Il ragazzo che ha ucciso il 17enne Giuseppe dice di sentirsi male, ma all’ospedale pronti decine di suoi amici. I dubbi su quegli attimi di tensione
1 Agosto 2023 - 20:16
CASAL DI PRINCIPE (l.v.r.) – Si sta discutendo molto rispetto a quanto avvenuto sabato scorso, 29 luglio, all’esterno del Pronto Soccorso dell’Ospedale di Aversa. La storia è ormai nota: Anass Saaoud, il ventenne reo confesso dell’omicidio del diciassettenne di Villa Literno Giuseppe Turco, ha dichiarato agli agenti del carcere in cui è recluso di essersi sentito male. Un malessere legato al presunto ingerimento di candeggina.
A quel punto, i poliziotti del carcere di Santa Maria Capua Vetere hanno trasportato il giovane al Pronto Soccorso dell’ospedale Moscati di Aversa. Il problema è che proprio all’esterno della struttura si sarebbero radunate una quindicina di persone che, secondo quanto raccontato da Donato Capece, segretario generale del Sappe, e Vincenzo Palmieri, pari grado dell’altro sindacato di polizia penitenziaria Osapp, stavano aspettando il ventenne di origine magrebina.
Secondo entrambi i rappresentanti delle sigle sindacali, si sarebbe trattato di un malessere simulato, in modo da far uscire Saaoud dal carcere e comunicare il suo arrivo al pronto soccorso di Aversa ad amici e male intenzionati, probabilmente per un tentativo di evasione.
L’episodio si è concluso con il capo scorta del detenuto che, sentito il comando, disponeva un repentino rientro in istituto.
Rispetto alla storia, che non abbiamo nessun motivo per ritenere non aderente alla realtà,
Sappiamo, grazie alle indagini degli agenti della polizia penitenziaria e della procura di Santa Maria Capua Vetere, che esiste un problema relativo alla presenza di cellulari all’interno delle carceri. Una situazione che, secondo i sindacati, avrebbe portato ad una fuga di notizie rispetto all’uscita dal carcere del 20enne di origine libica.
Quindi, da chi sarebbe partito questo messaggio? E a chi sarebbe arrivato?
Altro punto di riflessione può essere il fatto che Saaoud, nel momento in cui ha ucciso il diciassettenne Giuseppe Turco, non si è mai reso irreperibile. Dopo l’omicidio, infatti, avrebbe aspettato l’arrivo delle forze dell’ordine presso la sua abitazione, come è emerso da tutti i racconti, ufficiali o meno, relativi all’arresto.
E allora perché sarebbe dovuto scappare adesso, settimane dopo il suo trasferimento in carcere?
Bisognerà anche approfondire bene la questione delle persone che si trovavano all’esterno del Moscati. Si sa, infatti, che l’ingresso nelle strutture ospedaliere è contingentato, non viene data la possibilità di entrare a tutti, ma solo a familiari stretti dei pazienti.
Ed è quindi particolare, ma, attenzione, non impossibile, che si trovassero una quindicina di persone nei pressi di un pronto soccorso. Sarà importante su tale aspetto, poi, controllare le immagini di videosorveglianza della struttura sanitaria.
Solo in questo modo, infatti, si potrà capire se c’è stato un progetto organizzato per una possibile fuga del ventenne dal carcere, oppure se c’è altro su cui fare chiarezza.
Come detto, non vogliamo sminuire il racconto dei poliziotti della penitenziaria e, chiaramente, neanche voler venire incontro alle posizioni di un assassino reo confesso, ma la tensione che da settimane si vive attorno all’omicidio di Giuseppe Turco e ai protagonisti di questa terribile vicenda rischia di alimentarsi e a portare a conseguenze pericolosissime se un caso del genere, prontamente denunciato dagli agenti, venga lasciato in sospeso, con la proverbiale voce di popolo a dare risposte, compito che, invece, spetta al lavoro di chi indagherà su questo avvenimento.
Sarà importante scoprire la verità su questo particolare sabato sera vissuto all’esterno del pronto soccorso di Aversa anche perché, in questo modo, si potrà far lavorare gli agenti di polizia penitenziaria in maniera più sicura, considerato già il compito difficile che svolgono giorno per giorno.
Chiarire questa vicenda potrebbe portare ad azioni capaci di diminuire la possibilità che avvengano casi simili e che i poliziotti debbano scontrarsi con il rischio di subire aggressioni violente o trovarsi in situazioni gravi per l’incolumità e la vita degli uomini e delle donne in divisa.