IL 41BIS DI FILIPPO CAPALDO. L’erede di Zagaria. Ecco perché non gli hanno fatto leggere una lettera della moglie

10 Giugno 2019 - 19:15

CASAPESENNAFilippo Capaldo, ritenuto dallo zio Michele Zagaria, il suo erede a capo del Clan dei Casalesi, si è trovato per diverso tempo al 41 bis, all’interno del carcere sassarese di Bancali. Come spesso accade in questi casi, uno dei modi di rimanere in contatto tra chi vive questo regime speciale e i familiari, sono delle lettere, missive che dall’esterno arrivano nella cella.

Ed è proprio una di queste carte, partite dalla moglie del nipote del boss, verso la cella di Capaldo, è stata fermata, perché il magistrato di sorveglianza di Sassari aveva disposto il trattenimento della lettera e il mancato inoltro a Capaldo. La decisione è stata confermata anche dal tribunale di Sorveglianza sardo, il 25 ottobre scorso, secondo grado di giudizio sulla questione.

Il ricorso degli avvocati di Filippo Capaldo è arrivato fino alla Cassazione, perché  è stato impedito al detenuto di rileggere la missiva oggetto di trattenimento che era stata dallo stesso indirizzata al coniuge.

Ma la lettera resta sotto sigillo perché i giudici dell’ultima istanza hanno spiegato che in tema di controllo sulla corrispondenza del detenuto sottoposto a regime di detenzione speciale, la decisione di non inoltro può essere “legittimamente motivata sulla base di elementi concreti che facciano ragionevolmente dubitare che il contenuto effettivo della missiva sia quello che appare dalla semplice lettura del testo“.

Il dubbio che potesse esserci altro, qualche particolare segnale nella lettera ricevuta da Capaldo e scritta dalla moglie. Nella missiva si ritrovato riferimenti a “determinati soggetti” e successivamente del concetto della morte, senza “consequenzialità“, indizi che hanno provocato l’alt del magistrato di sorveglianza e la successiva conferma della decisione fino in Cassazione.