GOMORRA 5. Perdono e Tradimento. Il delitto di Pino Buttone, il prezzo fatto pagare al Capitone per il perdono: “Ammazza il tuo amico”

25 Maggio 2019 - 12:16

MARCIANISE (g.g.) – La galleria dei pentiti della camorra di Marcianise che contribuiscono, con i loro racconti, a tracciarne la storia e tutta una serie di moventi, alcuni dei quali inediti che determinarono la “Mattanza delle Mattanze”, una guerra tra i clan Belforte e Piccolo con pochi precedenti e con pochi eguali, forse superata solo da quella tra Nuova Camorra Organizzata e Nuova Famiglia, o anche quella tra i due cartelli del narcotraffico di Secondigliano del Clan Di Lauro e degli Scissionisti, aggregatisi attorno al boss Marino.

Continua la storia con un camorrista a tutto tondo e un poi sui generis: Bruno Buttone. Questi chiarisce, al cospetto dei magistrati della Dda che lo interrogano, che tutto quello che sa sulla nascita della camorra organizzata a Marcianise, sulle scissioni e sulla guerra, lo ha appreso, soprattutto durante la comune detenzione carceraria, da Domenico Belforte. D’altronde non poteva che essere così, perché Buttone, rispetto ai Bifone, agli stessi Belforte, ad Antimo Quaqquarone Piccolo, è espressione di una nuova generazione, giovane negli anni ’90 e non nei ’70 e ’80 com’è stato, invece, per i protagonisti principali della Guerra del Coprifuoco.

Quando viene scoperta la sua famosa pen drive, emergono dati che sembrano ordinati, rubricati, organizzati come nel più moderno degli studi di uno o più dottori commercialisti. Già la pen drive, peraltro adottata anche da Michele Zagaria, uno della vecchia guardia ma molto moderno, capace di interpretare il progresso e anche per questo divenuto potentissimo e ricchissimo, rappresenta di per sé, una fotografia emblematica. Bruno

Buttone è un camorrista moderno, proiettato verso il XXI° secolo.

Buttone sottolinea vari aspetti relativi al clan rivale dei Piccolo. Battuti in certi momenti, soverchiati dalla potenza criminale dei Belforte, i Quaqquarone hanno incontrato serie difficoltà ad integrare le perdite con altre affiliazioni marcianisane.

Gli aspiranti criminali locali temevano, infatti, la forza dei Belforte e dunque con i Piccolo non ci andavano. Questi hanno sfruttato la loro scissione dalla NCO per creare rapporti con i gruppi rinnovati del clan dei Casalesi, cioè quelli affermatisi dopo l’omicidio di Antonio Bardellino. Serbatoio di affiliazione e di arruolamento sono state le carceri, dove i Piccolo prendevano i loro soldati tra malavitosi della provincia di Napoli rimasti a corto di quattrini e che comunque furono per la maggior parte di essi ammazzati dai Belforte, quando tentarono di contendergli le estorsioni, soprattutto in attività commerciali che già pagavano i Mazzacane.

Buttone parla anche dell’omicidio del fratello Giuseppe, detto Pino. Una storia che si connette e si intreccia direttamente alla clamorosa decisione di Mimì Belforte di non far ammazzare Felice Napolitano ‘O Capitone, ma di arruolarlo, utilizzando per un certo periodo anche il fattore sorpresa, cioè il fatto che Napolitano continuava, da infiltrato, a stare attorno ai Quaqquarone ma in realtà lavorava, spiandone le mosse, già per i rivali.

Napolitano viene perdonato per l’omicidio di Pino Buttone da lui organizzato a condizione che lui elimini il suo braccio destro, cioè Alfredo Di Giovanni, altro pianificatore del delitto di Pino Buttone. Cosa che puntualmente avviene all’interno di un’auto nella quale Di Giovanni si era seduto tranquillamente ritenendo di stare con i suoi amici e non con i suoi carnefici, cioè lo stesso Felice Napolitano e Antimo Piccolo detto Ben Hur, fedelissimo di ‘O Capitone e omonimo del boss Antimo Piccolo Quaqquarone.

Il passaggio di Felice Napolitano al clan Belforte diventò chiaro nel momento in cui ‘O Capitone organizzò, insieme a Salvatore Belforte, uno degli omicidi più importanti della guerra: quello di Angelo Piccolo, cofondatore dell’omonimo clan insieme all’appena citato fratello Antimo, davanti al locale La Grigliata di Casoria, ad opera di un commando formato dall’altro Felice Napolitano, cioè il cugino di ‘O Capitone, detto Ciavarella, Pasquale Cirillo, un altro killer arrivato da Cercola, quest’ultimo cognato del boss Ciro Sarno, in quanto sposi di due sorelle.

 

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