La Domenica di Don Galeone. La liturgia di questa domenica propone un tema molto attuale, quello cioè del rapporto tra fede e politica

22 Ottobre 2023 - 11:25

22 Ottobre 2023 ✶ XXIX Domenica del TO (A)

Tanta storia in una semplice frase!

Continua la controversia di Gesù con i capi del popolo, che gli sottopongono una questione pratica di politica: è lecito pagare le tasse all’usurpatore romano? La risposta di Gesù (v.21) è una furba scappatoia? Si sa che gli zeloti non volevano pagarle, per motivi religiosi, affermando che l’unico sovrano degli ebrei era Dio. Gesù nella risposta non dà una valutazione politica sulla bontà dello stato romano, ma afferma un principio morale: Dio è il re supremo che dobbiamo servire, però dobbiamo rispettare anche l’autorità civile. La netta risposta di Gesù mette a tacere gli oppositori: non vanno messi in alternativa l’autorità divina e quella umana, ma sono due realtà distinte, complementari.

Nella prima lettura abbiamo un dato davvero interessante: il termine “Cristo” viene attribuito niente di meno che al re dei persiani, Ciro, a cui Dio dice: “Io ti ho dato un titolo, sebbene tu non mi conosca. Ti ho chiamato Cristo, Messia” (Is 45,1). Ne deriva un insegnamento profondo: Dio non fa differenza tra cristiani e non; sono importanti anche coloro che vivono fuori dalla nostra Chiesa. Ciro era fuori da Israele, non conosceva il Dio degli ebrei, eppure diventa il Cristo di Dio. Non ha senso dividere i politici in uomini di Dio e uomini senza Dio. Nessuno si sottrae a Dio, nemmeno Ciro, nemmeno i capi di stato, i parlamenti, il popolo sovrano. Per sapere se un politico è il “Messia di Dio” non dobbiamo vedere se porta la croce sugli scudi, la croce sulla corona, la croce nella sala del trono … ma se il sovrano promuove il bene di tutti e dei singoli, se è dalla parte dei deboli e degli ultimi.

Né teocrazia né laicismo   I furbi amano mettere in difficoltà l’avversario. I farisei lo hanno fatto spesso con Gesù. E ogni volta sono stati svergognati! Questa volta ricorrono ad un tranello politico. Gli ebrei erano occupati dai romani; un’occupazione odiosa, che violava i valori religiosi degli ebrei, e spremeva tasse esose alla popolazione. Pagare il tributo a Cesare pesava sugli ebrei come un macigno. Per essi, tutto era di Dio, le profondità della terra, le cime dei monti. Tutto! Sappiamo che alla nascita di Gesù era in atto quel censimento, non certo perché Roma amasse gli ebrei, ma per organizzare al meglio la riscossione delle tasse. I farisei, amici degli ebrei, si fanno accompagnare da alcuni erodiani, amici dei romani: una mossa astuta! Questa è la domanda: “E’ lecito o no pagare il tributo a Cesare?”. Un “no” piaceva ai farisei, nazionalisti, ortodossi; un “sì” piaceva agli erodiani, filoromani, e perciò odiati dal popolo ebraico. Il dilemma era mortale: il “no” avrebbe provocato la denuncia di Gesù ai romani come ribelle; il “sì” gli avrebbe inimicato il popolo ebraico. A queste volpi diplomatiche, Gesù risponde in modo poco diplomatico: “Ipocriti, perché mi tentate?”. Poi proclama un principio che ancora oggi conserva tutta la sua attualità: “Rendete a Cesare quello che è di Cesare, e a Dio quello che è di Dio”. In questa frase c’è in nuce gran parte della storia europea, dalla lotta per le investiture al Kulturkampf, dai concordati alla “libera Chiesa in libero Stato”, dalle controversie sull’ora di religione all’intervento dei vescovi in tempo elettorale. Se Gesù avesse pronunciato anche solo questa frase, sarebbe passato alla storia! BUONA VITA!