Interdittiva antimafia al ristorante più amato dai politici casertani

11 Aprile 2024 - 10:53

Il fatto risale a diversi mesi fa, ma ce ne siamo accorti oggi, dopo la recente proroga della misura, applicata con la procedura di prevenzione collaborativa

TEVEROLA – Abbiamo sempre avuto un po’ di difficoltà a convincerci dell’idea che il rinomato ristorante “La Marchesa” di Teverola fosse, oltre che un posto della buona enogastronomia, anche un luogo al di sopra di ogni sospetto.
Francamente, però, ci era sfuggito il fatto che sei mesi fa la cooperativa proprietaria fosse stata colpita da un’interdittiva antimafia.
Lo abbiamo scoperto oggi, nel momento in cui questa e i suoi effetti sono stati prorogati per altri sei mesi. I primi sei mesi si sono chiusi a dicembre, per cui, almeno sulla carta, oggi sono trascorsi anche i primi 100 giorni dei 180 della proroga.
Come sanno i nostri lettori, una interdittiva antimafia può sviluppare i suoi effetti in tre modi diversi: nel modo classico, con l’impossibilità di rapportarsi alla pubblica amministrazione e con immediate revoche degli appalti in atto. Poi ci sono le modalità riformate.
La

prima, riportata in una legge approvata dal governo Renzi, prevede il cosiddetto controllo giudiziario, attribuito a conclusione di un’udienza dalla sezione Misure di Prevenzione del Tribunale Penale competente per territorio.
Nel caso specifico, non sarebbe quello di Aversa-Napoli Nord, ma quello di S.Maria C.V., che in questo particolare settore ha mantenuto la competenza in tutta la provincia di Caserta.
Il controllo giudiziario è una tutela di fatto.
Per cui l’azienda continua a svolgere la sua attività attraverso i legali rappresentanti e attraverso i suoi organismi, ma ha l’obbligo di rendicontare al Tribunale ogni sua operazione.
La terza possibilità è proprio quella che riguarda “La Marchesa”.
In questo caso si tratta di una procedura amministrativa e non penale: si chiama misura di prevenzione collaborativa ai sensi dell’articolo 94 del Codice Antimafia.

Il fatto è che noi, negli anni vissuti in questa provincia, abbiamo pubblicato diverse volte il super schema delle influenze “federaliste” del clan dei Casalesi.
Per cui ben sappiamo chi sono stati i camorristi attivi in quel di Teverola e abbiamo sempre maturato la sensazione, anzi la percezione, visure camerali alla mano, che in questo ristorante rinomatissimo, frequentato dalla maggior parte dei politici di questa provincia a partire da quelli aversani e teverolesi, qualcosa non funzionasse.


In pratica la misura prevede che il prefetto, accertato il tentativo di infiltrazione mafiosa occasionale, con provvedimento prescrive all’impresa un periodo non inferiore a 6 mesi e non superiore a un anno di una delle seguenti prescrizioni vincolanti:

i. adozione e attuazione di adeguate misure di compliance, ai sensi della disciplina di

cui al d.lgs. 231/2001, atte a rimuovere e prevenire le cause di agevolazione

occasionale;

10ii. comunicazione al gruppo interforze istituito presso la prefettura competente di

tutti gli atti di disposizione, acquisto o pagamento effettuati e ricevuti, gli

incarichi professionali conferiti, ovvero di amministrazione o di gestione

fiduciaria ricevuti, di valore non inferiore a €. 5.000,00 (o valore superiore

stabilito dal Prefetto), in relazione al reddito della persona o patrimonio e

volume di affare dell’impresa; per tali atti di pagamento potrà essere imposto

l’utilizzo di un conto corrente all’uopo dedicato;

iii. per le società di capitali o di persone, comunicare al gruppo interforze i

finanziamenti, in qualsiasi forma, eventualmente erogati da parte dei soci o di

terzi;

iv. comunicazione al gruppo interforze dei contratti di associazione in

partecipazione eventualmente stipulati.