IL FOCUS. A CASERTA provincia più contagiata d’Italia, si muore anche perché le ambulanze 118 arrivano tardi. E ora Russo se ha il coraggio chiami sciacalli anche noi

19 Novembre 2020 - 19:27

CASERTA (gianluigi guarino) – Il pericolo maggiore che incontra un giornale che affronta una tematica seria, cioè ad altissimo impatto sociale, è quello di fornire a chi in quella problematica abita come protagonista negativo argomenti per depotenziarla, per distrarre chi legge dai contenuti, sul merito di un articolo, di un’inchiesta giornalistica, di un approfondimento.

Ecco perché oggi noi non faremo alcun nome. Ma non perché all’improvviso siamo diventati vili come tanti nostri presunti colleghi i quali spacciano per correttezza professionale un perbenismo provincialotto che si fa costantemente autocensura. Non formuleremo, dunque ancora una volta, i nomi e i cognomi. Niente alibi, allora per chi confonde le acque e ci taccia di essere autori di attacchi individuali nei confronti di persone che noi non conosciamo, ma che coinvolgiamo non in quanto tali, ma come incarnato di una funzione che poi è l’unica cosa che a noi interessa considerare e valutare.

Dunque, oggi niente infermiere rampanti, niente furbetti che costruiscono promozioni e piccole carriere attraverso un rapporto improprio e impuro con il mondo sindacale. E non faremo neanche il nome, o i nomi, di chi esercita la podestà dirigenziale e che quindi andrebbe chiamato in causa come convenuto di un confronto di idee che parte dalle tesi espresse con franchezza da Casertace

e arriva ad una grande attenzione, non retorica, non rituale che la stessa Casertace dovrebbe dedicare ad una replica, ad un contributo, ad una democratica confutazione di ciò che questo giornale riporta nei suoi articoli.
Non faremo nomi per non dare alibi. Per evitare che i discorsi siano sviati, che si distragga chi ha la possibilità di leggere solo sommariamente i nostri articoli, verso la presunta patologia di una personalizzazione, di un pregiudizio, da parte nostra, che non esiste né in cielo e né in terra, dato che le persone recentemente citate nei nostri articoli, che come già scritto primo e migliaia di volte, non le conosciamo, non ci abbiamo mai parlato, al massimo qualche volta abbiamo comunicato con modalità epistolari.

Dobbiamo evitare di prestare il fianco perché il nostro primo obiettivo è quello di esporre dei nostri contenuti, che saranno anche delle solenni puttanate, ma che hanno diritto di cittadinanza in quella che dovrebbe essere una normale dialettica che poi conduce alla qualificazione liquidatoria della nostra argomentazione, a conclusione, però, di un ragionamento e di una contestazione articolata.

Quello che sta succedendo nella sanità casertana, non può essere rubricato come inevitabile emergenza legata ad una epidemia che non ha precedenti negli ultimi 100 anni. Perché, come ha ben fatto notare il sindaco di Parete Gino Pellegrino (clicca qui per leggere il nostro articolo di questa mattina), la provincia di Caserta, con il suo 25% di positività al Covid sui tamponi processati, segna il record di territorio più contagiato, non solo d’Italia, ma probabilmente d’Europa. E noi non possiamo stare sempre lì a dire che i dati dell’Asl locale sono mal distribuiti e mal comunicati. Dobbiamo attenerci ai numeri che ci arrivano e ragionare su essi, altrimenti finiremmo per costruire una folle di riserva, di giustificazione, di moratoria della responsabilità, legata ad una incapacità totale di chi amministra la sanità locale che però, in questi luoghi unici al mondo, non viene rimossa per effetto di questa incapacità.

Ugualmente, non si può dire che il motivo per cui i servizi di emergenza, di soccorso territoriale, di protezione civile sanitaria siano arrivati ad un punto di autentico default solo e solamente perché i casi sono tanti e dunque non basterebbe un corpo d’armata di ambulanze, di medici e d’infermieri, inquadrati come un plotone della Wehrmacht, per intervenire, attraverso il servizio del 118, lì dove serve.

Più volte, negli ultimi giorni e nelle ultime settimane, abbiamo denunciato il fatto, perché di fatto si tratta, che racconta di una centrale operativa 118 ormai ridotta alla semi impotenza, incapace di rispondere, se non dopo ore di attesa telefonica, perché le ambulanze arrancano anche per alcune ore, ansimano e vagano con i pazienti a bordo.

Non può essere legato solo alla struttura del quadro epidemico il fatto che i pronto soccorsi debbano far aspettare le ambulanze fuori dai suoi locali, consegnando i pazienti al pericolo grave di arrivare troppo tardi per ricevere le cure necessarie. Tutte le funzioni connesse all’operatività dei servizi che se in tutta Italia arrancano, a Caserta decisamente collassano, non possono più nascondere i gravi e ingiustificabili difetti organizzativi di un sistema che ha avuto tutto il tempo, negli ultimi mesi, di costruire un meccanismo che non poteva non partire, almeno in questo particolare frangente, da una selezione di professionalità qualificate e ben referenziate. Le scelte, invece, sono state realizzate con il metodo solito. Solamente che nei tempi ordinari questo sistema iperclientelare, e allo stesso tempo immeritocratico, diventa oggetto di una critica più politica che tecnico-operativa, visto che i disagi, le carenze sono meno visibili e più diluite. Ma se uno sottende le ragioni di una minima competenza, di una minima esperienza a quella di un tessuto relazionare, fondato su questioni estranee alla valutazione della cifra professionale e lo fa durante la pandemia più grave dell’ultimo secolo, allora bisogna inchiodarlo al muro, senza remissioni. Qui, la mancata risposta alle richieste di soccorso provenienti dalla popolazione della provincia di Caserta, è diventata una regola, a cui in tanti si sono tragicamente rassegnati. E’ come durante la guerra quando dopo un certo periodo ci si abituava a stare vicino ai morti e uno sapeva, al fronte o anche nelle città sotto bombardamento, che ogni giorno ai , sicuramente e ineluttabilmente, a quella guerra si sarebbe dovuto pagare un tributo di vittime.

Ormai abbiamo distrutto i nostri polpastrelli per denunciare l’indisponibilità delle ambulanze spesso e volentieri anche sui codici rossi. Le storie di morte cominciano per numero ad avvicinarsi a quelle di vita e anche noi abbiamo difficoltà a metterle a fuoco. Ma siamo convinti che alcune persone sono morte perché costrette a vagare per ore alla ricerca di un pronto soccorso o perché costrette ad aspettare in una sorta di fila che assomiglia a quelle di certi condannati a morte in attesa di incrociare il loro fatale destino.

Noi non molleremo la presa. E anche nei prossimi giorni torneremo su questi argomenti. Stasera vogliamo però chiudere l’articolo ponendo una domanda principale ed alcune ad essa collegate che meriterebbero quanto meno una risposta precisa: perché non si è creato un solo centro di riferimento provinciale per le 22 ambulanze che si muovono da altrettante postazioni territoriali del 118? Perché non organizzare uno o due punti in cui sanificare i veicoli e in cui procedere all’approvvigionamento dei dpi cioè dell’abbigliamento complicato ma fondamentale affinché medici, infermieri ed oss possano operare con un margine di sicurezza? Perché ognuna di queste ambulanze dev’essere sanificata a Caivano, cioè nella sede della cooperativa Misericordia, che eroga la maggior parte del servizio di emergenza e soccorso sul territorio? Ciò ha determinato i ritardi gravissimi e spesso fatali. Perché se ogni singola ambulanza che interviene su un Covid, o sospetto Covid, dovrà giustamente essere poi sanificata, con il personale necessitato a sua volta ad approvvigionarsi di nuovi dispositivi dpi, ciò necessiterà, con l’obbligo di spostare l’ambulanza a Caivano, di tempo non inferiore di un range che va dai 90 ai 120 minuti. E’ matematico ed è questo che sta succedendo. Un tempo di autenticamente folle lungo addirittura due ore, di disimpegno dei successivi interventi dell’ambulanza da sanificare. Una situazione, rispetto al quale, non c’entra nulla, ma investe direttamente il perimetro della qualità, in pratica inesistente, delle scelte di potestà amministrativa di chi ha in mano le varie bacchette dei comandi generali e dei sottocomandi.

Nella giornata di domani vi racconteremo altre cose in questo nostro ennesimo focus sul disastro della sanità casertana.