Ecco la mappa dei clan nel Casertano: aggregati “in una sorta di federazione riferita ai Casalesi”

7 Aprile 2022 - 08:58

CASERTA – L’attività dei clan di camorra nella provincia di Caserta “continua a sussistere grazie a quegli imprenditori da sempre abituati ad avvalersi della mediazione dell’organizzazione criminale e dei consistenti capitali investiti nelle attività imprenditoriali dai clan che, in tal modo, governano direttamente o indirettamente alcuni processi economici, interferendo spesso pesantemente anche nei meccanismi decisionali della pubblica amministrazione“.

E’ quanto si legge nella relazione semestrale della Dia nella parte relativa alla criminalità organizzata in Campania e, in particolare, alla provincia casertana. Le più recenti attività investigative confermano “l’elevata capacità di penetrazione nella cosa pubblica della criminalità casertana e in special modo quella riconducibile al cartello dei Casalesi al fine di inserire proprie aziende in comparti strategici come quelli della grande distribuzione, del ciclo dei rifiuti e della raccolta delle scommesse. Non di rado imprenditori collegati alla criminalità organizzata interagirebbero direttamente con funzionari infedeli della pubblica amministrazione in una prospettiva di comune profitto specialmente negli appalti per la realizzazione delle grandi opere“.

Alcuni dei clan presenti nella provincia di Caserta, spiega il rapporto Dia, sono aggregati “in una sorta di federazione riferita ai Casalesi”, ma i componenti del cartello criminale “non possono oggi essere considerati come fenomeno unitario, quanto piuttosto come intranei a un’organizzazione non conflittuale composta da famiglie storiche e tuttora vitali dell’area casertana. Ciascuna consorteria avrebbe continuato a mantenere sul proprio territorio di riferimento una forza intimidatrice capace di garantire la rispettiva continuità operativa”.

CASALESI

La realtà casertana ha visto negli ultimi anni nei suoi assetti criminali mutamenti strutturali ed organizzativi. A fattor comune tuttavia ciascuna consorteria avrebbe continuato a mantenere sul proprio territorio di riferimento una forza intimidatrice capace di garantire la rispettiva continuità operativa. Giova ricordare al riguardo come nella provincia si assista all’aggregazione di alcuni sodalizi riuniti in una sorta di federazione riferita ai CASALESI. I componenti del cartello criminale peraltro non possono oggi essere considerati come fenomeno unitario ma piuttosto come intranei ad una organizzazione non conflittuale composta da famiglie storiche e tuttora vitali dell’area casertana L’attività dei clan continuerebbe a sussistere grazie a quegli imprenditori da sempre abituati ad avvalersi della mediazione dell’organizzazione criminale e dei consistenti capitali illeciti investiti nelle attività imprenditoriali dai sodalizi che in tal modo governerebbero direttamente e/o indirettamente alcuni processi economici interferendo spesso pesantemente anche nei meccanismi decisionali della pubblica amministrazione.

Le più recenti attività investigative confermerebbero infatti l’elevata capacità di penetrazione nella cosa pubblica della criminalità casertana e in special modo quella riconducibile al cartello dei CASALESI al fine di inserire proprie aziende in comparti strategici come quelli della grande distribuzione, del ciclo dei rifiuti114 e della raccolta delle scommesse. Non di rado imprenditori collegati alla criminalità organizzata interagirebbero direttamente con funzionari infedeli della pubblica amministrazione in una prospettiva di comune profitto specialmente negli appalti per la realizzazione delle grandi opere. A tal proposito il 21 giugno 2021 la DIA ha operato un sequestro di beni per un valore di 2 milioni di euro nei confronti di un imprenditore casertano già condannato dalla Corte d’Appello di Napoli a 7 anni di reclusione intraneo al clan ZAGARIA ed attivo nella gestione sistematica del settore degli appalti e degli affidamenti diretti dei lavori.

Fino al suo arresto avvenuto nel 2015 il soggetto avrebbe ottenuto grazie alla protezione camorristica l’assegnazione di ingenti commesse pubbliche erogando al clan una quota parte degli utili, adoperandosi per ottenere favori dai politici locali per conto del sodalizio e procacciando anche voti ai candidati amici prescelti. Si sarebbe così realizzato un circuito tra imprese colluse che attraverso l’offerta di posti di lavoro realizzavano un bacino di voti destinati ad eleggere amministratori in grado di pilotare conferimenti ed aggiudicazioni in favore di imprese legate ai clan. L’operatività delle principali consorterie di camorra casertane sarebbe tuttora confermata nonostante le numerose misure cautelari eseguite, lo stato di detenzione dei maggiori esponenti criminali destinatari di pesanti condanne e le scelte di collaborazione con la giustizia intraprese da soggetti che hanno rivestito ruoli di vertice all’interno di organizzazioni criminali come gli IOVINE e gli SCHIAVONE.

A Marcianise e nei comuni limitrofi si riscontrerebbe la presenza di due gruppi in passato fortemente antagonisti ed autonomi rispetto al cartello dei CASALESI. Si tratta dei BELFORTE di estrazione cutoliana il cui leader è attualmente detenuto in regime di 41 bis O.P. e dei PICCOLO/LETIZIA collegati in passato alla c.d. Nuova Famiglia. I due sodalizi che sembrano non aver perso la propria aderenza sul territorio allo stato attuale non risulterebbero più in conflitto essendosi suddiviso il territorio per la commissione delle attività illecite.

Il clan BELFORTE è attivo anche nel territorio di Maddaloni ove sarebbe rappresentato dal gruppo D’ALBENZIO che sebbene significativamente disarticolato da provvedimenti giudiziari continuerebbe a gestire sia l’attività estorsiva in pregiudizio di imprenditori ed esercizi commerciali, sia la vendita di sostanze stupefacenti. A Santa Maria Capua Vetere sarebbero presenti il gruppo DEL GAUDIO (Bellagiò) e l’antagonista FAVA significativamente indebolito dalle scelte collaborative intraprese da alcuni affiliati di spicco. Nel comprensorio di San Felice a Cancello, Santa Maria a Vico ed Arienzo si segnala la presenza del gruppo MASSARO.

A Sessa Aurunca e Mondragone risulterebbero operativi i gruppi minori dei MUZZONI e quello facente capo ai LIGATO. Il territorio sarebbe inoltre controllato dal sodalizio GAGLIARDI-FRAGNOLI-PAGLIUCA eredi della famiglia LA TORRE legati ai BIDOGNETTI. Il gruppo avrebbe subito un ridimensionamento a seguito di recenti operazioni di polizia che potrebbero averne indebolito gli assetti. La zona di Castel Volturno che sarebbe sotto l’influenza del clan BIDOGNETTI registra ormai da anni la presenza di organizzazioni extracomunitarie soprattutto di nazionalità nigeriana che destano particolare allarme in quanto sarebbero diventate uno dei punti di riferimento dei traffici internazionali di droga e della gestione della prostituzione su strada.

Sarebbero state individuate numerosissime connection house al cui interno viene esercitata la prostituzione da donne nigeriane spesso giovanissime soggiogate mediante la nota pratica dei riti voodoo e costrette a pagare il debito contratto per raggiungere l’Europa. Come in altre zone del territorio nazionale le cellule “Eye” e “Black Axe” di Castel Volturno opererebbero inquadrate in un sistema di più vaste dimensioni dove spesso lo sfruttamento della prostituzione e la tratta di esseri umani emergono nel corso di indagini sul traffico di sostanze stupefacenti ciò a dimostrazione dei diversificati interessi criminali delle organizzazioni nigeriane e africane.

Anche la criminalità albanese avrebbe acquisito una posizione di primo piano nel panorama casertano essendo state rilevate alleanze strategiche e funzionali con esponenti della criminalità organizzata locale in particolare per il traffico delle sostanze stupefacenti. Si rileva inoltre la presenza di bande provenienti dall’est europeo attive nei settori dello sfruttamento della prostituzione, delle rapine e delle estorsioni con il sistema del c.d.” cavallo di ritorno”.