Ecco come il CLAN DEI CASALESI ha dominato il mercato milionario degli impianti dei manifesti 6 per 3

17 Luglio 2019 - 12:54

CASAL DI PRINCIPE(g.g.) Da alcuni punti, quelli sicuramente più significativi, dell’ordinanza sul sistema-Iavarazzo, si capisce che il business più importante del clan dei casalesi era rappresentato dal controllo e dalla gestione di tantissimi spazi, utilizzati per le affissioni dei mega manifesti, dai 6*3 in su.

Lo schema tutto sommato non era complicato, relativamente al tentativo di mascherare le vere identità proprietarie delle diverse società. Il capo 2 parte dal problema che si crea in Publione srl, sede in Corso Umberto a Casal di Principe, quando questa società viene monitorata e colpita dalle misure di prevenzione da parte dell’autorità giudiziaria. Ciò rende necessaria l’intestazione delle quote societarie dalla impiegata Lucia Solipago, una di fiducia del boss Mario Iavarazzo, al fratello e alla cognata di quest’ultimo, Francesco Iavarazzo e Andreina D’Agostino, quest’ultima non indagata in questo capo di imputazione provvisoria che coinvolge, per i reati di intestazione fittizia e associazione a delinquere di stampo camorristico, gli appena citati Mario e Francesco Iavarazzo e anche il terzo fratello Michele Iavarazzo.

Entrando nel vivo del discorso dei tabelloni pubblicitari, una volta esperito inutilmente il tentativo di salvare anche Publione, Mario Iavarazzo ha dovuto collegarsi a degli interlocutori che coprissero la sua identità e che gli consentissero di continuare a condurre i suoi affari. Non bastava solamente la nuova società ADV Comunication srl, intestata a Nicola Sabatino

da San Marcellino , ma occorreva mettere in campo una collaborazione solida con chi, nel mondo dei tabelloni, già c’era.

Ed è proprio questa esigenza che fornisce la struttura al primo e principale capo di imputazione, nel quale sono coinvolti da indagati, oltre a Mario Iavarazzo anche i fratelli Francesco e Michele, il loro diretto collaboratore nonchè interfaccia Gennaro Esposito, ma sopratutto l’altro imprenditore importante del  settore , quell’Armando Aprile, nato ad Avellino, 50 anni fa, ma residente a San Marcellino, luogo cardine di tutta questa vicenda, visto che lì risiedeva e risiede ancora Nicola Sabatino, prestanome designato da Iavarazzo per la sua nuova creatura cioè per la ADV Comunication srl. Armando Aprile mette a disposizione del clan la sua società, la SPM srl, viva, vegeta, operante e significativamente insediata nel mercato dei tabelloni pubblicitari. Tutti insieme indagati ai sensi dell’articoli 513 bis perchè esercitavano una illecita concorrenza nel settore, utilizzando naturalmente la forza di intimidazione derivante dall’essere riconoscibili come camorristi noti del clan dei casalesi.

Il capo 4 è intimamente connesso al capo 1. Questo perchè, quando Mario Iavarazzo scopre che anche l’ADV comunication è sottoposta ad indagini, da parte dell’autorità giudiziaria, impone al suo prestanome, il già citato Nicola Sabatino, di stipulare un contratto di noleggio dei cartelloni con la SPM srl in modo da togliere dalla scena, cancellandone la visibilità formale e giuridica, la sua società, cioè l’ADV Comunication srl. Ma quest’ultima azienda non è al di sopra di ogni sospetto. Ed è per questo che Armando Aprile la gestisce, a sua volta in maniera occulta, utilizzando il nome del suo socio Giuseppe Franco. Tutti insieme “appassionatamente” creano una sorta di gigante nel settore delle affissioni pubblicitarie, un polo imprenditoriale che con molta facilità, si può ben immaginare come, otteneva le sue lucrose commesse.

In conclusione ci occupiamo del capo 5, chiudendo la prima trattazione di tutti i capi di imputazione, visto che ieri ci siamo soffermati sul numero 2, che ha meritato un focus perchè si tratta della conferma della società di Mario Iavarazzo, nell’attività di gestione della pubblicità della Cis Meridionale, proprietaria del centro commerciale Jambo di Trentola Ducenta, e poi sul capo 6 che abbiamo anticipato l’altro ieri perchè conteneva, collegati alla storia del bar Roma di Anzio, acquistato di fatto dal clan dei casalesi, i nomi degli ultimi due indagati, questa volta a piede libero, dell’ordinanza, l’aversano trapiantato nella località del litorale laziale, Raffaele Letizia e Angelo Pellecchia, finto gestore del bar, prestanome dell’appena citato Letizia e di Pasquale Iavarazzo, altro fratello di Mario Iavarazzo che però in questa ordinanza non è indagato.

Dunque, dicevamo del capo 5. Gli indagati sono Domenico Ferraro e Luigi Drappello. Il primo è il titolare della tipografia Ital Stampa ed è colui che si mette completamente a disposizione di Mario Iavarazzo, ospitando addirittura le riunioni tra questi e Armando Aprile. Ancor più concretamente, Domenico Ferraro metteva a disposizione terreni di sua proprietà per installare gli impianti di affissione targati clan dei casalesi. Inutile dire che Ferraro e Iavarzzo si consultavano stabilmente, al punto da mettersi d’accordo sulle versioni che Ferraro avrebbe dovuto dare agli uomini della polizia giudiziaria, che avevano perquisito la sede di Ital Stampa. Per quanto riguarda invece Luigi Drappello è cognato e immancabile prestanome, l’ennesimo di questa storia, stavolta proprio di Domenico Ferraro che gli intesta proprio la Ital Stampa.

Il resto, ancor più dettagliato, anche se questa nostra trattazione lo è stata, li trovate negli stralci dei capi di imputazione provvisoria che trovate in calce a questo articolo.

 

QUI SOTTO LO STRALCIO INTEGRALE DELL’ORDINANZA