Il sequestro da 8 MILIONI a Raffaele Pezzella. Ma la magistratura ha fallito un gol a porta libera non individuando facilmente il dirigente della Provincia a cui dava le mazzette. Il livello politico se al ride mentre l’imprenditore fa una società ai domiciliari e becca 600 mila euro
30 Ottobre 2023 - 08:35
Abbiamo appronfondito il comunicato stampa di questa mattina inviato alle redazioni dalla guardia di finanza di Caserta che parlava di un imprenditore di Casal di Principe senza, però, declinarne le generalità. Il nome è uscito ed è il “solito” Pezzella. Non ha parlato agli investigatori, non ha fatto il nome del dirigente della Provincia di Caserta corrotto. Non essere riusciti a scoprire chi fosse è stato un errore grave di procura antimafia e ordinaria
CASERTA (g.g.) – Questo Raffaele Pezzella e la sua storia ci manderanno nel luogo dove siamo sicuramente destinati ad andare per come conduciamo le nostre giornate di lavoro, assolutamente “matte e disperatissime”: al manicomio.
Il comunicato, inviato dalla guardia di finanza di Caserta, e costituito su un’attività coordinata dalla DDA di Napoli informa che il tribunale di Santa Maria Capua Vetere, nella sua importantissima sezione che si occupa delle misure di prevenzione, ha disposto un provvedimento di sequestro
Naturalmente, il comunicato non declina il nome che, però, emerge come il segreto di Pulcinella.
Nel corpo del testo della nota stampa, pubblicata da noi in mattinata, vengono sottolineate le tappe della vita di Pezzella e come, sin dal 2000, sia stato parte di ristretto gruppo di imprenditori di fiducia delle fazioni Schiavone e Russo del clan dei Casalesi.
Poi viene ricordata la sua condanna in primo grado per reati di corruzione e di turbativa d’asta. Deve trattarsi di un altro processo rispetto a quello centrale che tutti ricordiamo, imperniato sulla figura dell’ex sindaco di Villa Literno, nonché ex consigliere regionale, Enrico Fabozzi, ad esito del quale, già in primo grado, risultò assolto. Ma comunque il processo di cui si cita nel comunicato non ha portato alla condanna defintiva di questo imprenditore globetrotter, nato a Casal di Principe, ambientatosi nella solita Teverola di Biagio Lusini e Gennaro Pitocchi e poi stabilitosi a Maddaloni dove, fino a 2/3 amministrazioni fa ha inciarmato alla grande con i suoi amici dell’Ufficio Tecnico, che porca paletta abbiamo perso il nostro archivio fino al 2018, altrimenti vi avremmo offerto su un pianto d’argenti quegli inciarmi che CasertaCE raccontò tra il 2014 e il 2015.
Pezzella ha fatto sempre il bello e il cattivo tempo negli uffici dell’amministrazione provinciale di Caserta. Il bello e il cattivo tempo ai tempi del suo compaesano di Casale, dirigente dell’Ufficio Tecnico Alessandro Diana, bellissimo e cattivissimo tempo nei tempi più recenti di mister Antonino Del Prete che, se non fosse stato per questo giornale, sarebbe ancora in quegli uffici, nonostante il raggiungimento della pensione, a presiedere una fantomatica Commissione Ponti a 1.500 euro/mese e soprattutto al centro di tutti i gangli oggi gestiti da alcuni suoi allievi e da alcune new entry, a partire da quella di Gerardo Palmieri che, giusto per gradire, sta facendo il presidente di commissione nei concorsi banditi dal comune di Pignataro Maggiore di cui è sindaco Giorgio Magliocca che dello stesso Palmieri è datore di lavoro alla Provincia.
L’autorità giudiziaria – DDA ma anche procura di Santa Maria – ha avuto la possibilità di segnare un gol a porta libera quando il Pezzella (tra le altre cose, spesso protagonista nei racconti di collaboratori di giustizia del livello e della valenza di Antonio Iovine O’Ninno) è stato arrestato circa due anni fa da un gip del tribunale di Benevento su richiesta della speculare Procura.
Una vicenda che può essere sintetizzata in un’affermazione: tutta quell’indagine e il processo che è iniziato o sta per iniziare, dopo il passaggio in udienza preliminare, si basa su un unico elemento, su un unico meccanismo che fonda la propria esistenza giudiziaria sul fatto che all’amministrazione provinciale di Caserta – negli anni 2018, 2019, 2020 – un dirigente nel settore dei Lavori Pubblici che, secondo la procura beneventana e secondo il gip che ha firmata l’ordinanza, prendeva mazzette da un gruppo di professionisti sanniti capitanato dall’ingegnere Carlo Camilleri, ex consuocero di Clemente Mastella, grande amico di Nicola Ferraro e potentissimo tecnico-faccendiere non solo nella sua città, non solo nella sua provincia, ma nell’intera Campania.
C’è veramente da impazzire. È mai possibile che questo dirigente che desolatamente viene definito in quell’ordinanza con la formula “rimasto ignoto” non sia stato individuato da chi, magari, ha avuto la possibilità di interagire da un punto di vista investigativo con gli uffici della Provincia di Caserta? È mai possibile che questo Pezzella, del quale viene riscontrata la sua stabile familiarità con questo dirigente che lui incontra più volte per aggiustare la gara d’appalto per la progettazione lucrosissima legata alla costruzione della strada Caserta-Monti del Matese, non sia stato torchiato, interrogato a lungo e, perché no, anche con durezza, ovviamente nei limiti di quello che la legge consente?
E se diciamo ciò non è perché siamo improvvisamene divenuti dei giacobini, dei fautori del ritorno alla tortura, ma semplicemente perché c’è l’impianto di un’ordinanza divenuta processo che esiste solo in quanto esiste un dirigente della provincia di Caserta che, ad avviso della procura e del gip, ha preso tangenti.
Siamo stati costretti a fare salti mortali per non scrivere il nome e il cognome di questo dirigente. Siamo stati mortificati nel nostro lavoro. E sapete perché?
Perché in quel periodo, ai Lavori Pubblici della Provincia, esisteva un solo dirigente al ramo qualificato come tale. Pensate un po’ che nell’ordinanza della procura di Benevento saltano fuori tutti i nomi. Persino il nome di un geometra che lavorava nella stanza di fianco a quella del dirigente.
E allora, se questo era un gol da segnare a porta libera – ecco perché andiamo al manicomio -, perché non è stato segnato? Perché l’amministrazione provinciale di Caserta e la politica che la tiene in piedi, forse non volendo, forse per eterogenesi dei fini, è stata tutelata di fatto? Consentendo anche che un(a) congiunto(a) sia stato(a) assunto(a) nel comune di uno dei vertici dell’amministrazione provinciale, per poi transitare comodamente in un altro comune, vicino alla sua casa di abitazione.
Fare l’ennesimo sequestro a Pezzella è importante, ma lui è abituato e non si lascia scomporre, continuando a fare tutto quello che ha fatto fino ad ora.
Alla provincia di Caserta hanno la faccia come il culo perché si ritengono inattaccabili, perché si dimostrano sicuri della loro immunità.
Un esempio? Ve lo serviamo immediatamente, andando a ripescare un nostro articolo – clicca e leggi – che ora vi riassumiamo in due tre righe.
Mentre era recluso agli arresti domicilari – marzo 2022 – Pezzella ha costituito una società, la Marrell, che poi ha vinto una gara d’appalto bandita dall’amministrazione provinciale di Caserta, quella del dirigente ignoto corrotto, per lavori di lavori di messa in sicurezza del ponte sulla strada Provinciale 89 Fontegreca – Gallo – Letino. Un procedura, come spesso avviene nelle gare della provincia, vinta con un ribasso del 38%, dal valore in base d’asta da 644 mila euro.
Ora, sarà anche vero che Raffaele Pezzella, uomo di conseguenza, uomo di Casal di Principe a tutto tondo, è uno che non lo schiodi in un interrogatorio, ma qui si sono superati tutti i limiti della decenza.
QUI SOTTO IL COMUNICATO STAMPA DELLA GUARDIA DI FINANZA
Il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli sta dando esecuzione a un
provvedimento di sequestro emesso dalla Sezione per l’applicazione delle Misure di Prevenzione del Tribunale
di Santa Maria Capua Vetere, su richiesta della Procura della Repubblica di Napoli – Direzione Distrettuale
Antimafia, nei confronti di un imprenditore originario di Casal di Principe (CE), titolare di aziende edili e
immobiliari.
Alla base del provvedimento vi sono plurimi elementi di fatto idonei a fondare un giudizio di pericolosità sociale
qualificata dell’imprenditore casertano e a far ritenere che il suo patrimonio (e quello del suo nucleo familiare) si
sia formato e sia stato incrementato negli anni grazie ad attività illecite.
Rinviato a giudizio per concorso esterno in associazione per delinquere di stampo mafioso e condannato in primo
grado per reati di corruzione e di turbativa d’asta a seguito di indagini condotte anche dall’Arma dei Carabinieri,
il soggetto è ritenuto appartenere, sin dal 2000, a un ristretto gruppo di imprenditori di fiducia delle fazioni
Schiavone e Russo del clan dei Casalesi.
In tal senso, depongono, tra l’altro, le dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia che descrivono il
destinatario dell’odierno sequestro come imprenditore che, attraverso l’alterazione sistematica delle gare
d’appalto realizzata mediante il ricorso a condotte corruttive o alla forza di intimidazione del clan, partecipava
stabilmente a un sistema volto ad assicurare ai Casalesi l’aggiudicazione dei lavori pubblici, consentendo in tal
modo uno stabile introito alle casse dell’organizzazione criminale.
I capi del clan consentivano che l’imprenditore risultasse vincitore delle gare ad evidenza pubblica non facendo
partecipare i propri impresari di fiducia alle procedure di aggiudicazione oppure facendoli partecipare al solo
scopo di simulare la regolarità della gara. Lo stesso versava poi al clan una somma pari al 10% dell’importo dei
lavori che si procurava grazie a false fatturazioni.
Gli approfondimenti di natura economico-patrimoniale nei riguardi dell’imprenditore – avvenuti anche attraverso
una procedura di controllo giudiziario, poi trasformata in amministrazione giudiziaria, della durata complessiva
di tre anni e mezzo – hanno evidenziato una condizione reddituale e finanziaria incompatibile con il patrimonio
accumulato nel tempo, ragionevolmente riferibile, a prescindere dal dato della sproporzione, al frutto del
rapporto malavitoso instaurato con i Casalesi.
Su queste basi, in applicazione delle disposizioni del “Codice Antimafia”, sono stati sottoposti a sequestro le
quote e l’intero patrimonio aziendale di 16 società (con sede nelle province di Caserta, Chieti e Siena), 51
immobili tra fabbricati e terreni (ubicati nelle province di Chieti e Caserta), 8 auto/motoveicoli, nonché 27
rapporti bancari e finanziari, per un valore complessivo di oltre 8 milioni di euro.