ESCLUSIVA CASERTACE. Roba da pazzi. Due agenti di Polizia Penitenziaria imputati nel processo per le sevizie ai detenuti lavorano ancora nel carcere di S.Maria C.V.

6 Maggio 2022 - 19:19

SANTA MARIA CAPUA VETERE – Da quando facciamo questo mestiere, abbiamo sempre registrato la forte vivacità che anima le sigle sindacali che operano a tutela dei lavoratori dell’amministrazione carceraria.

Ce ne sono diverse e sono mediamente molto attive. Certo, la clamorosa vicenda giudiziaria che ha coinvolto decine e decine, addirittura centinaia, di operatori del carcere di S.Maria C.V li ha un po’ abbacchiati, questi sindacati. Però, mano mano stanno riprendendo fiato e smalto e da loro si può sempre apprendere qualche notizia interessante.

C’è un grande chiacchiericcio su una vicenda riguardante le due agenti di polizia penitenziaria Tiziana Perillo e Nunzia Di Donato. Entrambe sono rimaste coinvolte nella brutta storia dei maltrattamenti, peraltro provati da un’ampia documentazione audiovisiva.

Ci dicono che Nunzia Di Donato è una parente dell’ex ministro del Psi  e punto di riferimento del Garofano in Campania, insieme al salernitano Carmelo Conte, nel corso di tutta l’epoca aurea craxiana, fino all’esplosione deflagrante e distruttiva di Tangentopoli.

Insieme alla Perillo sta affrontando, da imputata, il processo nel quale si difenderà e rispetto al quale noi le auguriamo di essere assolta e di poter chiarire la propria posizione in merito alle accuse formulatele.

Gli imputati di questo processo, che si svolge proprio a S.Maria C.V. non hanno perso il posto di lavoro.

Aggiungiamo noi giustamente, non pendendo su nessuno di loro nemmeno una condanna di primo grado. Siccome poi si tratta di lavoratori che svolgono una professione che non gli permette certo di navigare nell’oro, il discorso della piena conservazione del posto di lavoro, magari anche fino ad un eventuale sentenza di colpevolezza passata in giudicato, è sacrosanto.

Non c’è dubbio, però, che gli imputati possano lavorare in un qualsiasi penitenziario italiano eccetto uno, quello di S.Maria C.V., dove nelle notti dell’aprile 2020 si consumarono atti disonorevoli che hanno messo a dura prova l’immagine di tutti i baschi azzurri italiani.

Non possono lavorare, oggi, a S.Maria e non certo per una motivazione punitiva, per un antipasto di una possibile condanna. Non possono lavorarci perché in quelle celle, in quei corridoi, all’interno di quel carcere, si consumarono i reati che condussero alla retata.

Quelle celle e quei corridoi furono messi per mesi e mesi sotto alla lente di ingrandimento degli inquirenti, fino al momento della formale chiusura delle indagini preliminari.

Ma qui non stiamo parlando di problemi attinenti ai rischi che poi si traducono nei requisiti, nei motivi che giustificano l’emissione di un provvedimento limitativo della libertà personale durante la fase dell’indagine o a conclusione delle stesse.

Parliamo di un processo già in corso, nel quale sfileranno decine e decine di testimoni, tra i quali anche diversi detenuti, qualche loro congiunto. Non sappiamo, in tutta franchezza, se i detenuti citati come testimoni risiedano ancora nel penitenziario posto al confine di San Tammaro.

Può darsi che siano stati trasferiti altrove. Non sappiamo neppure se nel carcere di S.Maria C.V. sia rimasto recluso qualche congiunto dei detenuti sottoposti a violenze e sevizie, che i loro racconti dovranno ribadire al cospetto dei giudici in sede di dibattimento. Insomma, non sappiamo nulla.

Sappiamo solamente che le signore Tiziana Perillo e Nunzia Di Donato sono in servizio all’interno del carcere di S.Maria C.V., come sta clamorosamente emergendo in queste ore.

Insomma, è come se tutto quello che attiene alle caratteristiche fisiche e ambientali della vita e della convivenza all’interno di quel carcere siano considerate irrilevanti e non condizionante in alcun modo rispetto alle trame del processo. Il che, come si può ben capire, è una str..ata clamorosa, che sicuramente non abita né la testa dei pubblici ministeri né quella degli avvocati difensori, men che meno quella degli avvocati di parte civile, né presumibilmente quella dei giudici del collegio.

Continueremo a seguire la vicenda.