IL RAPPORTO SEMESTRALE DELLA DIA/4. CASTEL VOLTURNO. Ora la mafia nigeriana non ha più paura del CLAN DEI CASALESI

28 Luglio 2019 - 09:20

CASTEL VOLTURNO – Il suo simbolo e’ l’akalamagbo, un uccello mitologico raffigurato mentre e’ intento a catturare una preda. Stiamo parlando della Eiye, una delle confraternite, chiamate cults, nate negli anni anni Cinquanta nelle universita’ del Delta del Niger, oggi organizzazioni criminali ma sorte per diffondere messaggi di pace e rispetto contro forme di razzismo ed apartheid. Negli anni ’80 le confraternite si diffusero nelle universita’ nigeriane fino agli anni Novanta quando, abbandonato il mondo accademico, acquisirono sempre maggior forza e potere imponendo le proprie regole anche con l’uso della violenza, riuscendo a infiltrare il mondo economico, politico e sociale del Paese al punto che divenne “reato costituzionale” creare o partecipare a qualsiasi attivita’ dei secret cults. Fu in quel momento che le confraternite arrivarono all’estero, anche in Italia, sfruttando la posizione strategica del nostro Paese nel Mediterraneo.

Le confraternite sono radicate da Nord a Sud ma la Eiye, che insieme alla Balck Axe si distingue in Nigeria per l’uso di violenza fisica come principale forma di punizione per le violazioni delle regole interne, ha oggi la sua base europea a Napoli e in particolare a Castel Volturno, “luogo legato a membri dell’organizzazione Eiye per dimora, transito, legami familiari, episodi delittuosi e altro“.

Sorti da una scissione interna agli Eiye, anche gli Ayee, provenienti dall’area di Benin City, vengono segnalati nella provincia di Caserta. E’ quanto emerge dalla relazione semestrale che la Dia ha inviato al parlamento.

L’area di Castel Volturno fortemente inquinata dalla presenza del clan dei Casalesi, puo’ essere sicuramente considerata, da almeno tre decenni, proprio l’espressione della coesistenza tra gruppi camorristici e criminalita’ nigeriana, Quest’ultima – scrive la Direzione Investigativa Antimafia – e’ riuscita ad imprimere a quel territorio l’immagine, anche a livello mediatico, di una sorta di free zone, punto nevralgico dei traffici internazionali di droga e della massiva gestione della prostituzione su strada, favorita anche dalla disponibilita’ alloggiativa, talvolta abusiva, da parte di proprietari del posto senza scrupoli“. La coesistenza tra la mafia locale e quella africana non e’ mai stata indolore. Gia’ nel 1990 le conflittualita’ culminarono nella cosiddetta strage di Pescopagano, frazione di Castel Volturno, quando, sotto i colpi della camorra, rimasero uccise 5 persone, un italiano e 4 stranieri, nel corso di un assalto armato eseguito all’interno di un bar. L’obiettivo della camorra casertana era “eliminare la presenza di extracomunitari dediti allo spaccio sul litorale domitio“, ricorda la Dia.

Venendo ad oggi, la Dia spiega che nell’area domitiana, il ridimensionamento del clan Bidognetti su quel territorio ha lasciato “spazi di manovra alle organizzazioni mafiose di matrice nigeriana che non solo gestiscono il traffico di stupefacenti, ma anche la tratta di esseri umani, da avviare alla prostituzione, mediante gravissime forme di intimidazione, esercitate con l’agire tipicamente mafioso, peraltro sancito da condanne definitive“. Oggi la mafia nigeriana non e’ piu’ legata “da alcun rapporto di sottomissione” alle cosche locale e, anzi, e’ una organizzazione “unitaria e piramidale, che opera su scala internazionale con proprie stabili proiezioni in vari paesi di piu’ continenti“.

Dunque rappresenta una minaccia criminale “molto alta” che puo’ essere fronteggiata solo “attraverso una adeguata cooperazione giudiziaria internazionale“. I proventi delle attivita’ illecite vengono tendenzialmente utilizzati per acquistare droga da rivendere nelle piazze di spaccio italiane, reinvestiti in attivita’ economiche, o inviati in Nigeria. Il trasferimento “avviene attraverso corrieri o canali di money-transfer e/o hawala, largamente utilizzati per finanziare altre attivita’ illegali“. Una delle operazioni piu’ recenti contro la mafia nigeriana e’ stata condotta nel novembre 2018 nella provincia di Cagliari. Durante le indagini sono stati identificati e arrestati alcuni dei corrieri e sequestrati circa 7,5 chili tra eroina e cocaina, proveniente dal Sud Africa, dal Mozambico e dall’Olanda, attraverso anche l’intermediazione di altri nigeriani residenti a Como, a Napoli e a Castel Volturno.

La Dia, nelle conclusioni della Relazione, parla di un “network con rilevanti segnali di aggressione criminale, che si basa su modelli culturali distanti da quelli occidentali, in costante contatto con la madre Patria, che e’ necessario monitorare, non solo per valutarne la pericolosita’, ma anche per prevenire eventuali contaminazioni da parte di espressioni estremiste filo-islamiche presenti anche in Nigeria, dove Boko Haram continua a diffondersi” chiede di riservare “la massima attenzione verso gli istituti penitenziari, per evitare che si alimentino percorsi di radicalizzazione“.