I MAGISTRATI AUMM’ AUMM’. Il Pg Giovanni Salvi, esponente dei Ds, fratello dell’ex ministro Cesare, “manda a processo” davanti al Csm Palamara, il casertano Cesare Sirignano, Cosimo Ferri e altri 7

25 Giugno 2020 - 12:36

Chiusa l’istruttoria. Ora rischiano sanzioni fino all’espulsione dalla magistratura

 

CASERTA (g.g.) – Chissà se l’appartenenza di Giovanni Salvi alla corrente che un tempo si chiamava magistratura democratica, oggi, se non andiamo errati, si chiama area, in pratica le toghe di sinistra, creerà polemiche e delegittimerà finanche la decisione autorevolissima in quanto assunta da procuratore generale della Corte di Cassazione, carica che ricopre dal novembre scorso.

Il salentino Salvi non ha un nome qualsiasi: suo fratello maggiore Cesare è stato un esponente di spicco dei Ds, partito per il quale si è seduto in Parlamento da senatore e in rappresentanza del quale è stato ministro del lavoro, sia nel governo presieduto, a partire dal 1999, da Massimo D’Alema, che in quello, anno 2001, presieduto da Giuliano Amato. In poche parole una famiglia che è riuscita a mettere insieme la militanza politica con quella che dovrebbe essere la terzietà naturale di un magistrato. Va sottolineato infatti che se Cesare Salvi è stato senatore e ministro, anche Giovanni Salvi ha svolto una funzione politica nel momento in cui, ricordiamo bene le sue molte comparsate televisive, è stato portavoce nazionale della Federazione della Sinistra.

Comunque, al momento, resta la decisione importante assunta da un magistrato (oggi il più importante procuratore d’Italia) che ben conosce i meccanismi, sia dell’organo di autogoverno, cioè del Csm, di cui ha fatto parte, sia delle trame sindacali, dato che Giovanni Salvi tra le tantissime cariche ricoperte è stato anche vice presidente dell’Anm, di quell’Anm che oggi rinvia in pratica a giudizio, deferendolo davanti agli organi disciplinari del Csm, l’ex presidente Luca Palamara.

Oltre a Palamara, sono stati deferiti agli organi disciplinari del Csm anche altri 9 magistrati. Tra questi c’è anche il casertano di Castel Volturno, Cesare Sirignano, già pm della Dda di Napoli al tempo di Cafiero De Raho e successivamente di Franco Roberti con il quale pure aveva lavorato nella stessa Dda partenopea, nell’organico della direzione nazionale antimafia o Procura antimafia che dir si voglia.

Un altro nome eccellente è quello di un magistrato da molti anni in aspettativa, ma sempre al centro di ogni intrigo e delle relazioni tra politica, Pm e altri giudici che ha visto nell’hotel Champagne di Roma il luogo deputato per incontri e convivi tra i rappresentanti di due mondi che dovrebbero vivere costantemente a distanza sociale.

Stiamo parlando di Cosimo Ferri, uomo catapultato nella politica da Angelino Alfano che lo iscrisse a Forza Italia, salvo poi “portarselo” nel Nuovo Centrodestra, partito meteora totalmente scomparso al pari di Angelino Alfano, quando questi mollò Berlusconi per appoggiare il governo Renzi, nel quale Ferri entrò da sottosegretario.

Con Alfano a casa, Cosimo Ferri si aggregò al carro di Renzi che gli diede un collegio sicuro, sotto le insegne del Pd (insomma, trasformismo allo stato puro) alle elezioni politiche del marzo 2018, salvo poi aggregarlo ad Italia Viva di cui oggi fa parte.

Compariranno davanti al Csm anche i 5 ex componenti di questo organismo, dimessisi l’anno scorso, subito dopo lo scoppio dello scandalo delle prime intercettazioni. Si tratta di Antonio Lepre, Luigi Spina, Corrado Cartoni, Gianluigi Morlini e Paolo Criscuoli, tutti affiliati, pardon, associati alla corrente di centro Unicost di cui Luca Palamara è stato leader per diversi anni collegando molte delle sue attività alla collaborazione con Cesare Sirignano.

Gli ultimi nominativi dei deferiti sono quelli di due segretari del Csm dei quali cercheremo al più presto di individuare i nomi.