La domenica di don Franco: “Molti che sembrano lontani, sono vicini!”

27 Settembre 2020 - 09:42

27 settembre 2020 – XXVI Domenica (T.O.)
MOLTI, CHE SEMBRANO LONTANI, SONO VICINI!
Gruppo biblico ebraico-cristiano השרשים הקדושים
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Prima lettura: Non è retta la mia condotta o piuttosto non è retta la vostra? (Ez 18,25).
Seconda lettura: Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Gesù (Fil 2,1). Terza
lettura: Pubblicani e prostitute vi passano avanti nel Regno di Dio.

Siamo ormai verso la fine della vita terrena di Gesù.  I discorsi tra Gesù e le autorità diventano sempre più violenti. Egli alterna il cammino tra Betania, il Tempio e l’orto del Getsemani: sono i tre luoghi testimoni della sua imminente passione. E’ l’epilogo, occorre perciò decidersi. Dopo l’entrata di Gesù a Gerusalemme e la violenta cacciata dei mercanti dal Tempio (Mt 21, 1-27), la grande «parodia del potere» (W. Carter), il Vangelo di Matteo colloca tre parabole tremende, tutte e tre dirette contro i dirigenti religiosi (non contro il popolo di Israele!): la parabola dei due figli (Mt 21,28-32), quella dei vignaioli omicidi (Mt 21,33-46) e quella del banchetto del Regno (Mt22,1-14). Con questo Gesù rende più forte lo scontro con i responsabili della religione, colpevoli di non fare quello che Dio vuole; di essersi impadroniti del potere, escludendo i poveri; perciò non entreranno nel banchetto di Dio. Si comprende che quello era il momento buono per uccidere Gesù (Mt 21,46). E non lo hanno fatto perché il popolo stava dalla parte di Gesù e gli uomini del
Tempio avevano paura della gente (Mt 21,46b. Cf. Mc 11,18.32; 12,12; Mt 14,5; 21, 26-46; Lc 20,19; 22,2). Quegli uomini così religiosi, oltre ad essere traditori, erano anche codardi. Il brano di oggi è sviluppato con grande abilità: Gesù racconta una parabola, chiede il giudizio ai suoi interlocutori, e lo ritorce contro di loro, facendo la seguente applicazione: il Regno di Dio non è di coloro che dicono “sì” e fanno “no”.
Molti

che sembrano lontani, sono vicini!   Nei secoli precedenti, si dava forse più importanza alla “ortodossia”, cioè al giusto modo di credere, alla verità; oggi noi siamo più sensibili alla “ortoprassia”, cioè al giusto modo di agire, di fare. A giudicare dal Vangelo di oggi, Gesù non si preoccupa molto di ortodossia, non parla di verità da contemplare, ma di verità da fare. Parole strane, contraddittorie, per noi educati
all’intellettualismo etico. Non è forse vero che la verità si pensa, riguarda il piano dianoetico, è qualcosa di logico? Secondo Cristo, invece, la verità si fa; chi fa la verità conosce il vero Dio, e arriva all’esemplificazione scandalosa: “le prostitute vi precedono!”. Le prostitute: non vergogniamoci di pronunciare questa parola in un luogo santo: non è la parola che ci deve spaventare, ma la realtà che c’è dietro. Gesù non ebbe paura di sporcarsi, si lasciò toccare e baciare da queste donne. Sto pensando alla Bionda del Processo a Gesù, di D. Fabbri, che tanto decisamente difese Gesù: “La gente come me – e ce n’è tanta come me – se non avesse la certezza che Cristo è venuto sulla terra per capire, perdonare, salvare anche noi, sarebbe disperata. C’è sempre nella vita un momento quando rimane solo Lui a difenderci, proprio quando non abbiamo più difesa, e tutti ci sputano addosso”. Incoraggeremo la gente a prostituirsi? No, certamente, ma solo ricordarci che da “queste pietre” Dio sa ricavare i figli della luce, che dal letame nascono i fiori, che dal bruco nasce la farfalla, che dai diamanti invece non nasce niente!

Ortodossia ma soprattutto ortoprassia.     La parabola si capisce subito. Per Gesù ciò che «si dice» non conta; ciò che conta è ciò che «si fa». Soprattutto quando quello che si dice è esattamente il contrario di ciò che si fa. Che è ciò che è successo con quei due fratelli. Ed è quello che accade tante volte all’élite religiosa: nelle loro predicazioni parlano contro l’amore al denaro e poi, quando vedono un euro per terra, sembra che vedano un parente! Parlano contro l’orgoglio e poi cosa non fanno per avere un bottone talare
rosso! Sono severi censori del sesso e poi la loro vita privata è molto allegra!
Gesù accentua la sua denuncia affermando che i gruppi più disprezzati dall’élite religiosa (pubblicani e prostitute) precedono quest’élite nel cammino verso il Regno: τελῶναι καὶ πόρναι προάγουσιν ὑμᾶς εἰς τὴν βασιλείαν τοῦ θεοῦ (Mt 21,31b). L’aspetto notevole è che il verbo greco προάγουσιν sta al presente, cioè «già ora» (M. Zerwick): i pubblicani e le prostitute «vi precedono» nel cammino verso il Regno. A giudizio di Gesù, quelli che sono più in ritardo nel cammino verso Dio sono proprio quelli che pensano di precedere gli altri e si presentano come i maestri da seguire.
La cattedrale dell’umanità è costruita da credenti e da atei
Chi sono i cristiani? Quelli che dicono “sì” al Padre; ma quelli che dicono “sì” e poi fanno “no”,
sono cristiani? La conversione consiste nel rendersi conto che noi non facciamo la verità che
diciamo. Il compito di un profeta-educatore è quello di formare una coscienza inquieta, in modo
che un “credente” non si senta più tranquillo, e magari qualche altro lo diventi. “Molti che
sembrano lontani, in realtà sono vicini al Signore” (sant’Agostino). P. Peter Lippert ha scritto
questo magnifico brano in Giobbe parla con Dio: “I tuoi santi hanno baciato i lebbrosi ma non
hanno fatto niente per curare la lebbra. Hanno donato ai poveri le loro ricchezze, ma non si sono
sforzati, perché nessuno sia più mendicante. Con preghiere hanno tentato per secoli di allontanare
lo straripamento dei fiumi e la peste, e in poche decine di anni i giganti della scienza hanno
incatenato le acque e sterminato la peste. Questi uomini ti sono meno cari delle anime devote ma
inoperose, immerse nell’orazione? I figli di questo secolo, che non onorano il tuo nome, hanno
illuminato la notte, aperto strade larghe, vinto tante miserie, allungato la vita dell’uomo, attutito i
suoi dolori; la loro arte è mirabile, sconfinato il desiderio di conoscere, accanita la loro brama di
sperimentare. Cosa pensi di questi uomini e delle loro opere?”. Sì, la cattedrale dell’umanità è
costruita da credenti e da atei: anche questi fanno parecchio!
Il modello della nostra ortodossia e ortoprassia è Cristo, che si è fatto uomo, prendendo la
forma di servo. Particolare importante: la sua condizione umana si è svolta tra gli emarginati, gli
ultimi. Cristo non fu un gran sacerdote né un fariseo né uno scriba; non fu né un laureato né un
teologato; non aveva nessun titolo accademico per insegnare, e molte chiacchiere correvano sul
suo conto: Beati quelli che non si scandalizzeranno di me! Lo scandalo c’è, non per Lui ma per noi,
che abbiamo fatto del suo Vangelo un tranquillante placebo; ci sono sempre stati sfruttatori,
violenti, ingiusti, ma cristiani! Abbiamo perseguitato gli ebrei, distrutto altre civiltà, bruciato gli
eretici, scomunicato i diversi, venduto i negri, imposto la nostra teologia e ci siamo definiti
cristiani. Se noi predichiamo il Vangelo “sine glossa”, non possiamo non inquietare l’ordine (o il
disordine?) costituito, perché, riabilitando l’uomo, cadono tutte quelle barriere e divisioni, che
invece per l’establishment sono necessarie. Se annunciamo il Vangelo con parresia, diventiamo un
pericolo per tutti quei benpensanti, che ruminano nella loro stalla la vecchia saggezza, che
“riscaldano tra le gelide cosce lo sterile uovo” (G. Bernanos). Questo deve diventare la Chiesa: un rimprovero per chi si crede a posto. Ma anche una speranza per chi è fuori, per tutti i poveri e gli
emarginati del mondo!
Figlio, oggi va’ a lavorare…
“Τέκνον, ὕπαγε σήμερον ἐργάζου … Figlio, oggi va’ a lavorare”. Il termine greco Τέκνον è
pieno di tenerezza, potremmo tradurlo con Figliolino: è la stessa radice da cui viene il verbo
“partorire” e quindi è un verbo che richiama l’amore materno. Il secondo figlio dice al padre: “Sì,
signore”, ma non ci andò. Mai fidarsi di quelli che dicono subito: “Sì, signore”. Questo figlio non ha
un buon rapporto con il padre, non ha detto: “Sì, padre”, ma: “Sì, signore”. Un linguaggio da
caserma, non da famiglia! Per lui Dio è un signore al quale obbedire.
Pubblicani e prostitute vi passano avanti!
Gesù, con questa frase, sembra un populista che simpatizza con i viziosi, che dà sempre ragione
all’operaio solo perché operaio, che blandisce i giovani solo perché giovani. In realtà Gesù non
giudica gli uomini per categorie sociali o per fasce sindacali o per credo religioso o per titolo
accademico o per colore razziale. Leggiamola bene, questa parabola dei due figli: se Gesù elogia
chi prima ha detto “no” è perché poi si converte, e quel “no” diventa un “sì”. In paradiso, i
peccatori non vanno perché peccatori, ma perché hanno compreso la colpa, e hanno accolto il
perdono. Anche a noi è accaduto qualcosa di simile. Abbiamo rifiutato un buon consiglio, un invito
al bene, ma poi ci siamo vergognati, quel “no” lo abbiamo trasformato in “sì” e una gioia ha
riempito il cuore. Altre volte, invece, abbiamo ascoltato una proposta di bene, ci siamo anche
entusiasmati, ma poi, addio, è stato tutto un fuoco fatuo. Brutti ricordi!
Felici quei No che diventano Sì!

 E’ sulle scelte operative che si giudica l’appartenenza: “Non chi dice: Signore, Signore!”. Gesù
denunzia i finti devoti, gli abili ipocriti. Dio non si inganna! Chi si salva deve avere compiuto il bene,
anche se c’è stato un rifiuto all’inizio. Chi si perde è perché è vissuto male, anche se è c’è stato un
sì gioioso all’inizio. A questo punto una sola è la conclusione: beati quei “no” che diventano “sì”. La
possibilità di dire “sì”, che poi diventa “no”, tocca anche noi cristiani. Questa scomoda parabola è
un’occasione per un esame serio e sereno della nostra fedeltà a Cristo. Noi con facilità diciamo
“Amen”, che significa “Così è e così sia”. Noi con facilità recitiamo gli articoli del credo, diciamo “sì”
nel rito del matrimonio, nella celebrazione dei sacramenti, ma poi dimentichiamo che il “sì” va
inverato nelle scelte quotidiane. BUONA VITA!