La bimba (di 5 o di 8 anni?) trovata sola davanti a un bar del centro. Ora è in casa famiglia ma manca una verità ufficiale sull’opera dei suoi genitori adottivi
3 Gennaio 2024 - 20:16
Occorrerebbe una dichiarazione ufficiale con tanto di virgolettato del solito grande assente, il sindaco Francesco Lavanga
MONDRAGONE – (g.g.) Sarebbe opportuno che il sindaco di Mondragone, l’avvocato Francesco Lavanga, facesse chiarezza in un comunicato stampa sulla vicenda della bimba trovata da sola a pochi metri di distanza dal centralissimo bar Zanzibar.
Lavanga, infatti, a nostro avviso sbaglia nel comunicare in via confidenziale cose che non abbiano il crisma dell’ufficialità che, al contrario, dovrebbe rappresentare stabile riferimento, l’irrinunciabile stella polare della sua identità istituzionale.
E’ certo che di mezzo c’è una minore, per il resto circolano versioni contrastanti. Da una parte c’è chi afferma che, assodato il fatto che questa bimba- viene detto di 5 anni -, si sia allontanata da una casa di Mondragone in cui vivrebbe con la madre adottiva e forse anche con il padre adottivo, la prima 45enne il secondo 72enne, non si riesce, al contrario a capire bene – e nessuno può affermare di avere a disposizione delle fonti ufficiali che esistono solo quando negli articoli di giornale fioccano i virgolettati e i corsivi di chi si assume la responsabilità delle dichiarazioni -, per quale motivo questa bimba si trovasse da sola in una strada pubblica e davanti a quel bar.
Perchè su questo elemento centrale, fondamentale della storia, c’è chi è portatore di una tesi e chi è portatore di una tesi diversa e per certi versi opposta. Da un lato viene affermato che la bimba abbia, per l’appunto 5 anni, e che si sia allontanata da casa volontariamente, e che dopo, prelevata con grande delicatezza dalla polizia abbia raggiunto sostanzialmente, senza un motivo rilevante una casa famiglia per decisione degli assistenti sociali i quali avrebbero attivato questo provvedimento nonostante avessero verificato che le cose all’interno della casa dei genitori adottivi funzionassero bene, fossero in ordine. Dall’altro alto si dice ugualmente che la bimba abbia già raggiunto una casa famiglia, nello specifico quella di Curti, certificando, dunque, una situazione anormale e sottodimensionata rispetto agli standards da rispettare per vedersi riconosciuta dalle istituzioni che su queste cose devono pronunciarsi, un normale status di genitorialità. Ed è proprio, quindi, nella ragione del ricovero in casa famiglia che si sviluppa la differenza, pressoché antitetica, delle due tesi.
Ecco perché, nel rispetto di tutte le norme della riservatezza e della privacy, vieppiù cogenti di fronte al caso riguardante una bambina, quelle che dobbiamo, definire mai come in questo caso “autorità preposte” avrebbero il dovere di far chiarezza proprio per evitare che ci possa essere qualcuno che, utilizzando e appoggiandosi su una delle versioni, vada a denunciare, strumentalmente o meno delle presunte responsabilità del Comune per una situazione di cattiva vigilanza ad opera dei servizi sociali. Per cui se l’avvocato Lavanga per una volta nella vita si rende conto che fare il sindaco significa esistere come struttura fisica e istituzionale noi saremmo molto contenti di accogliere il testo integrale di una sua nota.