I NOMI. Arrestato un casertano nella maxi inchiesta sul denaro ripulito tra diamanti e lingotti d’oro

21 Febbraio 2024 - 10:03

CASERTA/REGGIO EMILIA – Il giro d’affari illecito da almeno 30 milioni di euro. È quanto hanno scoperto le indagini di Guardia di Finanza e Carabinieri che hanno portato in carcere 5 persone, di cui un uomo casertano, 7 ai domiciliari, tra questi un imprenditore e due commercialisti e altre 108 indagate.

Un’attività collegata ad ambienti della ‘ndrangheta che spaziava in otto regioni e vede coinvolte 81 società.  

Nel mirino una presunta organizzazione che viene ritenuta contigua ad ambienti della criminalità organizzata, finalizzata secondo le accuse a frodi fiscali, indebite percezioni di risorse pubbliche, reati fallimentari e, appunto, riciclaggio e autoriciclaggio.

Come detto, di cento gli indagati tra Emilia-Romagna, Calabria, Campania, Toscana, Lazio, Lombardia, Marche e Veneto e 81 le società coinvolte. Fiamme Gialle e i Carabinieri stanno procedendo con perquisizioni, con blitz ad Aversa e in alcuni comuni del casertano e del napoletano, e sequestri per 10,5 milioni. Il giro d’affari scoperto è di più di 30 milioni. 

Più di cento le perquisizioni, 251 le società utilizzatrici di fatture false e oltre 350 i militari impegnati, tra carabinieri e finanzieri, nell’esecuzione dell’operazione

Nel corso delle perquisizioni i militari hanno sequestrato 30 milioni di euro, oltre 300mila euro in contanti, lingotti d’oro, diamanti e pregiati Rolex. Nell’abitazione di uno degli indagati sono stati scoperti anche 18 chili di hashish e 4 di marijuana. Tra cartiere e aziende utilizzatrici dei loro servizi, sono complessivamente le 251 società coinvolte, operanti in diversi settori: edilizia, manutenzione, pulizie, noleggio auto di lusso, servizi, commercio all’ingrosso.

Tuttavia tra i reati non c’è il 416 bis cp, l’associazione a delinquere di stampo mafioso. Gli uomini e le donne del Team sono contigui, vicinissimi, a volte parenti di boss, ma non affiliati. Ma erano stati autorizzati ad impiegare il sistema inizialmente creato delle imprese mafiose per ripulire i propri illeciti introiti, ma ormai inteso da imprenditori disonesti come una possibilità di lucro. E poi con loro broker, professionisti compiacenti e “teste di legno”, soggetti che per 800 euro al mese erano disposti a fare gli amministratori-fantoccio delle cartiere.

È stata disposta la custodia cautelare in carcere per i fratelli Samuel e Gionata Lequoque, nati a Crotone e residenti a Reggio Emilia; Leonardo Ranati, di Reggio e Spyridon Lempesys. Decisi i domiciliari per Francesco Campaniello, di Caserta; Stefania Greco, di Reggio Emilia; Giovanni Battista Moschella (già in carcere nell’ambito di altre inchieste); Giambattista Di Tinco, di Reggio; Emilio Francesco Anastasio, di Cutro, ; Enrico Cavalli, di Scandiano (Reggio Emilia); Guido Cigni, originario di Como; Federico Angelo Ciasullo, di Modena.

Ai commercialisti Gianfranco Grande e Roberto Vecchioni, misura interdittiva: divieto temporaneo per un anno di esercitare la professione. A un imprenditore reggiano, Pietro Penserini, stessa misura più obbligo di dimora.