omonima pizzeria di Succivo: “Siamo stanchi. Registriamo fatturati in forte calo, una perdita di circa l’80% rispetto al 2019.

Ma lo Stato ci chiede sempre il 100% di quanto gli spetta. Stiamo arrivando al collasso, e rischiamo di chiudere tutti. L’asporto e il delivery, uniche attività consentite, sono acqua che non toglie sete, specie per le attività più grandi con costi più alti e, quindi, prezzi più alti. Così come l’apertura a pranzo, che per una pizzeria non è il massimo. E la più grande offesa – continua Lioniello – è vedere invece Sanremo in questa settimana andare tranquillamente in scena, mentre la ristorazione è drammaticamente ferma. Serve un risarcimento importante dallo Stato per tutto quello che stiamo perdendo, sia a livello economico che psicologico. Stanno affossando la classe imprenditoriale, soprattutto quella più giovane che ha spese enormi. I nostri dipendenti – conclude – sono in cassa integrazione, ma non è ancora arrivato un soldo. Come fanno a mandare avanti le famiglie? Ci trattano come dei burattini, se si deve chiudere, lo facessero per un mese, anche due. Chiudessero tutto però, e alla ripartenza torniamo a lavorare con continuità e senza interruzioni. Soprattutto non solo a pranzo”.