La Corte dei conti condanna il “Giornale di Caserta” (e Pasquale Piccirillo) a restituire quasi 3 milioni. Il “fessacchiotto Pasquale” e ora vi spieghiamo come hanno funzionato le coop editoriale a Caserta e in Campania

10 Ottobre 2023 - 12:19

Già nel luglio 2022 i finanzieri avevano eseguito un provvedimento di sequestro conservativo emesso, su richiesta della Procura regionale per la Campania, dal Presidente della Sezione giurisdizionale della Corte dei conti di Napoli, fino alla concorrenza dell’importo del danno erariale accertato, di circa 4,2 milioni di euro

CASERTA (g.g.) – Quella che leggiamo nel comunicato stampa della guardia di finanza è l’epilogo (anche le sentenze della corte dei Conti prevedono un primo grado, un secondo e anche un ricorso in Cassazione) di una storia molto datata, di una guerra interna al Giornale di Caserta, causata soprattutto dalla poca adattabilità dell’imprenditore Pasquale Picirillo ad un sistema dell’editoria locale, ma anche regionale e nazionale, regge pure su un tacito accordo, tipicamente italiana, su un accordo che rende impossibile la promozione di progetti editoriali non sovvenzionati e uno Stato che, ipocritamente, tiene in vita dalle legge, giusto per dare un senso all’inutilità generale e alla presenza autoreferenziale, oligarchica di un sindacato, quello dei giornalisti, che finge di avere gli occhi infilati di prosciutto.

Pasquale Piccirillo non ha fatto altro di diverso rispetto a ciò che hanno fatto altri editori a Caserta, a partire da quello del Corriere di Caserta, e altri imprenditori tra Benevento, Salerno, Avellino e Napoli, senza allargarci fuori regione.

Di quella stagione il sottoscritto era protagonista e, dunque, sa bene come andavano le cose.

Ad esempio, quando dirigevo il Corriere di Caserta, nel momento in cui saltò, per motivi giudiziari l’editore Maurizio Clemente, l’intesa tra lo stesso Clemente e La Stampa di Torino, partirono le acrobazie.

Tra il 2004 e il 2005 costituita una cooperativa, la Libra Editrice, nella quale l’imprenditore pregò – si fa per dire – il sottoscritto e l’ottimo direttore del tempo del Cronache di Napoli, Domenico Mimmo Palmieri, di entrarvi a far parte come soci, in modo da neutralizzare eventuali rivendicazioni future collegate ad un rapporto puro di tipo subordinato, anche se connotato da un accezione di rango dirigente che esisteva solo sulla carta perché, a mio avviso, non si sono mai visti due direttori pagati meno del sottoscritto e del buon Mimmo.

Il resto della redazione fu letteralmente scaricata. Ogni rapporto tra i giornalisti e le testate da quel momento in poi fu filtrato da una srl di cui, mi perdonerete, non ricordo neanche il nome, che si collegava alla cooperativa Libra Editrice, formale editore del Corriere di Caserta, da un contratto comunemente definito di service. Del tipo, io ti do 10/40/50 mila euro al mese, tu mi mandi una bella fattura. E se il rapporto con i giornalisti si complica, io non rinnovo più il contratto con la srl e posso cacciare senza alcun problema chi ha rotto le scatole, chi si è ribellato, stipulando un nuovo contratto di service.

Quell’azienda io l’ho abbandonata nel 2007, non ho seguito le vicende successive, probabilmente il giochino del service non è più stato usato, nel momento in cui la cooperativa, controllata dalla famiglia Clemente, ha abilmente creato tutte le condizioni per ricevere un corposo finanziamento dal Dipartimento per l’Informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Roma, via Boncompagni, muro a muro con l’ambasciata americana, angolo via Veneto, quella della dolce vita di Federico Fellini.

Queste condizioni prevedevano anche e soprattutto la partecipazione alla coop. di un numero significativo di giornalisti. Ecco perché ritengo che, probabilmente, il service non ha avuto motivo di esistere.

Da come ho visto, questa cooperativa ha saputo abilmente scaricare i propri costi, proponendo all’inizio della sua vita assunzioni a tempo determinato, con promesse di assunzioni che, ovviamente, non sono state confermate. Ma figuriamoci.

La cooperativa che edita oggi Cronache di Napoli e Cronache di Caserta, che ha cambiato da nome dopo essere stato Corriere di Caserta, nel 2022 ha ricevuto un finanziamento pubblico pari a 1 milione e 259 mila euro (fonte dipartimentale pubblicata da Il Post e anche dal sito di Cronache)

Dall’altro lato del muro, Piccirillo, che ha sempre creduto di essere un gran furbo, pur essendo persona di grande intelligenza e genio sregolato, ha dimostrato di essere un gran fessacchiotto, aveva in linea di massima fatto lo stesso percorso.

Ma essendo lui l’antitesi filosofica di un Richelieu, di un abile imprenditore, litigava un giorno sì e l’altro pure con i giornalisti della cooperativa, a colpi di bacchette reciproche, non rendendosi conto che quello status, fondato sul tacito e ipocrita accordo tra lo Stato e le cooperative che sono tali solo e soltanto sulla carta (non a caso io vinsi una causa storica al tribunale di Benevento, dimostrando che Luca Colasanto era il vero dominus ed editore del Sannio Quotidiano) si basa su uno status di vivibilità, sull’attuazione di una stabile mediazione tra dominus o editore che dir si voglia e quei giornalisti che se hanno litigato al punto da andare dalla Finanza a mettere nero su bianco il dato della loro presenza coatta in quella coop., tu, caro Piccirillo, di cui abbiamo adottato ormai la tua fragilità, passi una montagna di guai, come è poi successo.

P.S. ci siamo ricordati la srl del service alla coop. Libra Editrice: si trattava della Sud Notizie srl.

da qui in poi, la notizia della condanna

Una condanna alla restituzione della somma di oltre 2,8 milioni di euro, a titolo di risarcimento erariale, in seguito alla condanna emessa dalla Sezione Giurisdizionale per la Regione Campania della Corte dei Conti su richiesta della Procura Regionale di Napoli.

La cooperativa del quotidiano Giornale di Caserta fa riferimento a Pasquale Piccirillo, ex patron anche di Tele Luna, già colpito da un sequestro nel luglio di un anno fa.

Oggetto del giudizio sono i fatti emergenti dalle indagini condotte dalla Guardia di Finanza di Caserta e Taranto, costantemente coordinate dall’autorità giudiziaria contabile partenopea (pubblici ministeri Vitale e Ferrante) nei confronti di una cooperativa a responsabilità limitata, oggi in liquidazione coatta amministrativa, editrice di un quotidiano locale, nella cui amministrazione i soggetti condannati si sono alternati dal 2005 al 2011.

All’esito degli accertamenti, la Corte dei Conti ha acclarato e contestato come la società cooperativa, già con sede nella provincia di Taranto, dal 2008 al 2011, fosse risultata solo formalmente in possesso dei requisiti di legge per la percezione dei contributi pubblici di scopo. Nello specifico, la Guardia di Finanza di Taranto, nel 2015, nello svolgimento di specifiche e mirate attività ispettive, successivamente implementate dalle Fiamme Gialle casertane, ha rilevato e documentato alcuni elementi di criticità inerenti ai rapporti degli associati con gli organi sociali.

È stato, difatti, appurato che alcuni degli amministratori, legali e di fatto, della società hanno prodotto, al Dipartimento per l’Informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dichiarazioni mendaci, perseguendo il fine di percepire indebitamente i contributi per l’editoria pur non disponendo dei requisiti costitutivi, di natura oggettiva e soggettiva, imposti dalla normativa di settore e la cui sussistenza era stata artatamente simulata.

Dalla complessa e articolata attività istruttoria è emerso che la società cooperativa del Giornale di Caserta perseguiva di fatto finalità di lucro e non mutualistiche e che la compagine sociale non fosse composta in assoluta prevalenza da giornalisti propri dipendenti. Ancora, alcuni dei giornalisti associati non erano a conoscenza del loro “status”, mentre altri sarebbero stati indotti a partecipare alla compagine sociale quale condizione per lavorare. Tutti gli associati, inoltre, non avrebbero mai versato la quota di partecipazione, né avrebbero attivamente partecipato alle attività degli organi sociali.

Sulla base di tali elementi, il Presidente della Sezione Giurisdizionale per la Regione Campania della Corte dei Conti, in accoglimento della conforme proposta avanzata dalla Procura Regionale di Napoli, aveva altresì disposto, nei confronti dei prevenuti, il sequestro conservativo di beni, successivamente confermato dal Giudice designato per la convalida, nonché dal Giudice del reclamo, che verificava la sussistenza, per i convenuti, dei presupposti del “fumus boni iuris” e del “periculum in mora”.