GUERRA IN UCRAINA, il commento di Luigi Cobianchi: “Non si ripeta lo stesso errore che si fece con Hitler”

26 Febbraio 2022 - 17:35

IL COMMENTO DI LUIGI COBIANCHI:

Infelici coloro che non imparano dalla Storia: sono condannati in partenza e in eterno!

Le Nazioni Unite non ripetano lo stesso errore che commise la Società delle Nazioni con Hitler, all’atto dell’ Anschluss dell’Austria.
Purtroppo i dittatori, tutti i dittatori, soprattutto quelli che si ammantano di democraticità, tenendo in piedi, all’uopo, organi e organismi fantoccio di una sovranità popolare del tutto inesistente, capiscono una sola lingua: quella della forza!
Probabilmente se Hitler fosse stato fermato immediatamente, prima di avere modo di rafforzare se stesso, la propria ‘dottrina’, i propri mezzi, anche a costo di mettere a bilancio il sacrificio degli uomini da dispiegarsi, non si sarebbe arrivati all’Olocausto e alla perdita, a causa del II conflitto mondiale, della mostruosa cifra di 60-70 milioni di vite umane, la stragrande maggioranza delle quali costituita da vittime del tutto innocenti.
Stiamo assistendo, dopo meno di cento anni, a una riproposizione – aggiornata in chiave da terzo millennio – del nazional-socialismo, ovvero di quell’efferata ideologia che ha saputo mettere assieme il peggio dell’elaborazione politico-filosofica della sinistra e della destra estreme.
Il vile attacco all’Ucraina di poche ore fa, senza una formale dichiarazione di guerra, riporta le lancette dell’orologio all’ignominia di Pearl Harbor, o, per venire a fatti che ci riguardano più direttamente, al fatidico 1861, in cui la massoneria anglosassone e francese cancellò la terza potenza economica d’Europa – il Regno delle Due Sicilie – con la complicità dei sabaudi, ricattati per bancarotta, di cui si serví per dare una parvenza di autodeterminazionismo popolare a un’azione puramente colonialista, con la costruzione, del tutto artefatta, dell’epopea risorgimentalista e del mito che trasformò un meschino mercenario di professione, nell’ “eroe dei due mondi”. Mutatis mutandis la medesima situazione creata, a tavolino, a mezzo del Donbass, con la narrazione artefatta di impulsi autonomi di unitarismo verso una ‘patria-madre’ di tutti, esistente solo nella mente di coloro a cui fa comodo crederci.
Anche allora il tentennare, per sincero amore della pace, da parte di un grande Re, di elevatissima statura morale e culturale, S.M. Francesco II – proclamato, di recente, Servo di Dio – e il suo eccessivo fidarsi della parola del ‘cugino’ – galantuomo solo di nome – provocarono, complice anche la corruzione sapientemente seminata da lungo tempo, una reazione a catena inarrestabile, le cui conseguenze pesano su tutti noi ‘Napolitani’, ancora ai dí nostri.
L’Europa, in questa vicenda, ha l’ultima occasione per dimostrare di non essere un ectoplasma, aggrovigliato in un apparato sconcertante di organismi e sedi, che sembrano, troppo spesso, avere come unica ragion d’essere la propria sopravvivenza a ogni costo.
In questi giorni, nelle prossime settimane, sotto l’onda propulsiva di eventi così drammatici e irreparabili – che minano alle fondamenta i principi cardine del Diritto internazionale, enunciati e condivisi, con sforzi intensissimi, a partire dal Congresso di Vienna, per arrivare alla Conferenza di Parigi – o si fa l’Europa politica, con tanto di forze armate e mezzi militari propri, o è bene prendere atto che il sogno di De Gasperi, Spinelli, Monnet, Schuman, Bech, Adenauer, Spaak è definitivamente tramontato.
Gli Stati Uniti d’America hanno, in questo frangente, l’ultima possibilità di riscattare le sconfitte, sia sul piano politico sia su quello militare, che hanno collezionato, ininterrottamente, dal 1945, a oggi e di riparare l’onta del recentissimo, scellerato ritiro dall’Afghanistan, tradottosi in un bagno di sangue innocente di civili inermi, soprattutto donne, adolescenti e bambini.
C’è un tempo per la diplomazia e un tempo, ahinoi, per scelte diverse.
Si pacem vis para bellum , dicevano i Romani.
A questa tristissima considerazione si piegò financo uno degli uomini di pace per eccellenza, San Giovanni Paolo II, Papa, il quale, compreso che con criminali sanguinari come Milošević non c’è trattativa che possa essere intavolata, ragionamento che possa essere avviato, invitò, nel corso di un Angelus domenicale, i governanti delle nazioni a fare quanto andava fatto, per fermare definitivamente il più grande genocidio della storia contemporanea, dopo quelli compiuti da Hitler, Tito e Pinochet.
Per quello che può contare, tutto l’affetto, la solidarietà, la vicinanza, anche in comunione di preghiera, al grande Popolo laborioso d’Ucraina e, in particolare, alle donne e agli uomini ucraini che, da anni, vivono e operano qui da noi in Italia – facendo tanto bene alle nostre famiglie e al nostro Paese – preoccupati e, talora, disperati, in queste ore, per i loro cari tanto lontani, anche a motivo dell’imbarazzante indifferenza – chiacchiere a parte – alle esplicite richieste di aiuto concreto che stanno giungendo, sempre più pressanti, alla Comunità internazionale, da parte del loro Presidente.

Luigi Cobianchi